2021-02-12
In giro 3 milioni di mascherine fallate. Ma il commissario non dice dove siano
Domenico Arcuri (Ansa/iStock)
L'ufficio giudiziario di Gorizia ha aperto un fascicolo sui dispositivi, acquistati in Cina da Domenico Arcuri, che violano le norme sanitarie. E l'Inail ha bocciato un altro lotto.La vicenda delle mascherine comprate e distribuite dalla struttura del commissario all'emergenza Covid Domenico Arcuri diventa una questione di incolumità pubblica. Ignorata in parte da chi dovrebbe occuparsene. Ma non dalla Procura di Gorizia, che ha aperto un fascicolo, come riportato dal Tgr Friuli. Arcs, l'Azienda regionale di coordinamento per la salute del Friuli Venezia Giulia ieri ha confermato che, dopo aver appreso il risultato del test fatto svolgere dalla trasmissione di Rete4 Fuori dal coro sulle mascherine Kn95 prodotte dalla cinese Wenzhou huasai, è stato disposto il ritiro di tutte le mascherine non ancora utilizzate, facenti parte dei 60.000 pezzi inviati loro dalla struttura commissariale. Ma di quelle mascherine, che erano parte del lotto di 100 milioni di Ffp2 spedite in Italia dalla Wenzhou light, sono arrivati nel nostro paese 2.937.000 pezzi. Dunque potrebbero esserci ancora in giro negli ospedali e nelle Rsa quasi tre milioni di mascherine Ffp2 potenzialmente non a norma. Senza contare che il caso delle mascherine fallate della Wenzhou Husai importate dai mediatori finiti sotto inchiesta a Roma potrebbe non essere isolato, come ha scoperto La Verità e racconteremo nel seguito dell'articolo.Una bomba sanitaria pronta a esplodere in qualsiasi momento, visto che il risultato sui due campioni di mascherine sottoposti a verifica dalla trasmissione di Mediaset nei laboratori della torinese Fonderia Mestieri è senza appello. Per rispettare le direttive sulla certificazione (ossia assicurare un filtraggio del 95%), le mascherine avrebbero dovuto avere una penetrazione massima del 6% (considerato il margine di tolleranza previsto in laboratorio), ma la prima è risultata avere il 73,99% di penetrazione, la seconda il 50,98.Gli unici a conoscere la destinazione di tutte le mascherine della Wenzhou huasai sono gli addetti alla «Gestione distribuzione» della struttura commissariale, che le hanno smistate alle varie regioni. Per questo ieri La Verità ha nuovamente contattato via mail l'ufficio stampa di Invitalia, riassumendo la vicenda e ponendo queste domande: le mascherine prodotte dalla Wenzhou huasai commodity sono state distribuite solo in Friuli Venezia Giulia o anche in altre regioni italiane? Se sono state distribuite in altre regioni, è possibile sapere quali? Entrando più nel dettaglio, per salvaguardare l'incolumità delle persone, è possibile avere l'elenco degli enti e delle strutture a cui siano state consegnate queste mascherine: Protezione civile, ospedali, Rsa, farmacie, altro? Avete tracciato la distribuzione di questi dispositivi? Sapete quanti ne siano stati distribuiti e quanti, eventualmente, si trovino ancora nei Vostri magazzini o in quelli delle regioni? Alla luce di quanto emerso durante la trasmissione di Rete 4, state prevedendo il ritiro degli altri lotti ancora disponibili sul territorio italiano, comprese le scorte di magazzino? Alla mail non è arrivata alcuna risposta. Se non dai difensori di Arcuri, gli avvocati Grazia Volo e Anna Sistopaoli: «In considerazione del fatto che le pubblicazioni de La Verità hanno avuto soltanto contenuti diffamatori nei confronti del nostro assistito Commissario straordinario Domenico Arcuri, lo abbiamo sconsigliato dall'intrattenere qualsiasi forma di interlocuzione con il suo giornale». Ma dall'ufficio stampa è stato precisato che «la struttura del Commissario non c'entra nulla con l'autorizzazione sanitaria o con la qualità delle mascherine, quella viene sottoposta agli enti che si occupano di questo aspetto prima che venga