2018-12-15
Un intero quartiere per soli transgender. In nome dei diritti si crea il ghetto Lgbt
Nasce a San Francisco il primo distretto riservato ai trans. E promette di essere un faro di «resistenza» contro Donald Trump.Nel Regno Unito per combattere gli stereotipi il garante che vigila sugli spot cancella lo humour british.Lo speciale contiene due articoliPrendere tutte le persone con un determinato orientamento sessuale e metterle in un apposito quartiere della città: vi sembra una cosa agghiacciante? Vi viene in mente la parola «ghetto»? Avete ragione, eppure la cosa sembra piacere particolarmente ai trangender di San Francisco, che ora avranno un quartiere della città tutto per loro. Si chiamerà distretto culturale transgender di Compton e prenderà il nome dalla famosa sommossa della Compton's Cafeteria dell'agosto 1966, la prima rivolta transgender nella storia degli Stati Uniti d'America, avvenuta tre anni prima dei più noti moti di Stonewall verificatisi a New York nel 1969. «Siamo orgogliosi di essere il primo quartiere culturale trans della nazione, e non vediamo l'ora di continuare a onorare la nostra memoria collettiva e di costruire il nostro futuro a San Francisco», esultano i gestori della pagina Facebook del distretto, che si estende per sei isolati nello storico quartiere di Tenderloin. Nell'autodescrizione che ne danno gli organizzatori si tratta di un «sicuro, accogliente ed emancipato quartiere fatto da persone trans per persone trans», un «hub di servizi e di opportunità economiche per le comunità trans e di genere non conforme», e un «luogo per onorare la storia della comunità». Jane Kim, che rappresenta in consiglio comunale quell'area della città, si è sbilanciata definendolo «il quartiere più importante in America per la storia, la cultura e i diritti civili dei transgender». Dal Comune di San Francisco sono arrivati 215.000 dollari di finanziamenti. L'attivista transessuale Donna Personna ha dichiarato che il distretto fungerà anche da «atto di lotta e di resistenza» contro il presidente Donald Trump. Come si possa gestire con soldi pubblici un quartiere che intende fare «resistenza» al governo centrale non è chiaro, ma tant'è.A San Francisco può succedere questo e altro. La città della California è da sempre uno dei luoghi più gay friendly del mondo. Basti pensare che un suo quartiere, Castro, dà il nome a un determinato stile gay, il «Castro clone», quello del classico omosessuale con baffi e look particolarmente mascolino (quello di Freddie Mercury, per capirci). È qui che ha aperto il primo gay bar ad avere finestre trasparenti ed è sempre qui che, nel 1975, Harvey Milk aprì il suo negozio di fotografia. Un altro quartiere, quello di South of Market, è invece considerato il fulcro della gay leather community, cioè della sottocultura omosessuale basata sul feticismo per l'abbigliamento in pelle. Un riferimento culturale che il comune di San Francisco ha addirittura deciso di promuovere tramite l'accesso a fondi pubblici. «Viviamo a San Francisco», ha detto il supervisore Jeff Sheehy, «molte comunità stanno riconoscendo che le loro storie culturali, uniche, sono andate perse. Stiamo quindi lavorando per preservarle laddove possiamo». Come si può ben vedere, siamo molto lontani dall'affermazione, ovviamente sacrosanta, del doveroso rispetto verso tutti gli esseri umani, a prescindere dal loro orientamento sessuale. Politiche di questo genere postulano semmai la parcellizzazione della società in tanti micro ghetti, dove peraltro ciascuna specificità anche superficiale, tipo per l'appunto l'adesione a una qualche sottocultura, diventa un fattore da promuovere e valorizzare, come se parlassimo delle bellezze di una città d'arte rinascimentale. Il tutto, ovviamente, con soldi pubblici. Questo in una città che, pur ospitando ben 57 miliardari, appena quattro meno che a New York, vede l'11,6% dei suoi abitanti (circa un milione di persone) vivere sotto la soglia di povertà, e ospita stabilmente circa 8.000 senzatetto. Davvero non c'era modo migliore per spendere i denari cittadini che creando un quartiere per trans?Adriano Scianca<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/un-intero-quartiere-per-soli-transgender-in-nome-dei-diritti-si-crea-il-ghetto-lgbt-2623425713.