2021-04-16
Ventilatori pericolosi. Il ministero scarica su Arcuri e D’Alema
Massimo d'Alema (Simona Granati - Corbis/Corbis via Getty Images)
L'ex premier ammette l'interesse per i respiratori poi ritirati. Non demorde sulle nomine anche se con Mario Draghi la rete vacilla. Massimo D'Alema conferma di essersi interessato con la Cina per l'acquisto dei ventilatori Aeonmed Vg70, ora ritirati dagli ospedali laziali. Lo fa attraverso un'intervista al Corriere della Sera, dove parla dell'associazione internazionale di cui fa parte, anche senza nominarla. È la Silk road global information limited, che, stando alle parole dell'ex presidente del Consiglio, avrebbe anticipato i soldi al governo italiano in quei mesi in difficoltà nel reperire materiale sanitario per contrastare la pandemia. Allo stesso tempo, però, D'Alema non spiega se quei soldi siano tornati indietro. Poi racconta anche la sua esperienza con il Covid, spiegando di aver utilizzato antinfiammatori per curarsi, cioè quelli previsti dal protocollo Remuzzi, smentendo quelli del ministero della Salute, cioè tachipirina e vigile attesa. Sta di fatto che D'Alema al quotidiano di via Solferino riconosce di aver avuto un ruolo centrale durante il secondo governo di Giuseppe Conte. Aspetto, quest'ultimo, che è stato confermato ieri anche dal ministro della Salute, Roberto Speranza, durante la conferenza stampa con il presidente del Consiglio Mario Draghi. «È chiaro che tutte le personalità che potessero avere relazioni pregresse con il principale venditore di questi beni, che in quel momento soprattutto per le mascherine era la Cina sono state attivate dalla struttura commissariale», ha detto Speranza, confermando quindi l'asse tra l'ex commissario Domenico Arcuri e D'Alema. E scaricando su di loro le scelte. Che l'ex premier e ministro degli Esteri abbia avuto un ruolo centrale nel secondo governo Conte, era già noto soprattutto tra i corridoi di via XX Settembre, sede del ministero dell'Economia. Attraverso l'ex ministro Roberto Gualtieri, D'Alema è stato uno dei grandi protagonisti dei rinnovi delle partecipate statali nel 2020. Insieme con l'ex commissario Arcuri, ancora in Invitalia, la coppia Gualtieri-D'Alema è stata decisiva fino agli ultimi giorni del Conte bis. Basta guardare le ultime nomine nelle controllate del Gse (Gestore servizi elettrici), dove a fine dicembre 2020 sono stati nominati Filippo Bubbico e Andrea Peruzy, il secondo nel Gme (Gestore dei mercati energetici), il primo in Acquirente unico. Bubbico e Peruzy arrivano entrambi dal mondo dei Ds, con esperienze nei passati governi di centrosinistra e nella fondazione Italianieuropei, voluta proprio da D'Alema nel 1998. Nel comitato di indirizzo della Fondazione siede anche Claudio De Vincenti, ex sottosegretario e ministro dei governi Renzi e Letta, da poco nominato presidente di Aeroporti di Roma. Dopo l'arrivo di Mario Draghi a Palazzo Chigi, però, il potere dell'ex premier ha iniziato a vacillare. La prima testa a saltare è stata quella di Arcuri come commissario straordinario, messo alla porta dall'ex numero uno della Bce senza troppi giri di parole. Ora vacilla Speranza (anche lui in Italianieuropei) al ministero della Salute. In sostanza il potere contrattuale di D'Alema sembra essersi ridotto, anche perché da un lato salgono le quotazioni del nuovo segretario del Pd Enrico Letta come aumenta la pressione delle inchieste su ventilatori e mascherine cinesi. Anche se chi conosce i dalemiani fa notare che la vera partita su cui punterà «Max» è quella attorno a Cdp.In via Goito Fabrizio Palermo è in scadenza. I rapporti tra D'Alema e l'attuale amministratore delegato sono considerati buoni, senza contare il ruolo strategico di Giacomo D'Amico, ex capo di gabinetto della Regione Lazio di Nicola Zingaretti, prima in Sia e ora in Terna. Al pari di D'Amico, un altro uomo della galassia ex ds è Mario Vitale, direttore generale della neo Fondazione dell'istituzione che gestisce il risparmio postale degli italiani nata in tempi di pandemia e presieduta da Pasquale Salzano. Settimana scorsa è stato confermato Donato Iacovone come presidente di Webuild (ex Salini), dove Cdp equity vanta il 18, 68%. Iacovone è sempre stato uno degli esponenti di punta di Ernst & Young, altro avamposto dalemiano, dove D'Alema è presidente dell'advisory board della società di consulenza internazionale. Nella galassia Cdp c'è da segnalare anche Rodolfo Errore, nominato nel 2019 presidente di Sace, dato secondo indiscrezioni in uscita ma poi smentite: la scadenza naturale è nel 2022. Ma la vera scommessa è il posto nel consiglio di amministrazione di Carlo Cerami, l'avvocato milanese che piace a destra e sinistra, da sempre considerato vicino a D'Alema. Cerami entrò nell'estate del 2020, al posto di Valentino Grant, quota Lega, che era stato eletto al Parlamento europeo. Infine è da sbrigliare la matassa intorno a Domenico Arcuri. L'ex commissario al momento resta in Invitalia, dove ormai alberga da 10 anni. Ma il suo nome, in passato, era stato associato anche a grandi aziende statali. Potrebbe essere il jolly in questa tornata di nomine. Anche se c'è chi scommette che dopo l'esperienza commissariale non si apriranno nuovi spazi.
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