2019-08-29
Un futurista eroe di Fiume tra pistole, pugni e donne dai «sessi spudorati»
Esce il «Poema» che il grande Filippo Tommaso dedicò all'impresa di D'Annunzio. Un canto d'amore per il «patriottismo illegale» che ha animato la città dei sogni.«In velocità sulla strada di Monfalcone Gabriele d'Annunzio sente con strafottenza crescere/ torrido il febbrone nella sua Fiat divenuta consanguinea che dopo sforzi esterni interni annusa/ brontolando la canonica semidistrutta di Ronchi sforacchiato pestato riscolpito dalle cannonate». Con la sua forza di turbina, Filippo Tommaso Marinetti ci fa precipitare sulla strada che da Ronchi conduce a Fiume, e ci sembra di stare a bordo dell'auto del Vate. Siamo proprio lì, dove «immensi ascensionali e solenni polveroni erigersi spiralare dorarsi nei crocifiggenti primi raggi solari al canto scoppio canto scoppio dei pneumatici forsennati e ubriachi d'andare». Ed è da quei polveroni che promana tutta la potenza degli uomini che fecero l'impresa. L'impresa di Fiume, ovviamente. Marinetti li celebra come si deve: «O polveroni fedeli servi devoti delle velocità guerriere e rivoluzionarie/ Erranti costruttori di città/ Altomiranti precursori degli eserciti/ Arrampicanti muratori di architetture aeree/ Roteanti colonne a beccheggio e rullio di civiltà cadenti/ Acrobati del cielo/ Imbrigliatori e drappeggiatori di raggi solari/ Proiettori elettrici e liquidi steli della via lattea/ Con voi si aggrediscono spalti circondano fortilizi accecano difensori/ Non siete fatti di calcare sbricciolato ma evaporando fuori dalle antiche caldaie dell'Istria/ rivelate che più a lungo i coperchi stradali collinosi non terranno / Saltare saltare dunque poiché le ruote ruote ruote di Ronchi/ rotolando ringhiando stridendo e cocendo imporre/ imporre/ imporre/ n u o v e r a p i d i t à». Viene voglia di non staccarsi più, e di farsi stritolare dalle frasi meccaniche dell'ideatore del futurismo. Ma fermiamoci un attimo, e tentiamo di contestualizzare. Il fulminante racconto dell'epopea fiumana di cui riportiamo ampi brani altro non è che Il Poema di Fiume firmato da Filippo Tommaso Marinetti. Un testo finora mai pubblicato che vede finalmente la luce in questi giorni grazie a Eclettica edizioni (sul sito www.ecletticaedizioni.com potete prenotare il volume). Il poema è senza dubbio eccezionale. Come spiega Alessandro Amorese nell'introduzione, «la datazione rimane incerta, Domenico Cammarota, uno studioso della bibliografia di Marinetti, inserisce come data di stesura tra il 1930 ed il 1931, una indicazione che sembra un po' troppo avanti rispetto a quelle fornite dall'autore. Di certo c'è che nel 1939 Marinetti affidò a Mino Somenzi, gratuitamente, la pubblicazione del Poema di Fiume, annunciandolo a Dino Alfieri, ministro della Cultura popolare».Insomma, Marinetti scrive il tonante poema e lo affida a un personaggio che merita un piccolo approfondimento. Scrive Patrizio Ceccagnoli nella sua tesi di dottorato alla Columbia University, (intitolata Ftm Redux. Studio sull'ultimo Marinetti): «Legionario fiumano lui stesso, Somenzi fino al gennaio di quell'anno aveva difeso sulle pagine della propria rivista, Artecrazia, l'arte moderna e il Futurismo dagli attacchi provenienti dalla Germania nazista che avevano trovato ampio consenso anche nella destra più reazionaria del Fascismo. Nella lettera ad Alfieri, Marinetti prospettava un'edizione di lusso in cui l'artista Somenzi, tra i firmatari del Manifesto della Aeropittura, si sarebbe distinto per l'originalità delle sue soluzioni grafiche».Somenzi è uno dei protagonisti del Poema di Fiume, anche perché aveva partecipato all'impresa. E il fatto che Marinetti metta l'opera proprio nelle sue mani è importante, anche perché Somenzi era ebreo, e nel 1939 le leggi razziali erano già in vigore. Un gesto politico, insomma. Ma si può dire che, in qualche modo, tutta l'opera lo sia. Marinetti coglie gli aspetti dell'avventura fiumana che più gli stanno a cuore, talvolta arriva a modificare i particolari pur di far risaltare il suo ruolo in tutta la vicenda. Soprattutto, però, riesce con maestria irraggiungibile a mettere sulla pagina le grandi passioni che animarono quei giorni eroici e folli. Come racconta Giordano Bruno Guerri nella sua bellissima biografia di Marinetti, Filippo Tommaso apprese del grande gesto dannunziano il 13 settembre 1919. «D'Annunzio ha occupato Fiume! Contengo la mia emozione. Decido di partire domani». Nel Poema, Marinetti ricostruisce così l'arrivo di D'Annunzio in città: «In testa nella sua Fiat saltellante d'infantile baldanza il febbricitante Gabriele d'Annunzio/ gode l'opulenza alta dei polveroni/ Lo seguono molti sono molti e se ne aggiungono altri ai quadrivi e quattro autoblindate/ con i poeti futuristi Pinna Testoni Ranci Benaglia Per Prosecco Opcina Castelnuovo / gioiosamente le ruote sbranano spiattellano e mandano a folleggiare i loro pneumatici contente/ di correre libere nella discesa di sentire sentire l'invito della strada allungatissimo/ braccio nudo di donna fiumana che vorrebbe dare le sue vene come rotaie/ A sei chilometri da Fiume un profilo nero sulla strada incandescente è un generale/ italiano vorrebbe sparare ma d'un balzo in piedi il Comandante lo placa offrendo la sua/ medaglia d'oro bersaglio». Se l'ingresso del Vate a Fiume è eroico, il viaggio di Marinetti in direzione della città dei sogni non è dei più fortunati. «Partito in automobile con alcuni futuristi», scrive Guerri, «la vettura si schianta contro un cumulo di ghiaia a venti chilometri da Fiume e il gruppo deve proseguire a piedi, di notte e cercando di evitare i posti di blocco». Nel Poema, Marinetti non trascura di riportare l'episodio, sfoderando pure una certa ironia. «A rompicollo da Milano a Trieste poi con Pinna Frattini Giunta in una automobile/ noleggiata ma così poco rivoluzionaria da abbracciare un cumulo di ciottoli e fermarsi dopo due/ chilometri/ A piedi tutta la notte collaudare il multiforme e l'intero rasoiante Carso istriano evitare/ la strada verniciata di lacca lunare corsa dicono da pattuglie cicliste di polizia/ quindi stanchissimi dopo due ore su e giù per ambizioni zuffe beghe imbuti della roccia/ i miei compagni orgogliosi di sentirsi geografi sotto la mantellina al lume di una candela/ studiare la carta indecifrabile quando il Carso ci offriva a beffa la piccola mobile luminaria in/ vetrina del porto di Fiume Lontana vicina inafferrabile inafferrabile inafferrabile». Una volta superati i guai causati del mezzo poco rivoluzionario, Marinetti finalmente giunge alla meta. E il suo cuore meccanico si spalanca. Il racconto della vita - quotidiana, intellettuale, amorosa - che si sprigiona a Fiume è semplicemente strabiliante. In uno dei vari comizi tenuti in città, FTM dice di non aver «mai sognato un così rosso vulcano di eroismo e di italianità». Ma nel Poema c'è molto di più che retorica da palco. Troviamo, soprattutto, l'esplosione dei sensi. I rivoluzionari fiumani, racconta il poeta, si danno a «brindisi brindisi brindisi messaggi manifesti/ “Evviva la vulva abbeveratoio degli eroi"». In città è tutto un «cantare cantare cantare sorridere ridere cantare cantare cantare lagrime occhiate di pettinatescapigliate/ in un conflitto di unghie e forcine per graffiare l'aria anch'essa da abbracciare/ riempire di parole parole baci sospiri dolci torride salive ripetere insistere/ amare amare amareeeeee». Poi ci sono loro, le femmine fiumane: «Sul petto di tutte le donne ansano pubblicitariamente le parole/ ITALIA O MORTE/ Sulle facciate sopra-sotto finestre balconi straripanti in tutte le traiettorie e con tutte le/ obliquità comandano minacciano le parole/ ITALIA O MORTE !/ Patriottismo a girandola pirotecnica di sguardi ritornelli strette di mano che scattano / in amplessi d'attenagliante carnalità/ croate slave ungheresi beate in gara con le donne fiumane superarle presto ad/ ogni costo in tenerezza irruente/ offerta di voluttà questa sempre sorella del turchino dorato sole italiano che unghiava/ coceva di brilli case corpi selciati/ e tutti a darle fuoco con carbone umano fino alla vampa - delirio».Marinetti medesimo non si tira indietro. Come ricostruisce Guerri, egli «si dà a un sesso sfrenato». Raccontando di una nobildonna spiega che ha «un nudo bellissimo. Carni bianche e sode. Corpo dai dolci muscoli di bel animale. La prendo 2 volte con furore. La bacio profondamente. Ma preferisce il coito forte». Nel Poema, Marinetti racconta di donne che si abbandonano a «ebbrietà braciere di visioni affetti profumi e magnetismi epidermici e sessi spudorati furono fecondate e sposate». In qualche modo, Fiume è donna essa stessa. Accoglie avventurieri provenienti da ogni dove. E nel suo ventre avviene una «fantastica italianizzazione di queste razze straniere su cui di colpo il nostro fascino pesava avviluppante e penetrante». Marinetti spera che l'esuberante vitalità fiumana si riversi preso in Italia. Rivolgendosi al Vate, egli scrive nel Poema: «O d'Annunzio/ la letizia dei corpi in piacere tra stoffe e profumi delicatissimi e la/ selvaggeria dei paesaggi incolleriti e avvinazzati dal sole con madonne santi impietositi da/ tutte le piaghe umane e la grande lussuria e la dimestichezza col cielo/ diventino centuplicato amore per/ l'Italia unica donna da perennemente amare». Tuttavia, come noto, i sogni non s'avverano. Alla fine di settembre del 1919, Marinetti rientra in Italia, D'Annunzio lo invita a partire perché «molte lettere di milanesi» richiedono la sua presenza in Lombardia (ma anche perché a Fiume il futurista comincia a diventare ingombrante). A Natale del 1920, Fiume viene sgomberata. Così scrive Marinetti: «Natale 1920 Il Generale Caviglia vincitore della battaglia di Vittorio Veneto dopo/ avere da semplice cittadino favorito in ogni modo d'Annunzio da lui amato come poeta patriota/ ridiventa militare e solamente per devozione alla disciplina del suo esercito vittorioso riceve e/ trasmette l'ordine di/ sparare/ in nome del patriottismo legale contro un super/ patriottismo illegale conquistatore di Fiume». Il sogno si conclude così, con il patriottismo legale e burocratico che schiaccia quello illegale, vitale e matto di dannunziani e futuristi. L'impresa, però, quella nessuno la può cancellare. Merità immortalità. E anche grazie al Poema di Marinetti l'ha ottenuta.