
Un emiro del Qatar possiede il «cerchietto» più caro al mondo. Simbolo di potere e ricchezza, i nobili li sfoggiavano su tutte le dita. William d'Inghilterra ha regalato a Kate quello di Lady D, Liz Taylor aveva un diamante da 33,19 carati donato da Richard Burton.L'anello più caro del mondo costa 80 milioni di dollari. Tanto ha pagato nel 2011 un membro della famiglia reale del Qatar per il Wittelsbach Graff, un diamante blu da 31,06 carati appartenuto alla corona austriaca e bavarese. Inizialmente si pensava che fosse stato donato da Filippo IV di Spagna a sua figlia Maria Teresa, ma poi si è scoperto che il diamante fu un dono per le nozze di Maria Amalia d'Austria e Carlo VII di Baviera della casata Wittelsbach. Nel corso dei secoli è passato dalle mani di Massimiliano I a quelle di Helmut Horten, un tedesco proprietario di una catena di supermercati, che lo regalò a sua moglie Heidi per le loro nozze. Nel 2008 il gioiello fu acquistato per 24 milioni di dollari da Laurence Graff, che lo modificò per rafforzarne la chiarezza e aumentarne (decisamente) il valore.L'anello di diamanti di Maria Antonietta di Francia aveva una M elegantemente intrecciata con una A e una ciocca di capelli della regina impigliata tra un diamante e l'altro. All'epoca le chiome venivano utilizzate per impreziosire il gioiello e renderlo ancora più personale. Spesso veniva regalato a un amante come emblema d'amore o ad amici e parenti come simbolo d'affetto. Dalla notte dei tempi si attribuisce all'anello un valore che va ben oltre quello materiale. Gli egizi ci montavano pietre intagliate con il proprio stemma per usarli come sigilli, nell'antica Roma i sacerdoti di Giove erano i soli a poterli indossare. Col passare dei secoli divennero simbolo di potere e ricchezza. Le mani dei nobiluomini sfoggiavano anelli su tutte le dita, infilati uno sull'altro sino alla falange superiore. Nel Seicento, visto che le dita non bastavano, i porporati ripresero una moda lanciata da Luigi XIV: il re ne aveva così tanto che se li faceva cucivano sulle vesti. «Dio è ingiusto. Così tanti anelli e solo 10 dita» (Marta Marzotto).Condannati dalla Chiesa per il loro sfarzo, nelle leggi suntuarie il loro uso venne limitato: «Non si possino portare a ogni dito più di tre anella, e detta anella non possino avere più che una pietra preziosa o perla per mano…». Papa Giulio II, nel ritratto di Raffaello Sanzio, ne esibisce sei.Oggi i vescovi indossano solo l'anello episcopale, mentre il Papa porta il piscatorio (anello del pescatore), un anello d'oro con una raffigurazione di San Pietro che getta una rete in mare, utilizzato in genere per apporre il sigillo ai documenti papali. Fino al pontificato di Giovanni Paolo II, l'anello del pescatore veniva spezzato e i resti conservati negli archivi vaticani. Oggi non è più necessario distruggere fisicamente l'anello. Quello di Benedetto XVI è stato biffato, ovvero annullato con due rigature a croce.Si racconta che Lucrezia Borgia, figlia di papa Alessandro VI, portasse un anello cavo con dentro la polvere dei funghi Cortinarius Orellanus (oggi noti come i funghi di Lucrezia). La usava per avvelenare i sudditi a cui aveva fatto dono delle proprie terre, in modo da riappropriarsene dopo la loro misteriosa morte.«Colui che ama sé stesso sopra ogni cosa non passa per la porta del regno dei cieli, allo stesso modo in cui il dito della sposa, se è ripiegato su sé stesso, non entra nell'anello offerto dallo sposo» (Ugo Foscolo).La fede, anello nuziale entrato in uso nella Roma antica, veniva indossato all'anulare sinistro perché si credeva che una vena lo collegasse direttamente al cuore. La tradizione di regalare un diamante come anello di fidanzamento risale al 1477, quando l'arciduca Massimiliano d'Austria donò a Maria di Borgondia un anello d'oro sovrastato da un brillante promettendole di sposarla. In passato, in molte civiltà, i corteggiatori offrivano una mela alla ragazza scelta come pegno d'amore. L'anello aveva valore di contratto nuziale. Oggi circa il 70% delle future spose riceve un diamante come anello di fidanzamento. Tra gli anelli di fidanzamento più famosi della storia, l'Eternity band con taglio a baguette che Joe DiMaggio donò a Marilyn Monroe. Nonostante la diva sia entrata nella storia cantando Diamonds are