2025-12-04
L’Europa vuole l’oro degli italiani
La sede della Banca d'Italia a Roma (Imagoeconomica)
Le 2.452 tonnellate sono detenute dalla Banca d’Italia, che però ovviamente non le possiede: le gestisce per conto del popolo. La Bce ora si oppone al fatto che ciò venga specificato nel testo della manovra. Che attende l’ultima formulazione del Mef.La Bce entra a gamba tesa sul tema delle riserve auree detenute dalla Banca d’Italia. Non bastava la fredda nota a ridosso della presentazione dell’emendamento di Fratelli d’Italia alla manovra. Nonostante la riformulazione del testo in una chiave più «diplomatica», che avrebbe dovuto soddisfare le perplessità di Francoforte, ecco che martedì sera la Banca centrale europea ha inviato un parere al ministero dell’Economia in cui chiede in modo esplicito di chiarire la finalità dell’emendamento. Come dire: non ci fidiamo, che state tramando? Fateci sapere.Ma anche: quell’oro ci interessa eccome e non può uscire dal nostro perimetro di influenza. La nota della Bce è incisiva: «Non è chiaro quale sia la concreta finalità della proposta di disposizione. Per questo motivo, e in assenza di spiegazioni in merito, le Autorità italiane sono invitate a riconsiderarla, anche al fine di preservare l’esercizio indipendente dei compiti fondamentali connessi al Sebc della Banca d’Italia ai sensi del Trattato». Eppure l’emendamento di Fdi - primo firmatario il capogruppo in Senato, Lucio Malan - nella versione riformulata è sufficientemente cauto. Stabilisce che «le riserve auree gestite e detenute dalla Banca d’Italia appartengono al popolo italiano», togliendo la frase «incriminata» ovvero che «appartengono allo Stato, in nome del popolo italiano» indicata nell’emendamento originario.Ma questo non è bastato. Ieri, il presidente dell’istituto centrale, Christine Lagarde, è intervenuta pesantemente sul tema. Cogliendo l’occasione di un’audizione al Parlamento europeo, a chi le ha chiesto un parere sulle misure allo studio in Italia circa le riserve auree, ha risposto: «È la Banca d’Italia che ha la piena autorità sulle riserve d’oro». E aggiunge: «Non è una questione di poco conto perché l’Italia è il terzo maggiore detentore di oro tra le Banche centrali». Poi chiama in causa i Trattati: «Dicono, molto chiaramente, che le riserve e la loro gestione appartengono alla Banca centrale di ogni Stato. E la Banca d’Italia non è diversa da qualsiasi banca centrale nazionale, quindi ha il dovere di detenere e gestire tali riserve». E insiste che «dal 2019 il parere della Bce è lo stesso».Che cosa c’è dietro questo polverone? Il sospetto è che la Bce, possedendo un ammontare di riserve auree pari a 507 tonnellate, inferiore a quelle di Italia (2.452), Germania, Francia e Stati Uniti, vuole in qualche modo avere influenza su quanto detenuto dagli istituti centrali dei Paesi membri. Dalla creazione dell’euro, le banche nazionali sono rimaste proprietarie delle loro riserve, ma la Bce ha voce in capitolo nella loro gestione in quanto ciò deriva dal suo mandato. Questo fa capire la levata di scudi di Francoforte. Va poi ricordato che le banche centrali possono mettere a disposizione dello Stato le riserve, come ha fatto la Francia una quindicina di anni fa. Per uscire da questo cul de sac, il governo starebbe lavorando a una nuova riformulazione dell’emendamento. «La soluzione migliore sarebbe di riproporre esattamente il mio testo del 2019 perché ha già il parere positivo della Bce», afferma il relatore della legge di Bilancio, Claudio Borghi (Lega), che allude alla proposta di legge da lui presentata sul tema nel 2019 e approvata da Francoforte, di cui era stato sentito il parere. Il senatore esclude che questo passaggio possa allungare i tempi dell’approvazione della legge di Bilancio, con il rischio di andare in esercizio provvisorio, come qualcuno a sinistra ha paventato. «L’emendamento di Fdi non mette in alcun modo in discussione l’autonomia di Bankitalia e sorprende tanto allarmismo», incalza Francesco Filini di Fratelli d’Italia. Intanto la maggioranza fissa ben salde le sue «bandierine» per la manovra, in attesa delle ultime riformulazioni e di dare il via al voto degli emendamenti dalla prossima settimana in commissione Bilancio al Senato. Ieri, con l’inammissibilità di 21 nuove proposte di modifica, è stata depennata la proroga di Opzione donna sostenuta da Fdi. Non sono passate le ipotesi di estendere i beneficiari delle detassazioni contrattuali e delle decontribuzioni per le assunzioni stabili al Sud (entrambre di Fdi). Stop anche al progetto della Lega di una flat tax per i giovani, mentre torna in pista la nuova formulazione dell’emendamento della Lega per la vendita della quota italiana del fondo salva Stati Ue, il Mes. Tra i cavalli di battaglia della Lega anche il blocco all’aumento dell’età pensionabile. I leghisti chiedono anche più fondi per la sicurezza nelle strade. In bilico il Piano Casa. In cima alle richieste di Forza Italia, lo stop all’aumento dell’Irap, non solo per le banche ma per tutte le imprese, e lo stop alla tassa sui dividendi e sugli affitti brevi. Al lavoro anche la sinistra, che annuncia di essere pronta a fare le barricate se i Lep (i Livelli essenziali di prestazione) saranno inseriti nella manovra. «Se vogliono un duro ostruzionismo siamo qui», afferma il capogruppo pd al Senato, Francesco Boccia, minacciando l’esercizio provvisorio: «Non è neanche preoccupante, tanto la manovra è nulla». Quello che nel 2024 suggeriva Marcello Degni, il consigliere della Corte dei Conti che si lagnava per l’occasione persa di far «sbavare di rabbia» il governo mandando il Paese in esercizio provvisorio attraverso l’ostruzionismo. Al Nazareno hanno imparato la lezione.
Con Gianni Tessari, presidente del Consorzio Lessini Durello, esploriamo la storia di una grande eccellenza italiana apprezzata nel mondo.