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2021-01-14
L’Ue impone il segreto sui vaccini. Ma ha fretta di avere quello di Putin
Ursula von der Leyen (T.Monasse/Getty Images)
Da martedì pomeriggio e solo fino a domani, gli europarlamentari possono visionare il contratto firmato da Ursula von der Leyen con Curevac, azienda farmaceutica che non ha ancora ottenuto l'autorizzazione dall'Ema. Per prendere visione del quinto accordo stretto dalla Commissione europea nella fornitura di vaccini (la società tedesca lo scorso novembre si è impegnata a fornire 225 milioni di dosi per conto di tutti gli Stati membri dell'Ue, più altri 180 milioni se necessari), i deputati hanno a disposizione 50 minuti nella «stanza di lettura» della sede della direzione generale Sanità a Bruxelles, aperta per loro solo quattro ore al giorno. Troppo pochi, ha protestato l'eurodeputato belga, Marc Botenga, che è stato tra i primi a poter accedere al documento. «Bisogna prenotarsi per leggere il contratto», spiega Vincenzo Sofo, europarlamentare della Lega. «Non si possono prendere appunti, né chiedere copie. Tanto meno fare fotografie. Fuori dalla sala bisogna lasciare tablet, cellulare e il proprio assistente». Tutto super segretato, una procedura simile «a quella degli accordi commerciali Ttip con gli Stati Uniti», afferma Botenga, ovvero «il contrario della trasparenza».
Quanto al contenuto del documento, gli eurodeputati non potranno rivelarlo perché prima di poter accedere alla lettura devono firmare una dichiarazione di riservatezza. Quindi non ci sarà un controllo pubblico del contratto. «È inaccettabile che la Commissione cerchi di ostacolare in tutti i modi l'accesso alle informazioni persino ai parlamentari», dichiara Sofo. «L'Unione europea si lamenta dello scetticismo dei cittadini nei confronti del vaccino anti Covid, ma questo atteggiamento oscurantista non fa che legittimare le loro inquietudini. Che cosa c'è da nascondere in quei contratti? Forse quelle clausole di deresponsabilizzazione la cui esistenza è stata confermata a denti stretti dalla Commissione nella risposta alla mia interrogazione sulla veridicità dei rumors, fino a quel momento negati, inerenti ad accordi per esentare le big pharma da responsabilità relative a eventuali reazioni avverse?».
Botenga, esponente della Sinistra europea, aveva rivelato che della squadra dei negoziatori della Commissione Ue sui vaccini fa parte anche un esperto in probabile conflitto d'interesse, ovvero Richard Bergström che fino al 2016 era a capo della lobby farmaceutica europea. Oggi l'eurodeputato accusa la Commissione di aver «privatizzato la trasparenza, lasciando decidere alle case farmaceutiche» le modalità di accesso ai contratti, che comunque non conterebbero le informazioni più sensibili. Nella versione a disposizione degli europarlamentari, in effetti mancano le indicazioni del costo del vaccino, dei luoghi di produzione e due clausole sulle responsabilità se il farmaco provocherà effetti collaterali o danni. Dei contratti con Pfizer e Moderna, ancora nulla è dato sapere.
Martedì mattina si è svolta la riunione di Envi, la commissione europea per l'ambiente, la sanità pubblica e la sicurezza alimentare. Molti eurodeputati hanno rivolto precise domande a Sandra Gallina, direttore generale Salute della Commissione, invocando trasparenza nelle contrattazioni sui vaccini fatte con le aziende e delle quali l'italiana a Bruxelles è capo negoziatore. La francese Michèle Rivasi (Verdi) ha chiesto perché la von der Leyen non è riuscita a ottenere che una volta concluso il contratto «le aziende non concedano l'accesso ai documenti». In questo modo, ha aggiunto, i vari Paesi litigano perché non sanno di quante dosi dispongono, mentre «deve essere la Commissione a dare queste informazioni». La Gallina è rimasta nel vago, ha parlato di «prezzo equo» dei vaccini, e che parlare di costi «è importante, visto che si parla dei fondi dei contribuenti. Quello che conta in una situazione di pandemia è la sicurezza, ma anche il prezzo ha la sua importanza», però le sue sono rimaste dichiarazioni di intenti perché le trattative con le aziende farmaceutiche rimangono avvolte dal mistero. La funzionaria ha poi tenuto a precisare: «Noi abbiamo acquistato quanto era necessario. Ogni vaccino va consegnato e ha un suo prezzo».
