True
2021-01-05
Vaccini a rilento e con le siringhe sbagliate
Ansa
Siamo alla farsa. Dopo aver tanto strombazzato i pregi delle costose luer lock da 1 ml, inserite in un bando da 157 milioni di pezzi e senza le quali non si potrebbe vaccinare «in modo sicuro e preciso», il commissario per l'emergenza Domenico Arcuri sta mandando negli ospedali dispositivi medici a dir poco inadatti. Il virologo Fabrizio Pregliasco lo ha confermato ieri a Tagadà, trasmissione su La7: «Sono arrivate siringhe un po' troppo grosse che rendono più difficile prelevare la quota da 0,3 ml per ottenere davvero sei dosi». Il professore ha detto che si tratta «di una quota parte delle siringhe acquistate da Arcuri», commentando tagliente: «Con siringhe così si rischia di sprecare un po' di liquido». Ma non era proprio il super commissario a sostenere che grazie alle luer lock si potevano ricavare non più cinque, bensì sei, sette dosi da una stessa fila? Certo, l'ha sempre detto in difesa della scelta di aver inserito siringhe così difficili da reperire sul mercato europeo, e quindi molto più care, ma allora perché ne spedisce in giro altre?
Anche il Veneto lamenta arrivi di siringhe inadatte. Il Gazzettino scrive che sono state mandate «tutte le siringhe necessarie per il numero di vaccini consegnati, cioè quelle da 5 ml per la diluizione del farmaco e quelle per la somministrazione». Ma queste ultime «sono da 3ml: un po' troppo grandi per l'iniezione di una singola dose». Da Roma avrebbero promesso «le siringhe della giusta capienza» a partire dalla prossima settimana. Ciò può significare una sola cosa: l'azienda o le aziende scelte da Arcuri per la fornitura delle prime luer lock, non stanno consegnando i quantitativi necessari. È solo un'ipotesi, perché sulla piattaforma di Invitalia non è ancora stato pubblicato il nome dell'operatore economico al quale doveva essere affidata «in massima urgenza» la fornitura di aghi e siringhe «per il mese di dicembre 2020 e gennaio 2021». A Frosinone, dove c'è stato il record di vaccinati ed è stata esaurita la prima consegna di 2.925 dosi, la direttrice generale della Asl, Pierpaola D'Alessandro, ha spiegato a La7 che terminate le siringhe inviate da Arcuri si stanno utilizzando le più comuni luer lip con le quali «le infermiere si trovano molto bene perché riescono a vaccinare in sicurezza con un'abitudine presa già con il piano vaccinale antinfluenzale». La mancanza di siringhe si segnala in molte parti d'Italia. In Calabria, dove il rapporto tra dosi utilizzate e somministrazioni è ancora fermo al 3,5%, gli ospedali hanno «disperato bisogno» di siringhe che stanno cercando anche nelle farmacie convenzionate all'interno della Regione. Non è l'unica preoccupazione della Calabria, alla ricerca di strutture dove poter effettuare le somministrazioni mentre le Asl sono a caccia di specializzandi farmacisti per impiegarli come vaccinatori. Perché ancora non arrivano i 15.000 tra medici e infermieri che devono essere reclutati dalle cinque agenzie per il lavoro scelte tre giorni fa da Arcuri. In Lombardia, dopo il tentativo di scusare i ritardi nelle vaccinazioni del responsabile del Welfare, Giulio Gallera, che aveva detto: «Non faccio rientrare in servizio per un vaccino nei giorni di festa», medici e infermieri, la Lega ha preso le distanze. «Le dichiarazioni dell'assessore non rappresentano il pensiero del governo della Lombardia», hanno fatto sapere dal Pirellone», precisando però che non possono comunque essere strumentalizzate dal governo Conte per accusarci di ritardi nella campagna vaccinale».