girl's best friend, sono gli unici diamanti che abbia mai posseduto (preferiva indossare perle). Racconta Paola Jacobbi su Vanity Fair che una sera di vent'anni fa, «allo Chateau Marmont di Los Angeles, durante una cena organizzata da Donatella Versace, Courtney Love mostra a Donatella il suo nuovo anello, un brillantone impegnativo. Donatella allunga il braccio e mostra il suo, un anello ancora più grande e luminoso. A quel punto, con il sorriso di chi è rassegnata a stravincere, Elizabeth Taylor posa la sua mano sulle altre due, nel gesto dei Tre Moschettieri, e mette in mostra il suo anello: 33.19 carati. Imbattibile». Era il suo «baby», un anello che Richard Burton le regalò un giorno del 1968, solo «perché era martedì». Burton lo acquistò per 300.000 dollari ma oggi il The Elizabeth Taylor diamond - questo il nome ufficiale del gioiello - è stimato 9 milioni di dollari. Oltre al «baby», tra i preziosi di Liz Taylor anche «la pista di pattinaggio» da 29,4 carati che Mike Todd le regalò come anello di fidanzamento, una pietra così grande che «ci si poteva pattinare sopra» e il mitico Taylor Burton diamond, uno dei più grandi al mondo (69 carati) che Elizabeth Taylor fece inizialmente montare su un anello per poi farne una collana: «Era troppo grande persino per me».«C'è chi ama gli anelli di grandi dimensioni. A ogni dito delle lunghe, tozze mani dalle unghie laccate, Claude Lorrain portava un vistoso anello. Opali, crisopazi e calcedonie erano imprigionati nell'oro lavoratissimo di anelli di scarso valore. Oscar Wilde portò a lungo un gigantesco anello episcopale, un'ametista incastonata nell'argento, poi un imponente anello con lo scarabeo egiziano che sembrava una turchese morta. Ma aveva anche due anelli di smeraldo ai mignoli. I segni cabalistici sulle pietre conferivano alla pietra di sinistra il potere di generare ogni forma di gioia e a quella di destra un analogo potere nel campo della sventura. A chi gli chiedeva perché non rinunciasse a quel pericoloso oggetto replicava: «Per poter essere felici ci vogliono le disgrazie» (da Il demone della frivolezza di Giuseppe Scaraffia).«Se solo sapessi quante superstizioni mi dai. Appena mi metto al lavoro, mi infilo il talismano, terrò al dito quest'anello per tutte le ore di lavoro. Lo metto al primo dito della mano sinistra, con cui tengo la carta, in modo che il tuo pensiero mi stringa, sei lì con me e adesso invece di cercare le parole nell'aria, le chiedo a questo delizioso gioiello» (Honoré de Balzac, che non riusciva più a scrivere senza l'anello donatogli da madame Ève Hanska, contessa polacca con la quale ebbe una liaison nata da una relazione epistolare).oro giallo e platinoIl Trinity, anello simbolo di Cartier, ha i cerchi intrecciati. Dal 1924, anno della sua creazione, se ne sono venduti più di 1 milione di esemplari in tutto il mondo. Inizialmente i tre anelli erano in oro giallo e rosa e di platino, quest'ultimo poi verrà sostituito con l'oro bianco. Jean Cocteau, uno dei primi a indossarlo, ne aveva due, entrambi al mignolo. Il secondo era dell'amico Raymond Radiguet, l'autore de Il diavolo in corpo morto a soli vent'anni nel 1923.La proposta di matrimonio di Harry a Meghan, come hanno raccontato i due sposi, è arrivata mentre lei cucinava pollo arrosto nella residenza di Nottingham Cottage, a Kensington Palace. Harry s'inginocchiò offrendole l'anello da lui disegnato con una pietra del Botswana e due diamanti della collezione privata di mamma, Lady Diana. L'anello è stato realizzato da Cleave and Company, i gioiellieri di Sua Maestà e vale circa 61.500 euro. Ma poiché i diamanti appartenevano a Diana, il suo valore è inestimabile.«Portavo l'anello con me nello zaino da tre settimane, non l'ho lasciato per un attimo. E poi ero agitato: si sentono un mucchio di storie terribili sui momenti in cui uno fa la proposta...» (William d'Inghilterra). A Kate Middleton William offrì come pegno d'amore l'anello che papà Carlo donò a Diana nel 1981: «È il mio modo per far sì che mia mamma non si perda questo giorno». Dopo la morte di Lady D. l'anello finì nella cassaforte di Harry, ma quando il fratello gli annunciò di voler convolare a nozze con Kate, Harry cedette il solitario con zaffiro di 12 carati circondato da una corolla di 14 diamanti senza esitare.