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="linghilterra-bandisce-lironia-sui-difetti-di-maschi-e-femmine" data-post-id="2623425713" data-published-at="1758230680" data-use-pagination="False"> L’Inghilterra bandisce l’ironia sui difetti di maschi e femmine Forse il tempo dello humour inglese sta per finire. O almeno viene da pensarlo, visto il giro di vite imposto alla pubblicità britannica dal Committees of Advertising Practice (Cap), il garante che sorveglia annunci e spot. A partire dal 19 giugno del prossimo anno, infatti, non si potranno più realizzare pubblicità che prendano in giro gli uomini o le donne su base sessista. Quindi, ad esempio, scene in cui gli uomini combinano disastri mentre cambiano un pannolino (può succedere…), oppure le donne guidano male e non sanno trovare la strada sulla cartina, diventeranno inaccettabili in uno video e su un cartellone, anche se sono sempre state all'origine di bonarie prese in giro e scaramucce tra fidanzati e coniugi. Eppure il comitato è convinto che siano deleterie e non educative, così ha deciso di definire nuovi limiti. Ironia e prese in giro saranno messe al bando, se vanno a colpire stereotipi legati al genere sessuale e finiscono per offendere. Insomma, niente più maschietti che sbagliano i programmi della lavatrice e si trovano con l'intimo tinto di rosa o donne che non sanno come parcheggiare e non riescono a programmare i canali di una televisione. Una decisione che suscita non poche perplessità. Un paio di anni fa l'organismo aveva deciso di vietare i cartelloni stradali e le pubblicità che esponevano troppo il corpo femminile trasformandolo in un oggetto, avevano bandito le immagini eccessivamente scoperte e vietato di esporre corpi troppo magri, che davano un'immagine che implicava problemi di salute. Una scelta assolutamente apprezzabile, vista l'influenza che certi modelli di bellezza possono avere sui giovani. Ma adesso la prospettiva è diversa. Secondo il Cap non saranno più ritenute accettabili nemmeno le pubblicità che inducono un'idea fissa di genere quando si tratta di giocattoli, perché inibiscono i maschi dal vestirsi da principesse o dal giocare con bambole e fatine quando ne hanno voglia. In base alla riflessione del comitato, certi stereotipi rischiano di tarpare le ali e inibire lo sviluppo libero di personalità e creatività, quindi vanno eliminate. Forse prevedendo la sorpresa, i vertici del Cap hanno spiegato anche che non sarà del tutto escluso mostrare una donna che fa le pulizie o un uomo impegnato con il bricolage, ma si dovrà tenere conto del contesto e del contenuto prima di approvare la circolazione delle immagini. La sensazione è che in Gran Bretagna certe questioni vengano prese un po' troppo sul serio. Canzonare donne e uomini sui loro presunti limiti di genere in molti casi non significa offendere. Si tratta di un modo per scherzare, sorridere e anche ridimensionarsi, in un mondo dove uomini e donne si danno spesso un'importanza eccessiva. Va anche considerato che senza ironia e battute ci si prospetta di fronte un mondo privo di humour ma anche di occasioni di divertimento. E forse è davvero quello che sta accadendo nel Regno Unito, a giudicare dalla richiesta folle che un comico inglese ha ricevuto da un comitato di studenti universitari. Il comico Konstantin Kisin aveva accettato di partecipare a uno spettacolo organizzato dall'università Soas di Londra per raccogliere fondi per l'Unicef. Ma qualche giorno fa ha annunciato che non sarà tra gli ospiti. Colpa di un contratto che gli è stato sottoposto dagli studenti, in cui gli si chiedeva di evitare una serie di tematiche. La richiesta lo ha lasciato basito, perché gli allievi pretendevano che una volta in scena seguisse una serie di regole di comportamento, evitando di toccare argomenti come invecchiamento, sessismo, classismo, razzismo, omofobia, islamofobia, xenofobia, religione e ateismo. Solo che vietando tutte queste tematiche, che derivano da categorie del genere umano, all'attore rimaneva davvero uno spazio di manovra ridottissimo per il suo show. Come ha spiegato pubblicamente, un comico non va certo in scena per fomentare la violenza o l'odio razziale, ma racconta storie e gioca con le idee, quindi può capitare che per strappare un sorriso dica qualcosa che a taluni appare fastidioso. Come facevano i buffoni a corte, che attaccavano il re sulle sue debolezze, sin dall'epoca di William Shakespeare. Anzi, non è da escludere che di questi tempi anche lui avrebbe avuto dei problemi o almeno dei contratti da firmare. Caterina Belloni
Il primo ministro del Pakistan Shehbaz Sharif e il principe ereditario saudita Mohammed bin Salman (Getty Images)
Riyadh e Islamabad hanno firmato un patto di difesa reciproca, che include anche la deterrenza nucleare pakistana. L’intesa rafforza la cooperazione militare e ridefinisce gli equilibri regionali dopo l’attacco israeliano a Doha.
Emanuele Orsini e Dario Scannapieco