Si potevano acquistare più vaccini, non era solo un problema di produzione, ma l'Unione europea è stata incapace di garantire dosi sufficienti per sé stessa. Ha firmato contratti con sei aziende, senza sapere i tempi di produzione dei vaccini e delle autorizzazioni dell'Ema. Quindi è a corto di farmaci e i 300 milioni di nuove dosi acquistate da Pfizer Biontech arriveranno solo tra il secondo e il terzo trimestre prossimi. Sarà per questo che Ursula von der Leyen guarda fuori dalla Ue, accordandosi addirittura con Vladimir Putin? Secondo l'agenzia sovietica Tass, l'amministratore delegato del Fondo russo per gli investimenti diretti, Kirill Dmitriev, avrebbe annunciato che la «prima fase» per ottenere l'autorizzazione all'uso del vaccino Sputnik V nell'Unione europea sarà conclusa il 19 gennaio. Tra pochi giorni sarà terminata la revisione scientifica e nella corsa ai vaccini forse non è più «importantissimo essere uniti» ed europeisti.
Una corsa efficiente ma non efficace
Sono 800.730 gli italiani finora vaccinati contro il Covid, secondo l'aggiornamento fornito ieri mattina dal Commissario per l'emergenza, Domenico Arcuri. Negli ultimi due giorni sono state consegnate altre 488.475 dosi di vaccino e così il totale di quelle disponibili dall'inizio della campagna sale a 1.406.925, il 55,5% delle quali è già stata iniettata. La Campania al momento ha il più alto tasso di vaccini somministrati (77,7%) e la Lombardia è l'unica Regione a superare quota 100.000 dosi inoculate (101.358 su 234.645 ricevute pari al 43,2%) ma senza l'arrivo di nuovi dosi dal governo domenica la macchina sarà costretta a fermarsi, avverte il presidente della commissione Sanità al Pirellone, Emanuele Monti. Anche perché la Regione sta rispettando le indicazioni arrivate da Roma di tenere di scorta il 30% dei vaccini non erogati. Ieri la tedesca Welt ha dedicato un articolo al primato dell'Italia, in Europa, nella campagna dei vaccini anti Covid, parlando di un risultato «sorprendente» ma spiegando anche che il vantaggio competitivo potrebbe però risiedere nel fatto che il piano nazionale prevede di vaccinare prima il personale sanitario, già presente in strutture adeguate a ricevere il vaccino. Se andiamo a vedere le fasce anagrafiche leggiamo infatti che in questa prima fase della campagna sono stati vaccinati 625.861 operatori sociosanitari, 116.236 appartenenti a personale non sanitario e «solo» 58.633 ospiti delle residenze sanitarie assistite che comprendono anche le comunità per minori, disabili, le case famiglia, gli ex manicomi eccetera (infatti, se andiamo a vedere le fasce anagrafiche nella categoria ospiti Rsa risultano ai dati di ieri vaccinate anche 56 persone tra i 16 e il 19 anni e 343 tra i 20-29).
Cosa dimostrano questi numeri? Che efficienza non vuol dire efficacia. I target di vaccinandi non sono generici, almeno fino a settembre. Ci sono liste di priorità approvate dal Parlamento da rispettare, benché non esistano sanzioni previste per legge. L'efficienza misura il rapporto tra risultati ottenuti e mezzi utilizzati. L'efficacia invece è la percentuale di un obiettivo che si deve raggiungere, in questo caso un target di popolazione prefissato: vanno vaccinati 1000 anziani? Se ne riesco a vaccinare 50 sono stato meno efficace di chi ne ha vaccinati 500. Non è efficace chi finisce prima le fiale vaccinando le mogli dei dottori, politici locali e qualche fortunato dell'ultimo minuto. Non solo. Fare numeri record di dosi negli ospedali, vaccinando a manetta, è più semplice. Mentre nelle Rsa si va più piano perché logisticamente è più difficile gestire la somministrazione. Nelle residenze ci si deve andare, non portare solo il vaccino ma anche il vaccinatore. Servono unità mobili attrezzate.
