- Carlo Messina: «È il miglior terzo trimestre di sempre. Analizzeremo opportunità e minacce della moneta unica elettronica».
- Ca’ de Sass sull’istruttoria Antitrust: «I correntisti possono recarsi anche nelle filiali».
Carlo Messina: «È il miglior terzo trimestre di sempre. Analizzeremo opportunità e minacce della moneta unica elettronica».Ca’ de Sass sull’istruttoria Antitrust: «I correntisti possono recarsi anche nelle filiali».Lo speciale contiene due articoli«Con un utile netto di 6,1 miliardi (+85,3% rispetto allo stesso periodo 2022, ndr), di cui 1,9 nel terzo trimestre, abbiamo appena concluso i migliori nove mesi degli ultimi sedici anni e il miglior terzo trimestre di sempre per utile netto. Inoltre, questi sono stati anche i migliori nove mesi e il miglior terzo trimestre di sempre per proventi operativi netti, risultato della gestione operativa e risultato corrente lordo». È questo il messaggio lanciato ieri agli analisti dall’ad di Intesa Sanpaolo, Carlo Messina, illustrando i conti relativi al terzo trimestre del 2023. A trainare l’ultima riga di bilancio sono gli interessi netti consolidati, cresciuti del 65,5% a 10,651 miliardi. L’utile netto del terzo trimestre è così raddoppiato rispetto al terzo trimestre dello scorso anno grazie anche all’effetto dell’aumento dei tassi d’interesse. E supererà i 7,5 miliardi per l’intero esercizio 2023. Numeri che consentiranno di superare i 7,5 miliardi di euro di profitti per l’intero esercizio 2023 e che garantiscono al gruppo di poter distribuire ai soci cedole generose: il cda ha deliberato un acconto di dividendo da circa 2,6 miliardi, un’ulteriore distribuzione per il 2023 da quantificare quando verranno approvati i risultati annuali, nei primi giorni di febbraio 2024, e un eventuale ulteriore distribuzione per il 2024 e il 2025 da valutare anno per anno. «La nostra banca risulta la prima in Europa quanto a dividend yield; è da sottolineare che di questi circa il 40% è destinato alle famiglie italiane e alla fondazioni nostre azioniste, consentendo importanti interventi di carattere sociale nei territori di appartenenza», ha precisato il banchiere. «È chiaro», ha aggiunto, «che siamo nella posizione di distribuire parte del capitale in eccesso. Ho detto al consiglio di amministrazione che la mia intenzione è quella di procedere con buyback e che quindi questa è la proposta che proporrò quando approveremo i conti di fine anno». Il piano d’impresa procede a passo spedito. Il prossimo anno Messina valuterà l’introduzione dell’euro digitale che aprirà a chiunque la possibilità di detenere denaro emesso dalla Bce in formato elettronico. Dopo avere completato la fase di indagine, l’Eurotower ha deciso di avviare la fase successiva del progetto, quella di preparazione (con lo sviluppo delle infrastrutture e la sperimentazione delle diverse soluzioni tecniche disponibili) che durerà due anni. Intesa Sanpaolo non farà alcun investimento nel 2023 e inizierà a fare le proprie valutazioni anche in termini di eventuali investimenti l’anno prossimo. «Nel 2024 faremo un’analisi delle opportunità e delle minacce» ha detto l’amministratore delegato sottolineando che «spetta alla Bce occuparsi di tutte le possibili criticità connesse». Insomma, Francoforte dovrà controllare e gestire i rischi per le banche. Nel frattempo, Intesa Sanpaolo è tornata a essere la terza banca dell’Eurozona con oltre 46 miliardi di capitalizzazione dopo Bnp Paribas (65 miliardi) e il Santander (58 miliardi). In Borsa ieri il titolo Intesa ha chiuso con un rialzo dell’1,57% a 2,56 euro.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/utile-intesa-a-85-faro-sul-futuro-delleuro-digitale-2666144975.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="isybank-punta-a-raggiungere-quota-5-milioni-di-clienti-nel-2025" data-post-id="2666144975" data-published-at="1699086674" data-use-pagination="False"> «Isybank punta a raggiungere quota 5 milioni di clienti nel 2025» «Abbiamo il massimo rispetto per l’Agcm e, come sempre si è verificato, siamo da subito disponibili a collaborare nell’esame e nella soluzione dei temi posti dall’Autorità, nel miglior interesse della clientela». Sono le parole di un portavoce del gruppo Intesa Sanpaolo circa l’apertura di un’istruttoria da parte dell’Antitrust su Isybank, la nuova banca digitale del gruppo guidato da Carlo Messina. «Pare