Ieri nella Regione governata da Attilio Fontana si è messa in moto la macchina dei vaccini, ma su 80.595 dosi consegnate le somministrazioni sono state solo il 3,9%. Alle 18 in Lombardia risultavano vaccinate 3.126 persone, in Veneto 15.776, nel Lazio 22.314, in Sicilia 11.636. Le vaccinazioni complessive sono state 122.528. E mentre procede lentamente la campagna di immunizzazione di operatori sanitari e ospiti delle Rsa, rimane ancora tutta da definire la seconda fase. Nessuna certezza su come saranno allestiti i 1.200 siti dove verranno effettuate le vaccinazioni (l'unico vaccino oggi disponibile va conservato a -70 gradi), nessuna indicazione su come avverrà la chiamata dei cittadini (per età o lettera del cognome, con quale sistema di prenotazione e conferma), poche rassicurazioni sui tempi per avere un centro informatico nazionale che raccolga tutti i dati dei vaccinati e gli eventuali effetti avversi. Domani l'Ema, l'agenzia europea per i medicinali, potrebbe decidere di autorizzare l'immissione in commercio condizionata del vaccino messo a punto da Moderna. Ieri pomeriggio si era già svolta una riunione del comitato tecnico Chmp, ma non è ancora stata presa una decisione.
Il piano di Berlino è un mezzo flop. Per i tedeschi è colpa di Bruxelles
Campagna di vaccinazione al vetriolo per il governo tedesco. Monta ormai da giorni la polemica in patria contro la cancelliera Angela Merkel e il ministro della Salute Jens Spahn. Motivo? Il numero di dosi che Berlino è riuscita ad accaparrarsi per mandare avanti il piano di immunizzazione contro il Covid. Troppo poche e somministrate eccessivamente a rilento, almeno stando ai detrattori.
Secondo l'ultimo bollettino pubblicato dall'Istituto Robert Koch, l'organizzazione responsabile per il controllo e la prevenzione delle malattie infettive, fino a domenica in Germania avevano ricevuto il vaccino solo 266.000 persone, pari ad appena lo 0,32% della popolazione. Tuttavia, analogamente a quanto avviene nelle regioni italiane, ci sono forti differenze tra i vari Lander: mentre in Meclemburgo-Pomerania i vaccinati superano lo 0,7% degli abitanti, in Turingia la percentuale scende ad appena lo 0,04%. Le accuse più dure sono arrivate ieri dalle stesse forze che tengono in piedi il governo. «Per colpa di Spahn siamo nel caos», ha tuonato Lars Klingbeil, segretario generale dell'Spd. Klingbeil ha accusato l'esecutivo di essere «impreparato», puntando poi il dito contro la strategia europea di acquisto centralizzato dei vaccini: «L'approccio è corretto, ma ciò non significa necessariamente maggiore lentezza». Ancora più dure le affermazioni di Markus Soder, presidente della Baviera e leader della Csu, il quale in un'intervista ha definito senza mezzi termini «inadeguata» la procedura di acquisto europea.
Perché la Germania non si è attivata in tempo per stipulare un contratto bilaterale con Biontech, l'azienda tedesca partner di Pfizer finanziata con una pioggia di milioni dallo stesso esecutivo federale? È questa la domanda che aleggia a Berlino, e dalla quale si è trovato ieri a difendersi pubblicamente Steffen Seibert, portavoce del governo. «L'impazienza e le tante domande che si pongono i cittadini sono comprensibili», ha spiegato nel corso di una conferenza stampa, «ma siamo convinti che l'approvvigionamento europeo fosse, e sia tuttora, la strada giusta». Non la pensa così invece il quotidiano Bild, che ieri ha imputato la nascita del «disastro del vaccino» a una lettera inviata lo scorso giugno alla Commissione europea dai ministri della Salute di Francia, Paesi Bassi, Italia e, per l'appunto, Germania. Nella missiva, i quattro titolari dei dicasteri parlano in rappresentanza della «alleanza per il vaccino inclusivo», e chiedono a Bruxelles di rilevare i negoziati con i produttori: «Supportiamo con forza l'iniziativa da parte della Commissione di concludere accordi preliminari di acquisto». Una lettera «umiliante» e dal tono «sottomesso», evidenzia il tabloid tedesco, scritta allo scopo di «scusarsi per l'acquisto del vaccino». E in effetti si tratta di una resa totale e incondizionata, che consegnerà le redini dei negoziati in mano al presidente Ursula von der Leyen e soci, con gli Stati membri relegati a un ruolo di secondo piano. Forse i lettori della Verità ricorderanno che, a seguito della risposta a una richiesta di accesso agli atti inviata al ministero della Salute, la cessione del timone delle trattative da parte dei quattro Paesi era stata documentata già mesi fa su queste stesse pagine.