Ieri il ministro della Salute, Roberto Speranza, ha detto che le prime tappe della campagna di vaccinazione sono chiare: prima il personale sanitario, le Rsa e le persone dagli 80 anni in su. «Aver scelto questa priorità rappresenta un tratto di umanità e civiltà profondamente giusto». Ma un conto è la narrazione, un altro l'organizzazione. Sarà che al governo la gara delle percentuali piace eccome, anche per poter vantare il primato in Europa, tanto che per il primo lotto di Moderna si starebbe infatti valutando l'ipotesi di dare la precedenza alle Regioni che in questa fase riescono a smaltire più rapidamente le fiale. Insomma, a quelle che le finiscono prima. Con qualche governatore che vorrebbe usare le riserve della seconda puntura per tornare in testa alla classifica. Proprio ieri il Comitato scientifico per la sorveglianza dei vaccini dell'Agenzia italiana del farmaco ha precisato che «ritiene necessario attenersi alle correnti indicazioni di somministrazione di due dosi per i vaccini finora approvati» in quanto «non sappiamo quanto si prolunghi l'immunità dopo una prima dose. Una popolazione vaccinata con una sola dose vede il suo rischio di ammalarsi di Covid soltanto dimezzato».
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Bluff trasparenza: gli eurodeputati posso visionare solo un contratto (quello con Curevac), senza prendere appunti e senza poter divulgare i dettagli. Intanto Bruxelles accelera le procedure per l'ok al «cattivo» Sputnik.Sono 800.730 gli italiani finora vaccinati, ma la fretta a finire le fiale e fare record di dosi negli ospedali è un primato inutile. Un esempio? La distribuzione nelle Rsa.Lo speciale contiene due articoli.Da martedì pomeriggio e solo fino a domani, gli europarlamentari possono visionare il contratto firmato da Ursula von der Leyen con Curevac, azienda farmaceutica che non ha ancora ottenuto l'autorizzazione dall'Ema. Per prendere visione del quinto accordo stretto dalla Commissione europea nella fornitura di vaccini (la società tedesca lo scorso novembre si è impegnata a fornire 225 milioni di dosi per conto di tutti gli Stati membri dell'Ue, più altri 180 milioni se necessari), i deputati hanno a disposizione 50 minuti nella «stanza di lettura» della sede della direzione generale Sanità a Bruxelles, aperta per loro solo quattro ore al giorno. Troppo pochi, ha protestato l'eurodeputato belga, Marc Botenga, che è stato tra i primi a poter accedere al documento. «Bisogna prenotarsi per leggere il contratto», spiega Vincenzo Sofo, europarlamentare della Lega. «Non si possono prendere appunti, né chiedere copie. Tanto meno fare fotografie. Fuori dalla sala bisogna lasciare tablet, cellulare e il proprio assistente». Tutto super segretato, una procedura simile «a quella degli accordi commerciali Ttip con gli Stati Uniti», afferma Botenga, ovvero «il contrario della trasparenza». Quanto al contenuto del documento, gli eurodeputati non potranno rivelarlo perché prima di poter accedere alla lettura devono firmare una dichiarazione di riservatezza. Quindi non ci sarà un controllo pubblico del contratto. «È inaccettabile che la Commissione cerchi di ostacolare in tutti i modi l'accesso alle informazioni persino ai parlamentari», dichiara Sofo. «L'Unione europea si lamenta dello scetticismo dei cittadini nei confronti del vaccino anti Covid, ma questo atteggiamento oscurantista non fa che legittimare le loro inquietudini. Che cosa c'è da nascondere in quei contratti? Forse quelle clausole di deresponsabilizzazione la cui esistenza è stata confermata a denti stretti dalla Commissione nella risposta alla mia interrogazione sulla veridicità dei rumors, fino a quel momento negati, inerenti ad accordi per esentare le big pharma da responsabilità relative a eventuali reazioni avverse?». Botenga, esponente della Sinistra europea, aveva rivelato che della squadra dei negoziatori della Commissione Ue sui vaccini fa parte anche un esperto in probabile conflitto d'interesse, ovvero Richard Bergström che fino al 2016 era a capo della lobby farmaceutica europea. Oggi l'eurodeputato accusa la Commissione di aver «privatizzato la trasparenza, lasciando decidere alle case farmaceutiche» le modalità di accesso ai