Federica Picchi (Ansa)
Il sottosegretario di Fratelli d’Italia è stato sfiduciato per aver condiviso un post della Casa Bianca sull’eccesso di vaccinazioni nei bimbi. Più che la reazione dei compagni, stupiscono i 20 voti a favore tra azzurri e leghisti.
Al Pirellone martedì pomeriggio è andata in scena una vergognosa farsa. Per aver condiviso a settembre, nelle storie di Instagram (che dopo 24 ore spariscono), un video della Casa Bianca di pochi minuti, è stata sfiduciata la sottosegretaria allo Sport Federica Picchi, in quota Fratelli d’Italia. A far sobbalzare lorsignori consiglieri non è stato il proclama terroristico di un lupo solitario o una sequela di insulti al governo della Lombardia, bensì una riflessione del presidente americano Donald Trump sull’eccessiva somministrazione di vaccini ai bambini piccoli. Nessuno, peraltro, ha visto quel video ripostato da Picchi, come hanno confermato gli stessi eletti al Pirellone, eppure è stata montata ad arte la storia grottesca di un Consiglio regionale vilipeso e infangato.
Jannik Sinner (Ansa)
Alle Atp Finals di Torino, in programma dal 9 al 16 novembre, il campione in carica Jannik Sinner trova Zverev, Shelton e uno tra Musetti e Auger-Aliassime. Nel gruppo opposto Alcaraz e Djokovic: il duello per il numero 1 mondiale passa dall'Inalpi Arena.
Il 24enne di Sesto Pusteria, campione in carica e in corsa per chiudere l’anno da numero 1 al mondo, è stato inserito nel gruppo Bjorn Borg insieme ad Alexander Zverev, Ben Shelton e uno tra Felix Auger-Aliassime e Lorenzo Musetti. Il toscano, infatti, saprà soltanto dopo l’Atp 250 di Atene - in corso in questi giorni in Grecia - se riuscirà a strappare l’ultimo pass utile per entrare nel tabellone principale o se resterà la prima riserva.
Il simulatore a telaio basculante di Amedeo Herlitzka (nel riquadro)
Negli anni Dieci del secolo XX il fisiologo triestino Amedeo Herlitzka sperimentò a Torino le prime apparecchiature per l'addestramento dei piloti, simulando da terra le condizioni del volo.
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Gli anni Dieci del secolo XX segnarono un balzo in avanti all’alba della storia del volo. A pochi anni dal primo successo dei fratelli Wright, le macchine volanti erano diventate una sbalorditiva realtà. Erano gli anni dei circuiti aerei, dei raid, ma anche del primissimo utilizzo dell’aviazione in ambito bellico. L’Italia occupò sin da subito un posto di eccellenza nel campo, come dimostrò la guerra Italo-Turca del 1911-12 quando un pilota italiano compì il primo bombardamento aereo della storia in Libia.