Ora però i tedeschi si sono accorti che le cose si mettono male e battono cassa. Mancano all'appello, per tutta l'Ue, la bellezza di 1,5 miliardi di dosi, complice il ritardo di Curevac (405 milioni), Astrazeneca e Johnson&Johnson (400 milioni ciascuno) e Sanofi-Gsk (300 milioni). Qualche giorno fa Biontech ha fatto sapere di non essere in grado di coprire i buchi generati dalla mancata produzione: «Da soli non ce la facciamo, occorre autorizzare altri vaccini». Sembra proprio che il portafoglio di vaccini tanto vantato da Ursula von der Leyen sia sempre più vuoto.
Continua a leggere
Riduci
Domenico Arcuri ha ordinato 157 milioni di «luer lock» ma Fabrizio Pregliasco conferma: «Ne sono arrivate alcune troppe grosse, si rischia di sprecare del liquido preziosissimo». Polemica sulle ferie dei medici in Lombardia: Lega all'attacco dell'assessore Giulio Gallera.Al governo viene rimproverata la mancanza di un contratto bilaterale con la Pfizer.Lo speciale contiene due articoli.Siamo alla farsa. Dopo aver tanto strombazzato i pregi delle costose luer lock da 1 ml, inserite in un bando da 157 milioni di pezzi e senza le quali non si potrebbe vaccinare «in modo sicuro e preciso», il commissario per l'emergenza Domenico Arcuri sta mandando negli ospedali dispositivi medici a dir poco inadatti. Il virologo Fabrizio Pregliasco lo ha confermato ieri a Tagadà, trasmissione su La7: «Sono arrivate siringhe un po' troppo grosse che rendono più difficile prelevare la quota da 0,3 ml per ottenere davvero sei dosi». Il professore ha detto che si tratta «di una quota parte delle siringhe acquistate da Arcuri», commentando tagliente: «Con siringhe così si rischia di sprecare un po' di liquido». Ma non era proprio il super commissario a sostenere che grazie alle luer lock si potevano ricavare non più cinque, bensì sei, sette dosi da una stessa fila? Certo, l'ha sempre detto in difesa della scelta di aver inserito siringhe così difficili da reperire sul mercato europeo, e quindi molto più care, ma allora perché ne spedisce in giro altre? Anche il Veneto lamenta arrivi di siringhe inadatte. Il Gazzettino scrive che sono state mandate «tutte le siringhe necessarie per il numero di vaccini consegnati, cioè quelle da 5 ml per la diluizione del farmaco e quelle per la somministrazione». Ma queste ultime «sono da 3ml: un po' troppo grandi per l'iniezione di una singola dose». Da Roma avrebbero promesso «le siringhe della giusta capienza» a partire dalla prossima settimana. Ciò può significare una sola cosa: l'azienda o le aziende scelte da Arcuri per la fornitura delle prime luer lock, non stanno consegnando i quantitativi necessari. È solo un'ipotesi, perché sulla piattaforma di Invitalia non è ancora stato pubblicato il nome dell'operatore economico al quale doveva essere affidata «in massima urgenza» la fornitura di aghi e siringhe «per il mese di dicembre 2020 e gennaio 2021». A Frosinone, dove c'è stato il record di vaccinati ed è stata esaurita la prima consegna di 2.925 dosi, la direttrice generale della Asl, Pierpaola D'Alessandro, ha spiegato a La7 che terminate le siringhe inviate da Arcuri si stanno utilizzando le più comuni luer lip con le quali «le infermiere si trovano molto bene perché riescono a vaccinare in sicurezza con un'abitudine presa già con il piano vaccinale antinfluenzale». La mancanza di siringhe si segnala in molte parti d'Italia. In Calabria, dove il rapporto tra dosi utilizzate e somministrazioni è ancora fermo al 3,5%, gli ospedali hanno «disperato bisogno» di siringhe che stanno cercando anche nelle farmacie convenzionate all'interno della Regione. Non è l'unica preoccupazione della Calabria, alla ricerca di strutture dove poter effettuare le somministrazioni mentre le Asl sono a caccia di specializzandi farmacisti per impiegarli come vaccinatori. Perché ancora non arrivano i 15.000 tra medici e infermieri che devono essere reclutati dalle cinque agenzie per il lavoro scelte tre giorni fa da Arcuri. In Lombardia, dopo il tentativo di scusare i ritardi nelle vaccinazioni del responsabile del Welfare, Giulio Gallera, che aveva detto: «Non faccio rientrare in servizio per un vaccino nei giorni di festa», medici e infermieri, la Lega ha preso le distanze. «Le dichiarazioni dell'assessore non rappresentano il