opportuno sottolineare che Intesa Sanpaolo, come sempre, pone al centro quanto la clientela richiede e si aspetta. Ne consegue una continua attività di ascolto, con una sistematica interlocuzione con tutti i clienti passati a Isybank, per avere il loro riscontro e dare loro tutte le spiegazioni del caso». Comprea la presenza fisica in tutte le filiali operative dell’istituto. Intesa «ritiene di avere operato in conformità con la normativa applicabile, inclusa la comunicazione alla propria clientela». L’operazione che ha visto il passaggio di alcuni clienti dal gruppo Intesa verso Isybank ha sinora coinvolto circa 300.000 persone per circa 1,7 miliardi di raccolta diretta. Solo 1.500 hanno chiesto di rientrare tra le fila di Intesa. «A oggi i clienti che ci hanno espresso un reclamo sono molto limitati rispetto ai numeri complessivi e affronteremo singolarmente ogni situazione per offrire una soluzione adeguata», ha continuato il portavoce. La banca, insomma, rimanda al mittente le critiche di chi afferma che alcuni clienti non hanno gradito il passaggio. Isytech, la nuova piattaforma digitale cloud native di Intesa Sanpaolo, «è chiaramente il punto focale per la riduzione dei costi e il miglioramento tecnologico» del gruppo, «ed è già utilizzata con successo attraverso isybank e verrà estesa gradualmente a tutto il gruppo», ha affermato ieri Messina. Come ha fatto sapere la banca in un comunicato, «a incoraggiarci in questa innovativa e importante iniziativa del nostro gruppo è il numero dei nuovi clienti di Isybank provenienti dal mercato, che in poche settimane hanno superato i 50.000, e per questo l’obiettivo di 1 milione di nuovi clienti appare tranquillamente raggiungibile». Del resto, come si può leggere nel comunicato sui risultati dei nove mesi del gruppo, «la tecnologia è un ulteriore fattore chiave di successo, con la nuova piattaforma tecnologica nativa cloud, i canali digitali di Isybank e Fideuram direct e le soluzioni di intelligenza artificiale che ci si attende apportino al risultato corrente lordo 2025 circa 500 milioni aggiuntivi, non previsti nel piano di impresa 2022-2025». Dalla nuova piattaforma Isytech è atteso «un apporto aggiuntivo al risultato corrente lordo 2025 pari a circa 150 milioni». Isybank avrà un «un modello di business di cost/income (il rapporto tra i costi operativi e il margine di intermediazione, ndr) inferiore al 30% e circa 5 milioni di clienti entro il 2025, di cui circa 1 milione di nuovi clienti, con un apporto aggiuntivo di circa 200 milioni di euro al risultato corrente lordo entro il 2025».
(IStock)
L’allarme: le norme verdi alzano i costi e favoriscono i gruppi che operano all’estero.
(Ansa)
Il colosso cinese offre un superbonus da 10.000 euro per i clienti che rottamano i vecchi modelli. La promozione sostiene il fatturato mentre calano gli utili e le immatricolazioni. Più forte la concorrenza dei marchi orientali che dominano il mercato.
Martha Argerich (Michela Lotti)
La leggendaria pianista argentina: «Suono troppo, ho molti dubbi e non so cosa fare del tempo che mi resta. Quest’arte però è grande come l’amore. Non può sconfiggere il male, ma ha il potere di toccare l’inconscio».
di Carlo Melato da Portoferraio, Isola d’Elba
La folta chioma color argento e le mani vigorose «forgiate per il pianoforte», come affermò Vincenzo Scaramuzza, tirannico maestro fissato con l’anatomia che la temprò quando era bambina. Il sorriso buono che ripara l’interlocutore dal fuoco che brucia dentro e il portamento da fata gentile che custodisce i terribili segreti del suono. Tutto secondo copione: Martha Argerich, a 84 anni, è l’inconfondibile leonessa di sempre. L’elemento spiazzante, a poco più di un’ora dal concerto più importante del Festival internazionale Elba isola musicale d’Europa - diretto dal vecchio amico George Edelman - è che la leggendaria pianista argentina, solitamente restia a farsi intervistare («Difficile parlare di musica, è la musica che parla», il suo primo comandamento), accetti l’invito proprio quando per lei sarebbe il momento di riposare. I suoi colleghi infatti corrono a nutrirsi dopo due ore di lavoro regalate alla curiosità del pubblico (spoiler: la serata si concluderà in un trionfo), nelle quali l’antidiva in purezza del concertismo mondiale è riuscita nel miracolo di dirigere attraverso le espressioni del suo viso.
