2021-06-08
In Cina hanno brevettato un anti Covid già in febbraio del 2020
L’intelligence americana fa filtrare sui media australiani una nuova rivelazione. Uno scienziato militare avrebbe depositato il brevetto di un vaccino ben prima che l’Oms dichiarasse la pandemia. Pechino sapeva del disastro e si era attrezzata...I dubbi sull’origine naturale del Covid-19 aumentano ogni giorno. Ora si scopre che un importante scienziato militare cinese aveva registrato il brevetto di un vaccino contro il virus con un anticipo a dir poco sospetto, e ben prima che la stessa Organizzazione mondiale della sanità dichiarasse ufficialmente l’esistenza del Covid. La notizia, che è appena filtrata dai servizi segreti statunitensi, rivela che Yusen Zhou, membro dell’Istituto di microbiologia ed epidemiologia di Pechino e alto esponente dell’Accademia di scienze mediche militari, aveva registrato a nome dell’Accademia un brevetto di vaccino già il 24 febbraio 2020. La rivelazione è davvero sconcertante, se si pensa che l’Oms avrebbe proclamato al mondo l’esistenza della pandemia soltanto due settimane più tardi, l’11 marzo 2020. Quel giorno il direttore generale dell’Oms, l’etiope Tedros Adhanom Ghebreyesus, avrebbe annunciato che il virus stava cominciando a esplodere: «Ci sono 118.000 casi in 114 Paesi», avrebbe dichiarato, «e 4.291 persone hanno già perso la vita». I morti oggi sono più di 3,7 milioni.La notizia sul brevetto di Yusen Zhou suscita domande inquietanti. Come faceva uno scienziato militare cinese a essere già così avanti nella ricerca contro il Covid-19, nel febbraio 2020, se Pechino aveva denunciato all’Oms l’esistenza di «un nuovo virus sconosciuto, in grado di provocare una nuova aggressiva forma di polmonite» soltanto il 31 dicembre 2019? La scoperta rinforza i sospetti che La Verità aveva segnalato lo scorso 18 gennaio, in un articolo intitolato «Le tre date che incastrano Pechino: lavorava alla cura a emergenza non esplosa». L’articolo rivelava infatti che la casa farmaceutica cinese Sinovac aveva «iniziato lo sviluppo di un vaccino contro il Covid-19, denominato CoronaVac, già il 28 gennaio 2020», il che dimostrava che «il regime di Xi Jinping era pienamente consapevole della contagiosità del Covid molto tempo prima delle segnalazioni ufficiali». Oggi quella notizia è rafforzata dalla scoperta del brevetto depositato con fulminea velocità da Yusen Zhou, che per di più avrebbe condotto la sua ricerca proprio in collaborazione con l’Istituto di virologia di Wuhan, il laboratorio al centro dei sospetti di mezzo mondo. Secondo The Australian, quotidiano australiano, Yusen Zhou avrebbe «lavorato a stretto contatto» nientemeno che con Shi Zhengli, la vicedirettrice del laboratorio di Wuhan universalmente nota con il nomignolo di «Batwoman» per le sue ricerche sul coronavirus nei pipistrelli. Subito dopo l’esplosione della pandemia, Shi Zhengli era rimasta impigliata in un mistero: la rivista Scientific American le aveva attribuito la dichiarazione che il Covid fosse «uscito dal nostro laboratorio». A quel punto Shi Zengli era scomparsa per qualche settimana, quindi era riapparsa e aveva smentito tutto. Ma anche la scoperta su Yusen Zhou si ammanta di mistero, perché lo scienziato è morto appena tre mesi dopo aver depositato il suo brevetto. Il New York Post sottolinea che la notizia della sua scomparsa, nel maggio 2020, è stata riferita in modo del tutto anomalo dai media cinesi: appena poche righe nascoste nelle pagine interne, malgrado Yousen Zhou fosse stato uno degli scienziati più importanti del Paese, premiato dal regime con le più importanti onorificenze. La sua fama, in campo scientifico, travalicava i confini della Cina: in passato aveva lavorato a contatto con importanti istituzioni statunitensi, tra cui l’Università del Minnesota e il New York blood center. Le rivelazioni su Yusen Zhou sono frutto del lavoro dell’intelligence statunitense. La scorsa settimana il presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, aveva ordinato ai servizi nuove indagini per stabilire se il Covid sia il frutto dell’ingegneria genetica cinese. A sorpresa, insomma, il presidente democratico ha confermato i sospetti di Donald Trump. A metà dello scorso gennaio, pochi giorni prima di lasciare la casa Bianca, il presidente repubblicano aveva dato mandato al Segretario di Stato, Mike Pompeo, di divulgare le scoperte della Cia e della National security agency. Così Pompeo aveva rivelato che «diversi ricercatori dell’Istituto di virologia di Wuhan» si erano ammalati «nell’autunno 2019, prima del primo caso identificato dell’epidemia, con sintomi compatibili con il Covid-19». Già cinque mesi fa, insomma, nella migliore delle ipotesi s’ipotizzava che l’epidemia fosse insorta a Wuhan non per cause naturali, ma per un’irresponsabile manipolazione genetica condotta nell’Istituto di virologia, poi sfuggita all’esterno per il contagio involontario di uno o più ricercatori. Pompeo aveva però ventilato anche una seconda e più grave ipotesi, e cioè che l’Istituto di Wuhan stesse «lavorando a un’arma biologica» sotto lo stretto controllo delle autorità militari cinesi. All’epoca le rivelazioni di Washington erano state scartate come becera propaganda. Oggi che Biden ha preso il posto di Trump, invece, nessuno si sogna più di contestare le rivelazioni che provengono da Washington. Alla Verità risulta anche che il 26 gennaio 2020, quando ormai il virus (qualunque sia stata la sua origine) era sfuggito di mano, il laboratorio di Wuhan sia stato commissariato da un team di soldati-scienziati guidati dal generale Chen Wei, la virologa a capo dell’Accademia di scienze mediche militari: proprio l’Accademia di cui, caso strano, faceva parte Yusen Zhou, lo scienziato che esattamente un mese dopo avrebbe depositato il primo brevetto per il vaccino contro il Covid.
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)