2021-09-15
«Vedono stregoni ovunque ma sulla gestione dei pazienti a casa siamo all’anno zero»
Mentre per i media tutte le alternative a «tachipirina e vigile attesa» sono un pericolo, il dottor Andrea Mangiagalli accusa: «Così demonizzano medicinali e protocolli domiciliari»Un convegno internazionale sulle cure domiciliari contro il Covid, che forse non doveva essere ospitato nella Sala Capitolare del Senato e benedetto dalla Lega o da qualsiasi altro partito per non finire strumentalizzato, ieri è diventato il pretesto per denigrare il lavoro fatto da migliaia di medici di base che non si limitano a trattare i pazienti con «tachipirina e vigile attesa» raccomandate dall'Aifa, l'Agenzia italiana del farmaco. Aizzati da solito virologo rabbioso: «Un giorno qualcuno dovrà indagare sui danni fatti da queste “cure domiciliari"», twittava due giorni fa Roberto Burioni, i giornaloni hanno goduto nel ridurre a farsa l'evento «International Covid summit. Esperienze di cura dal mondo», trasmesso in diretta streaming. Il gioco al massacro era facile, bastava falsare l'approccio e parlare di «cura miracolosa» mettendo insieme farmaci utilizzati off label, cioè al di fuori dalle indicazioni da scheda tecnica, antiparassitari, «farmaci per cavalli», diete, inviti a stili di vita che possono evitare diabete, ipertensione, sovrappeso e altre patologie che rendono le persone più vulnerabili al coronavirus, ed ecco che il convegno è diventato il ritrovo di stregoni. Un ramo del Parlamento si sarebbe prestato a «cassa di risonanza per teorie antiscientifiche e pericolose per la salute», ha scritto Il Foglio. Burioni si è detto preoccupatissimo: «Mentre ci troviamo un grave pericolo sanitario, sociale ed economico, il Senato ospita un convegno dove vengono raccontate pericolosissime bugie e promosso l'utilizzo di farmaci che non solo sono inefficaci, ma anche molto dannosi. Qualcuno deve risponderne». A preoccupare, invece, dovrebbe essere l'indifferenza che avvolge la gestione domiciliare dei pazienti Covid. «Siamo ancora all'anno zero», dichiara Andrea Mangiagalli, fondatore del gruppo Medici in prima linea e poi componente del Comitato cura domiciliare Covid-19, rete di professionisti che ha messo a punto uno schema terapeutico in grado di seguire, a casa, migliaia di persone colpite dal coronavirus. «Il vaccino può proteggere dall'ammalarsi in forma grave, ma ci saranno sempre persone con risposta immunitaria non sufficiente o più esposte alle varianti, o che comunque si prendono il coronavirus. Per questo serve un protocollo di cure e assistenza che ancora manca», denuncia il medico che all'evento di Roma non era presente. Negli stessi giorni ha però partecipato al convegno di Fiumicino su «Cure domiciliari precoci e trattamenti ospedalieri», organizzato dalla Snamid, la Società nazionale medica interdisciplinare cure primarie, perché «i trattamenti, non solo ospedalieri, per una malattia virale sono necessari. In medicina non esiste un evento acuto per cui si consiglia di stare a casa e vedere come va», sottolinea Mangiagalli, «senza contare che la tachipirina, nascondendo la temperatura corporea, impedisce di vedere come sta evolvendo la malattia». Il medico non accetta gli attacchi continui contro ivermectina e idrossiclorochina, «la prima definita farmaco per cavalli quando una determina dell'Aifa dello scorso maggio ha autorizzato per la cura della strongiloidiasi gastrointestinale o della scabbia un farmaco per uso umano, l'Iverscab, sempre a base di ivermectina. Ovvio che contano i dosaggi e con controllo medico. Invece tutti l'attaccano se si usa per trattare il Covid». Aggiunge: «Se l'Aifa avesse voluto capire che cosa succedeva quanto a reazioni, avrebbe attivato un registro delle prescrizioni di terapie domiciliari e, incrociando i dati dei pazienti con i ricoveri ospedalieri, avrebbe capito quanto funzionavano. Chiediamoci, poi, come mai gli ospedali sono pieni di farmaci utilizzati off label, mentre nella cura del coronavirus è venuto fuori che per usare l'idrossiclorochina serve il consenso informato». Un anno fa, sui giornali si leggeva che la pandemia si sconfigge sul territorio. A parte La Verità o la trasmissione Fuori dal Coro, tutti se ne sono dimenticati facendo del vaccino l'unico rimedio possibile sul quale convergere ogni sforzo. E si vuol far credere che quando aumentano i contagi, crescono le ospedalizzazioni e i ricoveri in terapia intensiva. Ma non è così, «la gestione domiciliare dei pazienti Covid è possibile», dichiara Mangiagalli, «questo sarebbe il messaggio da far passare ogni giorno nella comunicazione del ministero della Salute». Però dobbiamo avere la certezza che, se ci ammaliamo, possiamo essere seguiti a casa secondo un protocollo ministeriale efficace. «Con approcci diversi, a seconda della condizione del paziente e della sua età, ma sempre nella fase precoce della malattia. Tenendo presente che le persone ad alto rischio di evoluzione sfavorevole, per diverse patologie presenti, sono meglio seguiti nel loro ambiente domiciliare. In ospedale rischiamo che prendano altre infezioni e togliamo loro il conforto dei familiari», spiega il professionista. Invece mancano ancora linee guida per i medici di famiglia, lasciati senza indicazioni di farmaci utili da utilizzare, senza una rete territoriale di protezione anche psicologica del malato Covid, senza infermieri, privi di supporti strumentali di diagnostica che permettano di fare ad esempio un'ecografia a domicilio. Soli a decidere eventuali percorsi di cura possibili ma non autorizzati dall'Aifa, di cui dovranno rispondere se il paziente morisse. Invece di ridicolizzare chi apre un dibattito sulle cure possibili al Covid, sarebbe meglio spiegare una buona volta ai cittadini che «tra 90 di saturazione e ingresso in ospedale, c'è tutta una gestione domiciliare del Covid che in 18 mesi non si è ancora resa possibile», conclude Mangiagalli.