La Argerich ci attende sullo sgabello. Con la mano destra regge una lattina di Coca-Cola che oscilla pericolosamente a pochi centimetri dalle corde e dai martelletti di uno Steinway gran coda, mentre la sinistra non riesce a smettere di cercare nuovi accordi, senza che questo distragga minimamente l’artista.
Le prove aperte sono un preludio di questo evento al Teatro dei Vigilanti di Portoferraio: prima il Quintetto per due violini, viola, violoncello e pianoforte op. 44 del suo «amico dell’anima», Robert Schumann, poi il Concerto per pianoforte, tromba e orchestra d’archi op. 35 di Dmitri Shostakovich, a 50 anni dalla morte del compositore russo.
«Schumann lo amo ancora moltissimo, è una persona eccezionale».
Ne parla come se fosse vivo...
«Adoro anche il concerto di Shostakovich, soprattutto in questo periodo difficile per il mondo. Sappiamo che il suo autore pagò sulla propria pelle i guai che gli causò Stalin. Il rapporto di forza tra il dittatore e il musicista fu davvero singolare (Una Lady Macbeth del distretto di Mcensk - che il teatro alla Scala farà rivivere nella Prima di Sant’Ambrogio - costò al ventisettenne Dmitri una condanna pubblica sulla Pravda, alla quale seguirono censure, emarginazioni e violente pressioni psicologiche, ndr). Ma dobbiamo sottolineare l’eccezionale formazione da camera di questa sera».
L’Elba festival orchestra strings.
«Non consideriamolo “un ensemble di giovani”, anche se chiaramente sono tutti meno vecchi di me» (ride).
Età a parte, si sente una maestra in questo contesto, una guida?
«No».
Dai loro volti però traspare l’emozione di fare musica con lei: non è un privilegio?
«Così dicono… Comunque loro suonano benissimo. E c’è la prima tromba dell’orchestra dell’Accademia nazionale di Santa Cecilia, Alfonso Gonzales Barquin. Devo dire molto, molto bene...».
La sua espressione lascia intendere un «ma»…
«Beh, il pianoforte ha un suono duro, secco. L’accordatore però ha fatto i miracoli».
Durante le prove ha bisbigliato a lungo con i professori d’orchestra.
«Anche questo teatro è particolare…».
Porta la firma di Napoleone, ma è una piccola bomboniera da 250 posti. Sono le dimensioni a complicare l’acustica?
«L’ultima volta che ho partecipato al festival avevo un pianoforte Fazioli ed eravamo all’aperto. Ricordo un’arena meravigliosa e un caldo pazzesco. Oggi gli elementi sono tutti diversi… La verità è che sono io a sentirmi strana. Nei giorni scorsi ero così stanca che non sapevo nemmeno se sarei riuscita a raggiungere l’isola. Non sono in forma: oggi più o meno, in realtà non lo so…».
Rileggendo la sua biografia, L’enfant et les sortilèges di Olivier Bellamy, ci si accorge che il peso dell’agenda che trabocca di concerti, soprattutto dopo i precoci trionfi al Concorso Busoni e a quello di Ginevra all’età di 16 anni, non l’ha mai abbandonata. Moltissimi anni fa arrivò a procurarsi un taglio a un dito per trovare una tregua. In questa fase della sua vita il palcoscenico le è amico?
«Difficile rispondere. Vivo in uno strano stato: tante domande, sono perplessa riguardo a me stessa».
Cosa la preoccupa?
«Non sono contenta di suonare - e soprattutto viaggiare - così tanto. Non so perché lo faccio, ma da questo punto di vista sono sempre stata contraddittoria. Faccio cose che non ho voglia di fare e poi… mi piacciono. Strano no?».
Gli applausi e l’amore che il pubblico le dimostra sono un sollievo?
«Non sempre perché penso a ciò che verrà dopo. Vorrei avere più tempo libero e non essere soltanto una pianista. Mi piacerebbe scoprire altro…».
Cosa?
«Per capirlo servirebbe la libertà che mi manca. Sono vecchia ormai. Non so cosa fare del tempo che rimane».
Si dice che lei sia perfezionista con sé stessa, ma non con il prossimo. Il direttore d’orchestra Enrico Fagone mi ha confidato che rimane sempre colpito dalla generosità con la quale lei coinvolge musicisti dei quali ama abbracciare la fragilità. Condividere la musica con le persone care le dà gioia?
«All’amicizia tengo molto, è un aiuto reciproco. Per me è stato decisivo il rapporto con Claudio Abbado. Quando lo conobbi ero una bambina e lui un giovane pianista: il migliore in quella masterclass a Salisburgo con Friedrich Gulda. Eseguiva la parte solistica dei concerti mentre io vestivo i panni dell’orchestra all’altro pianoforte. Non poteva ancora immaginare che sarebbe diventato un grande direttore. Poi ricordo Maurizio Pollini. I nostri diversi stili ci colpirono a vicenda. Ci incontrammo al Concorso di Ginevra e ogni volta che ci penso mi viene da ridere…».
