2024-03-23
Gli Usa e le bombe lasciano al buio l’Ucraina
Gli americani chiedono di fermare i raid contro le raffinerie russe: Biden teme rincari sul petrolio e le ritorsioni dello zar che infatti lancia decine di missili sulle centrali, inclusa Zaporizhzhia. Il Pentagono: «Kiev decida se ritirarsi da alcuni territori».Á la guerre comme á la guerre. Quello che il francese Emmanuel Macron pare aver dimenticato, lo ricordano gli americani agli ucraini: nel conflitto con i russi, bisogna fare di necessità virtù. E astenersi da avventure pericolose. Tipo bombardare le raffinerie della Federazione.Secondo il Financial Times, Washington ha chiesto più volte all’intelligence di Kiev di interrompere i raid con i droni sulle infrastrutture energetiche nemiche. Gli Stati Uniti vogliono evitare un’impennata dei prezzi del petrolio: il costo del barile è già salito del 15%. Mosca, alla faccia delle sanzioni, rimane uno dei principali esportatori mondiali e, a pochi mesi dalle elezioni, Joe Biden non ha certo intenzione di affrontare la grana del caro carburanti. In più, la Casa Bianca teme le rappresaglie dello zar. Che puntualmente si sono verificate.Nella notte tra giovedì e venerdì, l’esercito di Vladimir Putin ha scagliato quello che la resistenza ha definito «l’attacco più grande degli ultimi tempi» al settore energetico del Paese. Si parla di ben otto incursioni missilistiche a Zaporizhzhia, dove l’impianto nucleare è stato sull’orlo del blackout fino a metà mattinata, quando i tecnici hanno ripristinato il flusso di corrente. Una pioggia di ordigni si è abbattuta pure sulla centrale idroelettrica del Dnipro, gravemente danneggiata, ma la cui diga non sarebbe a rischio crollo. In totale, sono 151 le infrastrutture colpite e oltre 1 milione i cittadini rimasti al buio. È tornata nel mirino anche Kharkiv, senza luce e acqua dalle primissime ore dell’alba. Volodymyr Zelensky ha elencato su Telegram «gli obiettivi dei terroristi russi», così etichettati appena prima dell’attentato a Mosca: «Centrali elettriche e linee di fornitura di energia, una diga idroelettrica, normali edifici residenziali e persino un filobus», che trasportava operai. Secondo Herman Halushchenko, il ministro dell’Energia, il loro scopo «non è solo danneggiare, ma tentare nuovamente, come l’anno scorso, di causare un guasto su larga scala del sistema energetico». Oltretutto, aleggia lo spettro del disastro ambientale: già a giugno 2023, lo scoppio della diga di Kakhovka, nei pressi di Kherson, provocò una vasta inondazione nell’oblast.Il vice primo ministro ucraino, Olha Stefanishnya, ha respinto il diktat americano sui blitz contro le industrie dell’oro nero in Russia: sono obiettivi legittimi, ha replicato, citata dal Guardian. Ciò dimostra quanto siano sensate le preoccupazioni del cancelliere tedesco, Olaf Scholz, restio a consegnare i Taurus a lungo raggio, con i quali gli alleati potrebbero prendere di mira la Crimea occupata. «Comprendiamo gli appelli dei partner americani», ha assicurato la politica di Kiev. «Allo stesso tempo, stiamo lottando con le capacità, le risorse e le pratiche di cui disponiamo oggi». Che sono sempre più limitate: l’Ue userà 3 miliardi di asset russi per acquistare le armi, ma le munizioni per artiglieria scarseggiano e prosegue lo stallo sugli aiuti al Congresso.I repubblicani della Camera potrebbero dare il via libera a un pacchetto da 60 miliardi di dollari, se i fondi fossero offerti sotto forma di prestiti, come suggerito da Donald Trump. Il sospetto, in realtà, è che l’impasse sia diventata un pretesto per giustificare il disimpegno dell’amministrazione. Una pillola solo parzialmente indorata dalla visita di Jake Sullivan, consigliere per la sicurezza nazionale, a Zelensky, o dalle promesse del segretario alla Difesa, Lloyd Austin, il quale giura che l’America non lascerà fallire gli alleati.Parla da sola la dichiarazione della portavoce del Pentagono, Sabrina Singh: «Sappiamo che l’Ucraina deve prendere decisioni strategiche, se ritirarsi da alcune aree per rafforzare le linee difensive. Sono decisioni difficili da prendere, non siamo in grado di fornire i sistemi di cui hanno bisogno perché non c’è l’autorizzazione del Congresso». Non saranno le frasi sulla «bandiera bianca», per le quali è stato messo all’indice il Papa, ma non sembra nemmeno un incoraggiamento a tenere duro, in attesa che arrivino i nostri. Semmai, si va delineando l’approccio che potrebbe condurre al tavolo delle trattative: piuttosto che immaginare una seconda controffensiva, limitarsi a contenere gli avanzamenti russi. Ufficialmente, la filiera dem fa ricadere la colpa del voltafaccia sulla destra a stelle e strisce. Ma l’afflato bellicista dell’Eliseo deve aver convinto pure Biden che non è saggio contribuire a riscaldare l’atmosfera. L’America i propri obiettivi geopolitici li ha raggiunti: il rivale Putin s’è impantanato in un conflitto sanguinoso e dispendioso; la Nato, con l’ingresso di Svezia e Finlandia, stringe a tenaglia la Russia; Berlino ha dovuto rinunciare alle economiche forniture di gas di Mosca, che alimentavano la locomotiva dell’export. Perché finire con gli stivali sul terreno, mentre si lotta per una già difficile rielezione?Certo, il piano non è esente da potenziali effetti collaterali: ad esempio, il riarmo della Federazione. Pensato per colmare il divario con l’Occidente negli armamenti convenzionali, potrebbe innescare una pericolosa spirale di minacce e scaramucce. Ma altresì costringere gli europei a versare la loro quota alla Nato, finalità condivisa sia da Biden sia da Trump.La posizione di Giorgia Meloni, che a margine del Consiglio Ue di ieri ha ribadito la contrarietà all’escalation, coincide con il disegno statunitense. C’è poco da scherzare: per la prima volta, il portavoce del Cremlino ha ammesso che l’«operazione speciale» in Ucraina è una guerra. Un balzo retorico da non sottovalutare, adesso che Putin ha incassato l’ambito plebiscito, ma si trova i terroristi nella capitale. Qualcuno avvisi il pugile dell’Eliseo.
Il primo ministro del Pakistan Shehbaz Sharif e il principe ereditario saudita Mohammed bin Salman (Getty Images)
Riyadh e Islamabad hanno firmato un patto di difesa reciproca, che include anche la deterrenza nucleare pakistana. L’intesa rafforza la cooperazione militare e ridefinisce gli equilibri regionali dopo l’attacco israeliano a Doha.
Emanuele Orsini e Dario Scannapieco