pensiero del governo della Lombardia», hanno fatto sapere dal Pirellone», precisando però che non possono comunque essere strumentalizzate dal governo Conte per accusarci di ritardi nella campagna vaccinale». Ieri nella Regione governata da Attilio Fontana si è messa in moto la macchina dei vaccini, ma su 80.595 dosi consegnate le somministrazioni sono state solo il 3,9%. Alle 18 in Lombardia risultavano vaccinate 3.126 persone, in Veneto 15.776, nel Lazio 22.314, in Sicilia 11.636. Le vaccinazioni complessive sono state 122.528. E mentre procede lentamente la campagna di immunizzazione di operatori sanitari e ospiti delle Rsa, rimane ancora tutta da definire la seconda fase. Nessuna certezza su come saranno allestiti i 1.200 siti dove verranno effettuate le vaccinazioni (l'unico vaccino oggi disponibile va conservato a -70 gradi), nessuna indicazione su come avverrà la chiamata dei cittadini (per età o lettera del cognome, con quale sistema di prenotazione e conferma), poche rassicurazioni sui tempi per avere un centro informatico nazionale che raccolga tutti i dati dei vaccinati e gli eventuali effetti avversi. Domani l'Ema, l'agenzia europea per i medicinali, potrebbe decidere di autorizzare l'immissione in commercio condizionata del vaccino messo a punto da Moderna. Ieri pomeriggio si era già svolta una riunione del comitato tecnico Chmp, ma non è ancora stata presa una decisione.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/vaccini-a-rilento-e-con-le-siringhe-sbagliate-2649733771.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="il-piano-di-berlino-e-un-mezzo-flop-per-i-tedeschi-e-colpa-di-bruxelles" data-post-id="2649733771" data-published-at="1609790903" data-use-pagination="False"> Il piano di Berlino è un mezzo flop. Per i tedeschi è colpa di Bruxelles Campagna di vaccinazione al vetriolo per il governo tedesco. Monta ormai da giorni la polemica in patria contro la cancelliera Angela Merkel e il ministro della Salute Jens Spahn. Motivo? Il numero di dosi che Berlino è riuscita ad accaparrarsi per mandare avanti il piano di immunizzazione contro il Covid. Troppo poche e somministrate eccessivamente a rilento, almeno stando ai detrattori. Secondo l'ultimo bollettino pubblicato dall'Istituto Robert Koch, l'organizzazione responsabile per il controllo e la prevenzione delle malattie infettive, fino a domenica in Germania avevano ricevuto il vaccino solo 266.000 persone, pari ad appena lo 0,32% della popolazione. Tuttavia, analogamente a quanto avviene nelle regioni italiane, ci sono forti differenze tra i vari Lander: mentre in Meclemburgo-Pomerania i vaccinati superano lo 0,7% degli abitanti, in Turingia la percentuale scende ad appena lo 0,04%. Le accuse più dure sono arrivate ieri dalle stesse forze che tengono in piedi il governo. «Per colpa di Spahn siamo nel caos», ha tuonato Lars Klingbeil, segretario generale dell'Spd. Klingbeil ha accusato l'esecutivo di essere «impreparato», puntando poi il dito contro la strategia europea di acquisto centralizzato dei vaccini: «L'approccio è corretto, ma ciò non significa necessariamente maggiore lentezza». Ancora più dure le affermazioni di Markus Soder, presidente della Baviera e leader della Csu, il quale in un'intervista ha definito senza mezzi termini «inadeguata» la procedura di acquisto europea. Perché la Germania non si è attivata in tempo per stipulare un contratto bilaterale con Biontech, l'azienda tedesca partner di Pfizer finanziata con una pioggia di milioni dallo stesso esecutivo federale? È questa la domanda che aleggia a Berlino, e dalla quale si è trovato ieri a difendersi pubblicamente Steffen Seibert, portavoce del governo. «L'impazienza e le tante domande che si pongono i cittadini sono comprensibili», ha spiegato nel corso di una conferenza stampa, «ma siamo convinti che l'approvvigionamento europeo fosse, e sia tuttora, la strada giusta». Non la pensa così invece il quotidiano Bild, che ieri ha imputato la nascita del «disastro del vaccino» a una lettera inviata lo scorso giugno alla Commissione europea dai ministri della Salute di Francia, Paesi Bassi, Italia e, per l'appunto, Germania. Nella missiva, i quattro titolari dei dicasteri parlano in rappresentanza della «alleanza per il vaccino inclusivo», e chiedono a Bruxelles