Perché?
«Uomini e donne gareggiavano separati (la Argerich vinse, il formidabile pianista italiano arrivò secondo nella categoria maschile, ndr). Claudio e Maurizio non ci sono più e mi mancano terribilmente».
Il festival dell’Elba ha visto anche sua figlia, Annie Dutoit Argerich, dare corpo e voce alla Ode a Napoleone di Lord Byron, trasfigurata musicalmente da Arnold Schönberg in una specie di dodecafonia dal volto umano. Byron, come Schönberg, sembra molto critico verso quel Bonaparte che su quest’isola lasciò il segno, se ne andò 210 anni fa per riconquistare il mondo, senza però sapere che nel suo destino c’era Waterloo.
«Una prova molto difficile, Annie è stata bravissima (bis in programma a Oxford il 22 gennaio 2026 per il compleanno dello scrittore romantico, ndr). La delusione di Byron è propria di chi ha tanto amato. Ne ho parlato a lungo con mia figlia e mi ha convinto» (ride).
«La tomba è stato il tuo unico dono per chi ti adorava», sentenzia il poeta a proposito dell’«uom fatale». Ricorda la disillusione di Beethoven o quella di Manzoni: «Fu vera gloria?». Anche lei, sul New York Times, si è chiesta: «Cosa siamo noi pianisti? Niente».
«È vero, anch’io mi domando a cosa serva la gloria. In un film di Pedro Almodóvar (Tutto su mia madre, ndr) una donna afferma: “Il successo non ha sapore, né odore”. È così. E, in qualunque campo, non è nemmeno stabile. Pensi a quanti presidenti vengono eletti e poi scaricati dal popolo».
Ma quindi a cosa serve la musica?
«È un miracolo, la meraviglia della vita. È come chiedersi a cosa serve l’amore. Nella mia esistenza ho conosciuto una persona a cui non piaceva la musica, di qualunque tipo e genere. Non mi è mai più capitato».
È un’arte che regge l’urto davanti al mondo in fiamme?
«È l’espressione di qualcosa che non conosciamo fino in fondo. Di sicuro ha un potere enorme. Fare musica insieme è fondamentale, parla all’inconscio. Basti pensare a cosa ha generato Daniel Barenboim con la sua West-Eastern Divan orchestra (formazione che riunisce musicisti proveniente da Israele, Palestina e non solo, ndr). È molto interessante. Purtroppo però non basta».
Da Est al Medio Oriente è il male a trionfare?
«Ho conosciuto la madre di un ostaggio israeliano, rapito a 22 anni. So che suonava il pianoforte, nel frattempo ne ha compiuti 24. Spero che sia ancora vivo. Sono sofferenze terribili…».
Qual è il vero compito degli artisti oggi? Schierarsi?
«In qualche modo è sempre stato così. Arturo Toscanini o Pablo Casals lo hanno fatto, altri no. I musicisti sono persone, non immagini. Rispondono alla loro coscienza».
C’è un luogo nel quale trova la pace?
«Nella musica di Ludwig van Beethoven. Sono alle prese con la Grande fuga».
Da bambina scrisse che il padre della musica era Johann Sebastian Bach. Il suo Dio Beethoven. Ha cambiato idea?
«No, ma oggi sono politeista» (ride).
Prima ha citato Gulda, che per lei ha rappresentato un vero e proprio maestro di libertà. Le ha trasmesso anche la passione per il jazz?
«Certo. Erroll Garner è meraviglioso, Art Tatum mi ricorda Rachmaninoff e poi adoro Chick Corea. Mi spiace che sia scomparso. Tra le nuove leve vado matta per la giapponese Hiromi».
Domenica ci sarà la finale del Busoni. Per la sua vita, la vittoria del 1957 fu la palla di neve che scatenò la valanga. Cosa augura ai partecipanti?
«Di vincere, non è detto che si debba essere travolti. A proposito, sono rimasta impressionata da una giovane pianista».
Il suo nome?
«Martina Meola, 12 anni, vive a Milano. Ero nella giuria del concorso “Jeune Chopin” e ci ha regalato una ballata del compositore polacco meravigliosa».
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Papa Leone XIV (Ansa)
Da domani, il pellegrinaggio Lgbt a Roma con messa («profetica», dice lui) di monsignor Savino. Prevost, però, non riceverà i fedeli omosex, anche se il loro ideologo, il gesuita Martin, giura: «Prevost è come Francesco». Mentre Zuppi lo tira per la stola sui migranti.