2025-08-03
Chiamatela Ursula «mano lesta». Eliminati i messaggi del Pfizergate
Ursula von der Leyen (Ansa)
Dopo le accuse di scarsa trasparenza sul negoziato per il maxi acquisto di vaccini, la Commissione Ue scrive al «Nyt» che indagava: «Gli sms con il ceo della multinazionale? Non erano documenti ufficiali».La lettera inviata pochi giorni fa dalla Commissione europea alla giornalista del New York Times Martina Stevis-Gridneff riguardo lo scambio di sms tra la presidente Ursula von der Leyen e l’amministratore delegato della Pfizer, Albert Bourla nel 2021 per negoziare l’acquisto dei vaccini anticovid è l’ennesima puntata di quella surreale tragicommedia che Bruxelles sta mettendo in scena da anni, venendo meno ancora una volta all’obbligo di trasparenza cui dovrebbero adempiere le istituzioni.Come noto, von der Leyen, per conto dei 27 Stati membri dell’Unione europea, ha negoziato con Bourla l’acquisto di 1,8 miliardi di dosi di vaccino anti Covid, per un valore di circa 35 miliardi di euro. L’11 maggio 2022 la giornalista Stevis-Gridneff del New York Times, ai sensi dell’articolo 7 del Regolamento sull’accesso ai documenti pubblici delle istituzioni europee, ha chiesto alla Commissione l’accesso di «tutti i messaggi di testo scambiati tra von der Leyen e Bourla dal 1° gennaio 2021 a oggi». Per due volte, sostenendo di «non essere in possesso di alcun documento che corrispondesse alla descrizione da lei fornita nella sua richiesta», l’esecutivo Ue ha respinto le richieste della giornalista che alla fine, il 25 gennaio 2023, ha intentato una causa. La storia è andata avanti per anni e diversi querelanti si sono accodati alla denuncia del quotidiano americano. Lo scorso 14 maggio, la Corte di Giustizia europea ha condannato la Commissione di Ursula von der Leyen per aver negato l’accesso ai messaggi: partendo dal presupposto che «tutti i documenti delle istituzioni europee dovrebbero essere accessibili al pubblico», l’alta Corte europea ha statuito che «la Commissione non può limitarsi ad affermare di non essere in possesso dei documenti richiesti ma deve fornire spiegazioni credibili che consentano al pubblico e al Tribunale di comprendere perché tali documenti siano irreperibili». Ebbene, von der Leyen ha fornito quelle «spiegazioni» nella lettera inviata pochi giorni fa a Stevis-Gridneff: il problema è che non sono «credibili» come richiesto dal Tribunale Ue.La missiva di cinque pagine inviata alla giornalista e pubblicata integralmente dal New York Times è infatti una grottesca descrizione delle «indagini» fai-da-te sui cellulari della presidente intraprese a luglio 2025 nientemeno che dal capo di gabinetto di von der Leyen in persona, Björn Seibert, immolato sull’altare della supposta trasparenza nelle rinnovate vesti di ispettore Clouseau. Seibert ha chiesto a von der Leyen di poter sbirciare i messaggi del suo telefonino, «ha guardato anche su Signal» (app di messaggistica istantanea) ma purtroppo - la risposta è ormai in ciclostile - «non ha trovato alcun messaggio corrispondente alla descrizione fornita nella richiesta». I messaggi ci sono, beninteso: per la prima volta, infatti, l’esecutivo Ue ammette, nella lettera a Stevis-Griedneff, che «la signora von der Leyen ha scambiato messaggi di testo con il signor Bourla nel periodo compreso tra gennaio 2021 e metà 2021» ma secondo il segretario generale della Commissione Ilze Juhansone, che ha firmato la lettera, non riguardavano i contratti e «non sono documenti ufficiali». «L’unico scopo di quei messaggi di testo - si legge nella missiva - era garantire la rispettiva disponibilità per le successive chiamate nel periodo della pandemia». Una versione dei fatti davvero poco credibile: è alquanto curioso che la presidente dell’esecutivo Ue e il ceo di Pfizer, entrambi dotati di staff e segretari particolari, usassero Whatsapp e le altre app di messaggistica istantanea per confermarsi gli appuntamenti - «Hey, Ursula, ci sei questo pomeriggio per una video call?», «Sì, Albert, ci sono» - anziché delegare ai rispettivi segretari l’agenda delle telefonate e degli incontri. Come se Meloni anticipasse gli incontri con Trump mandandogli messaggini su Whatsapp per verificare se è libero il tale giorno alla tale ora, per intenderci. Seibert condisce inoltre il surreale racconto spiegando che «in conformità con la politica aziendale degli smartphone della Commissione, il cellulare della presidente è stato sostituito più volte da allora e i vecchi telefoni, secondo la normale pratica, sono formattati e riciclati». E dunque, «siccome il Regolamento impone l’accesso soltanto ai documenti in possesso dell’istituzione» ma «non impone all’istituzione di creare un documento che non esiste» (testuale), non ve li possiamo dare. In sintesi, gli sms ci sono ma non ci sono: «Pur non negando che c’è stato questo scambio di messaggi», siccome questi messaggi non esistono (più), non ve li possiamo dare.C’è da rilevare che la sentenza della Corte di Giustizia di maggio 2025 non ha preteso ciò che è normale routine nelle indagini della polizia postale: il recupero di messaggi cancellati da dispositivi mobili tramite l’estrazione dei dati e l’analisi del backup, procedura legale facilmente attuabile con l’ausilio di esperti anziché di capi di gabinetto. Basterebbe una richiesta di questo genere per inchiodare definitivamente la Commissione europea alle proprie responsabilità e obblighi di trasparenza nei confronti dei cittadini europei, inevasi ormai da troppi anni.
Ken Follett @Gareth Iwan Jones
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