di rilevare i negoziati con i produttori: «Supportiamo con forza l'iniziativa da parte della Commissione di concludere accordi preliminari di acquisto». Una lettera «umiliante» e dal tono «sottomesso», evidenzia il tabloid tedesco, scritta allo scopo di «scusarsi per l'acquisto del vaccino». E in effetti si tratta di una resa totale e incondizionata, che consegnerà le redini dei negoziati in mano al presidente Ursula von der Leyen e soci, con gli Stati membri relegati a un ruolo di secondo piano. Forse i lettori della Verità ricorderanno che, a seguito della risposta a una richiesta di accesso agli atti inviata al ministero della Salute, la cessione del timone delle trattative da parte dei quattro Paesi era stata documentata già mesi fa su queste stesse pagine. Ora però i tedeschi si sono accorti che le cose si mettono male e battono cassa. Mancano all'appello, per tutta l'Ue, la bellezza di 1,5 miliardi di dosi, complice il ritardo di Curevac (405 milioni), Astrazeneca e Johnson&Johnson (400 milioni ciascuno) e Sanofi-Gsk (300 milioni). Qualche giorno fa Biontech ha fatto sapere di non essere in grado di coprire i buchi generati dalla mancata produzione: «Da soli non ce la facciamo, occorre autorizzare altri vaccini». Sembra proprio che il portafoglio di vaccini tanto vantato da Ursula von der Leyen sia sempre più vuoto.
Getty Images
Il 29 luglio del 2024, infatti, Axel Rudakubana, cittadino britannico con genitori di origini senegalesi, entra in una scuola di danza a Southport con un coltello in mano. Inizia a colpire chiunque gli si pari davanti, principalmente bambine, che provano a difendersi come possono. Invano, però. Rudakubana vuole il sangue. Lo avrà. Sono 12 minuti che durano un’eternità e che provocheranno una carneficina. Rudakubana uccide tre bambine: Alice da Silva Aguiar, di nove anni; Bebe King, di sei ed Elsie Dot Stancombe, di sette. Altri dieci bimbi rimarranno feriti, alcuni in modo molto grave.
Nel Regno Unito cresce lo sdegno per questo ennesimo fatto di sangue che ha come protagonista un uomo di colore. Anche Michael dice la sua con un video di 12 minuti su Facebook. Viene accusato di incitamento all’odio razziale ma, quando va davanti al giudice, viene scagionato in una manciata di minuti. Non ha fatto nulla. Era frustrato, come gran parte dei britannici. Ha espresso la sua opinione. Tutto è bene quel che finisce bene, quindi. O forse no.
Due settimane dopo, infatti, il consiglio di tutela locale, che per legge è responsabile della protezione dei bambini vulnerabili, gli comunica che non è più idoneo a lavorare con i minori. Una decisione che lascia allibiti molti, visto che solitamente punizioni simili vengono riservate ai pedofili. Michael non lo è, ovviamente, ma non può comunque allenare la squadra della figlia. Di fronte a questa decisione, il veterano prova un senso di vergogna. Decide di parlare perché teme che la sua comunità lo consideri un pedofilo quando non lo è. In pochi lo ascoltano, però. Quasi nessuno. Il suo non è un caso isolato. Solamente l’anno scorso, infatti, oltre 12.000 britannici sono stati monitorati per i loro commenti in rete. A finire nel mirino sono soprattutto coloro che hanno idee di destra o che criticano l’immigrazione. Anche perché le istituzioni del Regno Unito cercano di tenere nascoste le notizie che riguardano le violenze dei richiedenti asilo. Qualche giorno fa, per esempio, una studentessa è stata violentata da due afghani, Jan Jahanzeb e Israr Niazal. I due le si avvicinano per portarla in un luogo appartato. La ragazza capisce cosa sta accadendo. Prova a fuggire ma non riesce. Accende la videocamera e registra tutto. La si sente pietosamente dire «mi stuprerai?» e gridare disperatamente aiuto. Che però non arriva. Il video è terribile, tanto che uno degli avvocati degli stupratori ha detto che, se dovesse essere pubblicato, il Regno Unito verrebbe attraversato da un’ondata di proteste. Che già ci sono. Perché l’immigrazione incontrollata sull’isola (e non solo) sta provocando enormi sofferenze alla popolazione locale. Nel Regno, certo. Ma anche da noi. Del resto è stato il questore di Milano a notare come gli stranieri compiano ormai l’80% dei reati predatori. Una vera e propria emergenza che, per motivi ideologici, si finge di non vedere.
