2024-04-09
Ursula alza la posta: 100 miliardi sul green. Ma l’Ue marcia divisa
Ursula von der Leyen (Ansa)
La presidente in campagna elettorale bersagliata da Thierry Breton. Vertice Roma-Parigi-Berlino sull’industria: solo parole.Le infrastrutture della Ue dovranno essere «più resilienti contro eventi meteorologici sempre più estremi. Dobbiamo investire in grande, è di grandi numeri che abbiamo bisogno, e dobbiamo investire in modo intelligente, fino al 2030 saranno necessari almeno 100 miliardi di euro all’anno solo per gli investimenti nelle infrastrutture di trasporto». La presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, batte cassa e il chiodo della transizione green. Aprendo i lavori del Dialogo sulla transizione pulita dedicato alla mobilità in corso a Bruxelles, ricorda l’impegno dell’Ue per tagliare le emissioni dei trasporti del 90% entro il 2050 previsto dal Green deal. Il settore dei trasporti, ha evidenziato, vale il 5% del Pil della Ue, impiegando 10 milioni di posti di lavoro.Un attivismo che va letto anche in chiave elettorale visto che giugno si avvicina e che la battaglia per le Europee si sta già facendo calda. Basta leggere le dichiarazioni rilasciate sempre ieri dal commissario europeo Thierry Breton. Il presidente francese Emmanuel Macron ha «adorato» l’attacco pubblico lanciato su X nei confronti della Von der Leyen, ha detto Breton parlando a Libération, che ha pubblicato un lungo ritratto del liberale francese vicinissimo a Macron. «Dovreste sapere che non faccio nulla a caso, aspetto il momento giusto», ha chiosato Breton al quotidiano francese, convinto che Von der Leyen, con una «mossa inedita», abbia violato la neutralità della sua posizione di presidente dell’esecutivo Ue annunciando di candidarsi per il Partito popolare europeo alla corsa per il bis. Lo scorso 7 marzo, poche ore dopo l’elezione di Von der Leyen come Spitzenkandidat del Ppe, Breton aveva duramente criticato la tedesca con un messaggio sul social network di Musk. «Nonostante le sue qualità, Ursula von der Leyen è stata messa in minoranza dal suo stesso partito. La vera domanda ora: è possibile (ri)affidare la gestione dell’Europa al Ppe per altri 5 anni, o 25 anni consecutivi? Lo stesso Ppe non sembra credere nella sua candidata», aveva scritto il francese, accendendo la campagna elettorale. Mentre si accendono i duelli, complicando ulteriormente la compattezza della Ue, ieri si è tenuta alle porte di Parigi anche l’ennesima trilaterale sull’industria (la terza, in meno di un anno) tra Italia, Francia e Germania. Un fiume di parole e di dichiarazioni sulla necessita di fare asse che finora, però, hanno portato a pochi fatti concreti. Proprio mentre dall’altra parte dell’Atlantico, e in vista di altre elezioni (le presidenziali americane), alla Casa Bianca stanno cercando un punto di incontro economico con Pechino per evitare ripercussioni inflazionistiche e il rischio che un surplus cinese travolga gli Usa. Il problema è che questa mossa fa finire all’angolo l’Europa: più gli Stati Uniti e la Cina si mettono d’accordo e più rischia di farne le spese il Vecchio Continente che non ha ancora gli strumenti necessari per diventare un terzo polo autonomo e resistente. Per arginare il problema, ieri Italia, Francia e Germania, «le tre economie più importanti d’Europa, stanno definendo insieme la politica industriale dei prossimi cinque anni, una politica industriale che debba riaffermare la leadership tecnologica, la competitività e la sostenibilità del sistema sociale produttivo europeo rispetto sia alla competizione degli Stati Uniti che stanno realizzando la loro politica protezionista, sia rispetto alla propensione cinese all’egemonia produttiva nei mercati globali», ha spiegato il ministro delle Imprese e del made in Italy, Adolfo Urso, al termine della riunione trilaterale sulla politica industriale europea. «Noi europei rischiamo di diventare un museo o semplicemente dei consumatori per i prodotti altrui», ha osservato Urso davanti ai cronisti riuniti all’Hangar Y di Meudon, l’immenso spazio creato nell’Ottocento per accogliere i dirigibili francesi Giffard, i tedeschi Zeppelin e gli italiani Nobile. Il ministro francese dell’economia, Bruno Le Maire, ieri ha proposto nel quadro dell’incontro con Urso, e con il collega tedesco, Robert Habeck, di raddoppiare la soglia di 250 dipendenti che definisce le piccole e medie imprese (pmi), in modo che anche le società da 250 fino a 500 addetti siano esentate da certi obblighi di «reporting» come succede attualmente con le pmi. Inoltre, Le Maire ha prospettato una ridefinizione del meccanismo della «preferenza europea», proponendo di riservare alla produzione europea il 50% degli appalti pubblici per lavori all’interno dell’Ue. Il ministro francese ha anche suggerito di creare una nuova Comunità europea dell’Intelligenza artificiale, sulla falsariga della Comunità del Carbone e dell’Acciaio che diede il via all'integrazione europea all’inizio degli anni Cinquanta. «L’Europa deve definire una propria chiara strategia economica per il ventunesimo secolo, come hanno fatto in modo limpido gli Usa con il protezionismo dell’Inflation Reduction Act», e la Cina «con il suo interventismo governativo molto potente e la produzione di massa di prodotti a prezzi bassi che arrivano poi sul continente europeo, veicoli elettrici, pannelli fotovoltaici o impianti eolici», ha aggiunto. Insomma, serve una strategia economica comune perché «nessuno può accettare che i cittadini europei vedano la loro prosperità relativa diminuita rispetto a quella degli americani». Ma una cosa è invocarla, una cosa metterla a terra. Alla vigilia delle elezioni.
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)