
Ormai da tempo si succedono teorie che vogliono azzerare l'umanità per poi rifarla. Si tratta di progetti illusori che non producono soluzioni, ma solo conflitti e squilibri.L'espressione «errare humanum est, perseverare autem diabolicum» è attribuita a Cicerone, pertanto riferita a pensiero filosofico politico, ma anche a sant'Agostino, pertanto riferita a considerazioni di carattere morale. L'aforisma spiega che la natura umana è incline all'errore quando prende decisioni importanti ignorando le leggi che regolano la natura stessa. Quando si riconosce l'errore, per correggerlo è indispensabile saperne comprendere le cause, le origini, senza volerle camuffare con cosiddetti Reset utopistici. La creatura umana ha sempre avuto innata un'ansia incontenibile di migliorare il mondo e se stessa, ma spesso tenta di farlo sentendosi investita delle capacità che non ha e non può avere, combinando così un bel po' di pasticci. Dopo le esperienze dei fallimenti del primo Grande Reset degli anni Settanta (Nuovo Ordine Mondiale) si sarebbe dovuto riflettere ed agire con prudenza, riconoscendo che le facoltà umane sono spesso fallaci e diffidare pertanto da scelte utopistiche fatte passare come «scientifiche». Non mi pare che l'esperienza abbia insegnato molto, considerando le aspirazioni ancora utopistiche da adottare per il bene dell'umanità con i Grandi Reset che ci vengono proposti in questi ultimi tempi.L'ultimo Great Reset (Wef) sembra voler insistere nelle aspirazioni altrettanto utopistiche che seguono quelle del padre di tutti i Reset degli ultimi cent'anni: il Nuovo Ordine Mondiale, che Henry Kissinger aveva avviato negli anni Settanta. Ma quest'ultimo Great Reset si troverà ad esser applicato in un contesto completamente diverso. L'attuale contesto è totalmente cambiato in geopolitica, in economia, nella disponibilità di strumenti scientifico-teconologici ed è cambiato anche nella visione morale. Dal punto di vista geopolitico, un Reset oggi deve fare i conti con una realtà che nel primo Reset (Nom) era semisconosciuta, sottovalutata, quasi inesistente: la Cina. Detto Reset, dal punto di vista economico, oggi deve fare i conti con i modelli di crescita economica contrastati da altrettanti modelli di decrescita. Si pensi all'attuale ambigua e persino ipocrita preoccupazione per la crisi della natalità, voluta, pianificata, ora lamentata, ma ancora contrastata. Anche dal punto di vista morale le cose sono cambiate: mentre la Chiesa nel primo Reset era considerata nemica, oggi sembra esser considerata alleata. Forse perché anche lei ha «resettato»? In tal caso, parafrasando Francis Bacon, sarebbe come dire che un teologo scoprendo il cervello può aver perso di vista l'anima. Dal punto di vista di mezzi tecnici disponibili, appaiono utilizzabili nuovi strumenti per fare correzioni (la transizione green, il digitale, l'Intelligenza artificiale...) che, se ben usati, produrranno soluzioni, se mal usati, produrranno nuovo squilibri. Non essendo stati tutti già sperimentati ed essendo sempre e solo mezzi in mano a questo povero uomo «nichilistizzato», abbiamo talune perplessità. Ma l'utilizzo di questi strumenti tecnologici, insieme alle soluzioni di carattere economico, potrebbe far sorgere nuovi potenziali conflitti geopolitici tra Occidente e Oriente, nonché nuovi e più evidenti conflitti tra vecchio capitalismo (produttivo) e nuovo capitalismo (digitale, I.A., piattaforme...), che si troveranno a cimentarsi in tempi brevissimi. Ci aspettiamo anche la crescita di ruolo dello Stato «orientatore e distributore» di risorse che controllerà il privato. C'è poi la «spada di Damocle» sopra riferita, che è il conflitto tra demografia (nascite) e supposta tutela dell'ambiente, con conseguenze evidenti su crescita o decrescita economica. Cosa verrà sacrificato in Occidente? E in Oriente? Al di là delle interpretazioni complottistiche su cospirazioni universali, difficilmente credibili, presupponendo una impensabile complicità globale e traversale, questi son temi concreti e sotto i nostri occhi che vanno affrontati razionalmente senza inventare nuove utopie. Se ciò non avverrà, allora potremmo supporre che il perseverare è realmente diabolico.
Zohran Mamdani (Ansa)
Nella religione musulmana, la «taqiyya» è una menzogna rivolta agli infedeli per conquistare il potere. Il neosindaco di New York ne ha fatto buon uso, associandosi al mondo Lgbt che, pur incompatibile col suo credo, mina dall’interno la società occidentale.
Le «promesse da marinaio» sono impegni che non vengono mantenuti. Il detto nasce dalle numerose promesse fatte da marinai ad altrettanto numerose donne: «Sì, certo, sei l’unica donna della mia vita; Sì, certo, ti sposo», salvo poi salire su una nave e sparire all’orizzonte. Ma anche promesse di infiniti Rosari, voti di castità, almeno di non bestemmiare, perlomeno non troppo, fatte durante uragani, tempeste e fortunali in cambio della salvezza, per essere subito dimenticate appena il mare si cheta. Anche le promesse elettorali fanno parte di questa categoria, per esempio le promesse con cui si diventa sindaco.
Ecco #DimmiLaVerità del 10 novembre 2025. Il deputato di Sud chiama Nord Francesco Gallo ci parla del progetto del Ponte sullo Stretto e di elezioni regionali.
Donald Trump (Ansa)
La Corte Suprema degli Stati Uniti si appresta a pronunciarsi sulla legittimità di una parte dei dazi, che sono stati imposti da Donald Trump: si tratterà di una decisione dalla portata storica.
Al centro del contenzioso sono finite le tariffe che il presidente americano ha comminato ai sensi dell’International Emergency Economic Powers Act (Ieepa). In tal senso, la questione riguarda i dazi imposti per il traffico di fentanyl e quelli che l’inquilino della Casa Bianca ha battezzato ad aprile come “reciproci”. È infatti contro queste tariffe che hanno fatto ricorso alcune aziende e una dozzina di Stati. E, finora, i tribunali di grado inferiore hanno dato torto alla Casa Bianca. I vari casi sono quindi stati accorpati dalla Corte Suprema che, a settembre, ha deciso di valutarli. E così, mercoledì scorso, i togati hanno ospitato il dibattimento sulla questione tra gli avvocati delle parti. Adesso, si attende la decisione finale, che non è tuttavia chiaro quando sarà emessa: solitamente, la Corte Suprema impiega dai tre ai sei mesi dal dibattimento per pronunciarsi. Non è tuttavia escluso che, vista la delicatezza e l’urgenza del dossier in esame, possa stavolta accelerare i tempi.