effettuato l'acquisto, per cui non è che prima si comprano le mascherine e poi si portano al Cts. Sono certificate quando vengono proposte, vengono valutate da più istituti e poi vengono acquistate». Inoltre, «il materiale acquistato è tutto tracciato e ovviamente ci sono le bolle». La struttura del Commissario quindi sa dove sono le mascherine, ma non lo dice.In sostanza, la struttura non risponde alle domande della Verità, perché queste, si ritiene, siano da porre all'ente che ha certificato il materiale.Maurizio Andreatti, direttore sanitario dell'azienda regionale di coordinamento per la Salute del Friuli Venezia Giulia, ha spiegato: «Le mascherine sono arrivate i primi giorni di maggio del 2020 e l'ultima distribuzione agli ospedali è avvenuta il 4 agosto 2020. Sono state distribuite in virtù dell'autorizzazione che stamattina (ieri per chi legge, ndr) è ancora sul sito di Invitalia. Il nostro ritiro è stato cautelativo, perché non c'è stato nessun sequestro. E queste mascherine non sono arrivate mica solo in Friuli Venezia Giulia, Dio solo sa dove sono arrivate». Da ottobre 2020 la Regione Friuli Venezia Giulia, coincidenza, ha cominciato a dedicare ai contagiati negli ospedali un capitolo del comunicato stampa sul bollettino Covid. E fino al mese di dicembre il contagio tra i sanitari ha raggiunto picchi oscillanti tra le 15 e le 25 unità.Dall'Asl di Udine confermano che da tempo erano state fatte a Milano analisi sul materiale sospetto. Oltre a questa fornitura sarebbero sotto osservazione altri otto codici. Perché quelle Ffp2 erano state messe in distribuzione? «Noi», spiega il direttore sanitario, «controlliamo sul sito di Invitalia se c'è l'approvazione del Cts, a quel punto sono distribuibili». Il parere è dell'11 maggio 2020, periodo che coincide con l'arrivo delle mascherine intermediate da Mario Benotti, Andrea Tommasi e Jorge Solis, indagati nell'inchiesta romana. Lo stesso giorno il Cts ha dato parere positivo anche ad altre mascherine della stessa fornitura, ma di un diverso fabbricante, la Wenzhou xilian electrical technology. Sulla quale si apre un clamoroso nuovo capitolo. In un documento dell'Inail datato 23 giugno 2020 ed indirizzato proprio alla Wenzhou xilian viene sancita la bocciatura delle loro mascherine dello stesso tipo di quelle validate un mese e mezzo prima dal Cts. Inail dichiara «la non rispondenza alle norme vigenti in materia di dispositivi di protezione individuale della semimaschera filtrante modello KN95 mask, prodotta e presentata dalla Wenzhou Xilian Electrical technology co., Ltd».Forse è per queste stranezze che è insistente l'ipotesi che l'indagine sia a un clamoroso punto di svolta. Il pool dei magistrati che si occupa di reati contro la pubblica amministrazione ha raccolto nuovo materiale e sta ipotizzando reati diversi rispetto al solo traffico illecito di influenze che aveva portato ai sequestri del 4 dicembre e all'iscrizione di sei indagati (ai quali vanno aggiunti due sospettati di ricettazione). Nessuno si sbottona, ma tra le nuove ipotesi ci sarebbe la frode in pubbliche forniture per la scarsa qualità dei dispositivi di protezione forniti e sembra essere tornata d'attualità anche la corruzione che era sparita dai capi d'imputazione contenuti nei decreti di perquisizione di dicembre. A novembre, lo ricordiamo, erano stati iscritti con quell'accusa anche Arcuri e Antonio Fabbrocini (dirigente di Invitalia, cooptato nell'ufficio acquisti della struttura commissariale e «responsabile unico del procedimento» nelle forniture oggetto dell'inchiesta), ma poi la loro posizione era stata stralciata e i magistrati avevano fatto istanza di archiviazione, ancora non disposta dal gip. Nei prossimi giorni, molto probabilmente, sarà tutto più comprensibile, visto che le voci che pronosticano una discovery imminente del materiale probatorio sono molto insistenti.