Il rapido sviluppo dell’aviazione portò con sé la necessità di una crescente organizzazione, in particolare nella formazione dei piloti sul territorio italiano. Fino ai primi anni Dieci, le scuole di pilotaggio si trovavano soprattutto in Francia, patria dei principali costruttori aeronautici.
A partire dal primo decennio del nuovo secolo, l’industria dell’aviazione prese piede anche in Italia con svariate aziende che spesso costruivano su licenza estera. Torino fu il centro di riferimento anche per quanto riguardò la scuola piloti, che si formavano presso l’aeroporto di Mirafiori.
Soltanto tre anni erano passati dalla guerra Italo-Turca quando l’Italia entrò nel primo conflitto mondiale, la prima guerra tecnologica in cui l’aviazione militare ebbe un ruolo primario. La necessità di una formazione migliore per i piloti divenne pressante, anche per il dato statistico che dimostrava come la maggior parte delle perdite tra gli aviatori fossero determinate più che dal fuoco nemico da incidenti, avarie e scarsa preparazione fisica. Per ridurre i pericoli di quest’ultimo aspetto, intervenne la scienza nel ramo della fisiologia. La svolta la fornì il professore triestino Amedeo Herlitzka, docente all’Università di Torino ed allievo del grande fisiologo Angelo Mosso.
Sua fu l’idea di sviluppare un’apparecchiatura che potesse preparare fisicamente i piloti a terra, simulando le condizioni estreme del volo. Nel 1917 il governo lo incarica di fondare il Centro Psicofisiologico per la selezione attitudinale dei piloti con sede nella città sabauda. Qui nascerà il primo simulatore di volo della storia, successivamente sviluppato in una versione più avanzata. Oltre al simulatore, il fisiologo triestino ideò la campana pneumatica, un apparecchio dotato di una pompa a depressione in grado di riprodurre le condizioni atmosferiche di un volo fino a 6.000 metri di quota.
Per quanto riguardava le capacità di reazione e orientamento del pilota in condizioni estreme, Herlitzka realizzò il simulatore Blériot (dal nome della marca di apparecchi costruita a Torino su licenza francese). L’apparecchio riproduceva la carlinga del monoplano Blériot XI, dove il candidato seduto ai comandi veniva stimolato soprattutto nel centro dell’equilibrio localizzato nell’orecchio interno. Per simulare le condizioni di volo a visibilità zero l’aspirante pilota veniva bendato e sottoposto a beccheggi e imbardate come nel volo reale. All’apparecchio poteva essere applicato un pannello luminoso dove un operatore accendeva lampadine che il candidato doveva indicare nel minor tempo possibile. Il secondo simulatore, detto a telaio basculante, era ancora più realistico in quanto poteva simulare movimenti di rotazione, i più difficili da controllare, ruotando attorno al proprio asse grazie ad uno speciale binario. In seguito alla stimolazione, il pilota doveva colpire un bersaglio puntando una matita su un foglio sottostante, prova che accertava la capacità di resistenza e controllo del futuro aviatore.
I simulatori di Amedeo Herlitzka sono oggi conservati presso il Museo delle Forze Armate 1914-45 di Montecchio Maggiore (Vicenza).
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Stadio di San Siro (Imagoeconomica)
Ieri il Meazza è diventato, per 197 milioni, ufficialmente di proprietà di Milan e Inter. Una compravendita sulla quale i pm ipotizzano una turbativa d’asta: nel mirino c’è il bando, contestato da un potenziale acquirente per le tempistiche troppo strette.
Azione-reazione, come il martelletto sul ginocchio. Il riflesso rotuleo della Procura di Milano indica un’ottima salute del sistema nervoso, sembra quello di Jannik Sinner. Erano trascorsi pochi minuti dalla firma del rogito con il quale lo stadio di San Siro è passato dal Comune ai club Inter e Milan che dal quarto piano del tribunale è ufficialmente partita un’inchiesta per turbativa d’asta. Se le Montblanc di Paolo Scaroni e Beppe Marotta fossero state scariche, il siluro giudiziario sarebbe arrivato anche prima delle firme, quindi prima dell’ipotetica fattispecie di reato. Il rito ambrosiano funziona così.











