2020-06-25
Ultimo atto della guerra fra toghe. Il Csm tiene in sospeso Basentini
Franceesco Basentini (Ansa)
L'ex capo del Dap, dimessosi dopo lo scandalo dei boss scarcerati, ha chiesto di rientrare alla Procura di Roma. I colleghi però hanno rinviato la decisione per motivi tecnici, ma in realtà pesa il caso di Nino Di Matteo. Sopita la questione Dap, le grane dell'ex procuratore aggiunto di Potenza che nel 2016 indagò sugli ipotizzati magheggi del Giglio magico con le compagnie petrolifere si spostano al Consiglio superiore della magistratura. Il Plenum ha rimandato il fascicolo di Francesco Basentini (Unicost) alla Terza commissione, quella che si occupa dell'assegnazione di sedi e funzioni delle toghe, con il voto favorevole di Nino Di Matteo (al quale il ministro Alfonso Bonafede preferì proprio Basentini come capo del Dap). L'ex capo del Dap, che si è dimesso dopo le rivolte nelle carceri e le scarcerazioni dei boss causate da una circolare che è stata ribattezzata «Svuota carceri», il 2 maggio aveva chiesto di rientrare in ruolo. Ma a Potenza i posti sono tutti occupati e nell'ultima domanda di trasferimento che aveva avanzato, prima di andare al Dap, aveva indicato la Procura di Roma come sede gradita. Il Plenum, però, ieri mattina, a larga maggioranza, ha deliberato un nuovo vaglio in Commissione, dopo il deposito alla segreteria del Csm di un esposto firmato dal senatore Mario Michele Giarrusso (ex M5s ora nel Gruppo misto) su alcune notizie di stampa che riguardano Basentini e che potrebbero avere dei profili da valutare sotto l'aspetto della compatibilità ambientale con la Procura di Roma. La questione, però, non appare come esclusivamente tecnica. C'è più di un profilo di politica giudiziaria che riconduce Basentini agli scontri tra correnti tra toghe. L'ex capo del Dap è della stessa corrente dello stratega delle nomine Luca Palamara. E a Potenza era diventato molto amico di Leonardo Pucci (che era stato scelto anche come segretario della giunta lucana dell'Anm), attuale vicecapo di gabinetto al ministero della Giustizia. Nelle chat di Palamara viene citato proprio a proposito della sua nomina al Dap e del rapporto con Pucci. Questioni di natura politico-giudiziaria che, come ha disvelato l'inchiesta di Perugia, non sono secondarie rispetto agli equilibri tra correnti della magistratura. Nella nota di Giarrusso (trasmessa dal Comitato di presidenza alla Prima e alla Terza Commissione), citata durante il dibattito in plenum da vari consiglieri, si fa riferimento alla trasmissione di La7 Non è l'arena, che agli approfondimenti su Basentini ha dedicato ben sette puntate. Giarrusso ritiene che ci siano almeno un paio di questioni che potrebbero rientrare nelle competenze della Procura di Roma. La prima riguarda un imprenditore pugliese, Vito Matteo Barozzi, che venne introdotto al Dap da un avvocato ottantenne di Potenza, Raffaele De Bonis (con il quale Basentini avrebbe specificato di non avere un rapporto di frequentazione, ma di incontrarlo al bar del palazzo in cui vive con la moglie e che è lo stesso stabile in cui De Bonis ha il suo studio professionale), per parlare di appalti di edilizia carceraria. Barozzi, nel presentarsi, chiese ragguagli tecnici sul tipo di edilizia gestita dal Dap. Ma Basentini, sentito come persona informata sui fatti dal procuratore di Potenza Francesco Curcio (il verbale, di un paio di pagine, è ancora coperto dal segreto investigativo), avrebbe sostenuto di non essere preparato sugli appalti, ma che l'imprenditore avrebbe potuto parlare con l'ufficio tecnico. L'ex capo del Dap a quel punto chiese all'architetto Ettore Barletta, che segue le procedure di appalto al ministero della Giustizia, di raggiungerlo nel suo ufficio durante il colloquio con il costruttore edile (che in Calabria ha anche qualche grana giudiziaria). A ogni modo, però, Basentini ha precisato che Barozzi non sollecitò un suo interessamento.Ma c'è anche un altro aspetto: Basentini avrebbe ricevuto da un collega, Roberto Rossi, una richiesta di distacco di una agente della polizia penitenziaria. Durante la perquisizione all'avvocato De Bonis saltò fuori una cartellina contenente la lettera del dottor Rossi, il provvedimento firmato da Basentini, una sollecitazione per il distacco scritta a mano e un appunto che gli investigatori di Potenza (che poi arrestarono De Bonis) definiscono un «pizzino». Nello stesso verbale si parla di una richiesta di astensione inviata da Basentini al capo della Procura di Potenza in due procedimenti in cui era indagato un politico renziano (all'epoca con il Pd ora con Italia viva), il cui nome nel verbale è coperto da un «omissis» che scelse l'avvocato De Bonis come difensore. Fissato l'interrogatorio, il renziano si sarebbe presentato quello stesso pomeriggio a Basentini proprio con De Bonis. A quel punto il magistrato avanzò una richiesta di astensione dai procedimenti, ma il procuratore la rigettò. A parte la visita in carcere, in qualità di capo del Dap, al boss Michele Zagaria, Giarrusso le ritiene questioni che potrebbero rientrare nella competenza della Procura di Roma. «Proprio dove Basentini dovrebbe rientrare», afferma. E si chiede: «Tutto questo è opportuno?». Sulla questione Zagaria, spiega Giarrusso, «ho già presentato un'interrogazione, in attesa di risposta, mentre per la vicenda del costruttore è in via di preparazione una specifica interrogazione». Ma al Plenum è bastato l'esposto per valutare come necessario un approfondimento su Basentini. A votare il ritorno della pratica in commissione sono stati in 17, Di Matteo compreso. Sei consiglieri si sono astenuti (il gruppo di Magistratura Indipendente, il primo presidente della Corte di Cassazione Giovanni Mammone, la togata di Unicost Concetta Cochita Grillo e Ilaria Pepe di Autonomia e Indipendenza). Uno solo il voto contrario.