Continua a leggere
Riduci
Una fotografia limpida e concreta di imprese, giustizia, legalità e creatività come parti di un’unica storia: quella di un Paese, il nostro, che ogni giorno prova a crescere, migliorarsi e ritrovare fiducia.
Un percorso approfondito in cui ci guida la visione del sottosegretario alle Imprese e al Made in Italy Massimo Bitonci, che ricostruisce lo stato del nostro sistema produttivo e il valore strategico del made in Italy, mettendo in evidenza il ruolo della moda e dell’artigianato come forza identitaria ed economica. Un contributo arricchito dall’esperienza diretta di Giulio Felloni, presidente di Federazione Moda Italia-Confcommercio, e dal suo quadro autentico del rapporto tra imprese e consumatori.
Imprese in cui la creatività italiana emerge, anche attraverso parole diverse ma complementari: quelle di Sara Cavazza Facchini, creative director di Genny, che condivide con il lettore la sua filosofia del valore dell’eleganza italiana come linguaggio culturale e non solo estetico; quelle di Laura Manelli, Ceo di Pinko, che racconta la sua visione di una moda motore di innovazione, competenze e occupazione. A completare questo quadro, la giornalista Mariella Milani approfondisce il cambiamento profondo del fashion system, ponendo l’accento sul rapporto tra brand, qualità e responsabilità sociale. Il tema di responsabilità sociale viene poi ripreso e approfondito, attraverso la chiave della legalità e della trasparenza, dal presidente dell’Autorità nazionale anticorruzione Giuseppe Busia, che vede nella lotta alla corruzione la condizione imprescindibile per la competitività del Paese: norme più semplici, controlli più efficaci e un’amministrazione capace di meritarsi la fiducia di cittadini e aziende. Una prospettiva che si collega alla voce del presidente nazionale di Confartigianato Marco Granelli, che denuncia la crescente vulnerabilità digitale delle imprese italiane e l’urgenza di strumenti condivisi per contrastare truffe, attacchi informatici e forme sempre nuove di criminalità economica.
In questo contesto si introduce una puntuale analisi della riforma della giustizia ad opera del sottosegretario Andrea Ostellari, che illustra i contenuti e le ragioni del progetto di separazione delle carriere, con l’obiettivo di spiegare in modo chiaro ciò che spesso, nel dibattito pubblico, resta semplificato. Il suo intervento si intreccia con il punto di vista del presidente dell’Unione Camere Penali Italiane Francesco Petrelli, che sottolinea il valore delle garanzie e il ruolo dell’avvocatura in un sistema equilibrato; e con quello del penalista Gian Domenico Caiazza, presidente del Comitato «Sì Separa», che richiama l’esigenza di una magistratura indipendente da correnti e condizionamenti. Questa narrazione attenta si arricchisce con le riflessioni del penalista Raffaele Della Valle, che porta nel dibattito l’esperienza di una vita professionale segnata da casi simbolici, e con la voce dell’ex magistrato Antonio Di Pietro, che offre una prospettiva insolita e diretta sui rapporti interni alla magistratura e sul funzionamento del sistema giudiziario.
A chiudere l’approfondimento è il giornalista Fabio Amendolara, che indaga il caso Garlasco e il cosiddetto «sistema Pavia», mostrando come una vicenda giudiziaria complessa possa diventare uno specchio delle fragilità che la riforma tenta oggi di correggere. Una coralità sincera e documentata che invita a guardare l’Italia con più attenzione, con più consapevolezza, e con la certezza che il merito va riconosciuto e difeso, in quanto unica chiave concreta per rendere migliore il Paese. Comprenderlo oggi rappresenta un'opportunità in più per costruire il domani.
Per scaricare il numero di «Osservatorio sul Merito» basta cliccare sul link qui sotto.
Merito-Dicembre-2025.pdf
Continua a leggere
Riduci