2024-10-03
Ue spaccata sui dazi alle auto cinesi. Confindustria si schiera pro sanzioni
Domani il voto: Germania contraria, mentre Italia, Francia, Grecia e Polonia sono a favore. Madrid in bilico. Emanuele Orsini: «Dobbiamo difendere le nostre filiere». Intanto le vendite dei produttori del Dragone sono in crescita.Il D day è fissato per domani, quando gli Stati membri della Ue dovranno votare se aumentare fino al 45% i dazi sulle importazioni di veicoli elettrici cinesi. L’Europa è come sempre divisa. Secondo le indiscrezioni raccolte dall’agenzia Reuters, infatti, l’Italia insieme con Francia, Grecia e Polonia darà il via libera. In base alle norme Ue, la Commissione può imporre dazi definitivi (rispetto a quelli attualmente in vigore, di carattere provvisorio) per i prossimi cinque anni ma per bloccare il provvedimento basta una maggioranza qualificata, pari a 15 Stati membri in rappresentanza del 65% dei cittadini europei. Francia, Grecia, Italia e Polonia - che sarebbero pronte a votare a favore - rappresentano insieme il 39% della popolazione dell’Unione. Restano le forti resistenze della Germania dove per le case automobilistiche un terzo delle vendite proviene dalla Cina. Il cancelliere tedesco Olaf Scholz chiede che si arrivi a una soluzione attraverso la contrattazione con Pechino. «Naturalmente dobbiamo difendere la nostra economia dalle pratiche di commercio sleale. La reazione come Ue però non deve comportare che danneggiamo noi stessi. Per questo dobbiamo andare avanti con le trattative con la Cina rispetto alle auto elettriche», ha detto ieri. Secondo Scholz se l’Organizzazione mondiale del commercio potesse esercitare la propria giurisdizione per risolvere le controversie, ci sarebbe meno bisogno di dispute tariffarie. Su Berlino va anche considerato il pressing di Bmw che si aggiunge alle fila dei produttori di auto - tra cui Mercedes-Benz e Volkswagen - che non supportano l’applicazione di dazi doganali più onerosi alle importazioni di auto elettriche cinesi, ritenendo che potrebbero scatenare una guerra commerciale a detrimento del settore. L’ad Oliver Zipse ha scritto in una nota che «il governo tedesco dovrebbe assumere una posizione ben chiara». Mezza Europa sarebbe già contro la Germania. Ma gli altri Paesi come si esprimeranno domani? Il ministero dell’Industria e del commercio ceco, pur rifiutandosi di dire come voterà, ha affermato di aver preso sul serio le conclusioni della Commissione sulle «pratiche sleali della Cina» sottolineando anche che Stati Uniti, Canada, Turchia e Brasile avevano già preso provvedimenti. Quanto alla posizione della Spagna, non è chiara dopo che il primo ministro, Pedro Sánchez, ha dichiarato durante la visita in Cina a settembre che la Ue dovrebbe riconsiderare la sua posizione.Nel frattempo, in Italia a far sentire la sua voce sui dazi è stato ieri il presidente di Confindustria, Emanuele Orsini. «Non possiamo non pensare di non incrementare il dazio verso le automobili cinesi» elettriche, ha detto in conferenza stampa a Bruxelles dopo aver incontrato in mattinata il presidente del Parlamento europeo, Roberta Metsola. «La guerra dei dazi tra Cina e Stati Uniti penalizza un Paese esportatore come il nostro, comunque noi dobbiamo difendere le nostre filiere», ha aggiunto. Poi Orsini è tornato sull’impatto delle politiche green. «Non siamo per presupposto contro l’auto elettrica o contro l’auto ibrida. È una questione di tempo. Siamo pronti oggi a una tecnologia totalmente elettrica in tutto il Paese per sostituire 42 milioni di veicoli? Siamo pronti a dare a un prezzo equilibrato ai cittadini italiani per poter cambiare l’auto? No, non abbiamo la tecnologia. Purtroppo abbiamo fatto scelte sbagliate miopi nel passato, ma oggi non siamo pronti. Serve altro tempo per poterci arrivare», ha sottolineato. Aggiungendo di aver chiesto all’Ue «di poter ragionare di nuovo sul Green deal». E ricordando che «su una spinta molto forte di Timmermans», l’ex vicepresidente della Commissione europea responsabile per il Green deal, in passato sono state fatte «scelte sbagliate». Sullo sfondo, cinque dei principali produttori hanno stabilito record di vendite nell’ultimo mese, tra cui il leader mondiale Byd, grazie ai tagli dei prezzi e ai nuovi modelli. Ma in Europa le immatricolazioni di auto elettriche prodotte in Cina sono diminuite di quasi la metà ad agosto rispetto all’anno precedente, anche per l’incertezza sui dazi imposti da Bruxelles. Il Dragone deve fare i conti con una capacità inutilizzata di 3 milioni di veicoli elettrici e ibridi all’anno che non può essere assorbita dal mercato interno. E che quindi va esportata. Per evitare il pagamento dei dazi, alcune case automobilistiche cinesi, come Chery e Xpeng, stanno valutando l’opzione di aprire stabilimenti in Europa. Entro il quarto trimestre del 2024 arriverà nel Vecchio continente anche il primo modello destinato all’Europa di Changan, una delle quattro più grandi case automobilistiche cinesi. Il piano è quello di introdursi nei mercati di Norvegia, Danimarca, Germania e Paesi Bassi, per poi espandersi in Svizzera, Svezia, Finlandia e Regno Unito nel 2025, prima di approdare in Spagna e in Italia nel 2026, e coprire tutti i principali mercati europei entro il 2028.
Il primo ministro del Pakistan Shehbaz Sharif e il principe ereditario saudita Mohammed bin Salman (Getty Images)
Riyadh e Islamabad hanno firmato un patto di difesa reciproca, che include anche la deterrenza nucleare pakistana. L’intesa rafforza la cooperazione militare e ridefinisce gli equilibri regionali dopo l’attacco israeliano a Doha.
Emanuele Orsini e Dario Scannapieco