contratti, che comunque non conterebbero le informazioni più sensibili. Nella versione a disposizione degli europarlamentari, in effetti mancano le indicazioni del costo del vaccino, dei luoghi di produzione e due clausole sulle responsabilità se il farmaco provocherà effetti collaterali o danni. Dei contratti con Pfizer e Moderna, ancora nulla è dato sapere. Martedì mattina si è svolta la riunione di Envi, la commissione europea per l'ambiente, la sanità pubblica e la sicurezza alimentare. Molti eurodeputati hanno rivolto precise domande a Sandra Gallina, direttore generale Salute della Commissione, invocando trasparenza nelle contrattazioni sui vaccini fatte con le aziende e delle quali l'italiana a Bruxelles è capo negoziatore. La francese Michèle Rivasi (Verdi) ha chiesto perché la von der Leyen non è riuscita a ottenere che una volta concluso il contratto «le aziende non concedano l'accesso ai documenti». In questo modo, ha aggiunto, i vari Paesi litigano perché non sanno di quante dosi dispongono, mentre «deve essere la Commissione a dare queste informazioni». La Gallina è rimasta nel vago, ha parlato di «prezzo equo» dei vaccini, e che parlare di costi «è importante, visto che si parla dei fondi dei contribuenti. Quello che conta in una situazione di pandemia è la sicurezza, ma anche il prezzo ha la sua importanza», però le sue sono rimaste dichiarazioni di intenti perché le trattative con le aziende farmaceutiche rimangono avvolte dal mistero. La funzionaria ha poi tenuto a precisare: «Noi abbiamo acquistato quanto era necessario. Ogni vaccino va consegnato e ha un suo prezzo». Si potevano acquistare più vaccini, non era solo un problema di produzione, ma l'Unione europea è stata incapace di garantire dosi sufficienti per sé stessa. Ha firmato contratti con sei aziende, senza sapere i tempi di produzione dei vaccini e delle autorizzazioni dell'Ema. Quindi è a corto di farmaci e i 300 milioni di nuove dosi acquistate da Pfizer Biontech arriveranno solo tra il secondo e il terzo trimestre prossimi. Sarà per questo che Ursula von der Leyen guarda fuori dalla Ue, accordandosi addirittura con Vladimir Putin? Secondo l'agenzia sovietica Tass, l'amministratore delegato del Fondo russo per gli investimenti diretti, Kirill Dmitriev, avrebbe annunciato che la «prima fase» per ottenere l'autorizzazione all'uso del vaccino Sputnik V nell'Unione europea sarà conclusa il 19 gennaio. Tra pochi giorni sarà terminata la revisione scientifica e nella corsa ai vaccini forse non è più «importantissimo essere uniti» ed europeisti.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/ue-segreto-vaccini-fretta-putin-2649931669.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="una-corsa-efficiente-ma-non-efficace" data-post-id="2649931669" data-published-at="1610581967" data-use-pagination="False"> Una corsa efficiente ma non efficace Sono 800.730 gli italiani finora vaccinati contro il Covid, secondo l'aggiornamento fornito ieri mattina dal Commissario per l'emergenza, Domenico Arcuri. Negli ultimi due giorni sono state consegnate altre 488.475 dosi di vaccino e così il totale di quelle disponibili dall'inizio della campagna sale a 1.406.925, il 55,5% delle quali è già stata iniettata. La Campania al momento ha il più alto tasso di vaccini somministrati (77,7%) e la Lombardia è l'unica Regione a superare quota 100.000 dosi inoculate (101.358 su 234.645 ricevute pari al 43,2%) ma senza l'arrivo di nuovi dosi dal governo domenica la macchina sarà costretta a fermarsi, avverte il presidente della commissione Sanità al Pirellone, Emanuele Monti. Anche perché la Regione sta rispettando le indicazioni arrivate da Roma di tenere di scorta il 30% dei vaccini non erogati. Ieri la tedesca Welt ha dedicato un articolo al primato dell'Italia, in Europa, nella campagna dei vaccini anti Covid, parlando di un risultato «sorprendente» ma spiegando anche che il vantaggio competitivo potrebbe però risiedere nel fatto che il piano nazionale prevede di vaccinare prima il personale sanitario, già presente in strutture adeguate a ricevere il vaccino. Se andiamo a vedere le fasce anagrafiche leggiamo infatti che in questa prima fase della campagna sono stati vaccinati 625.861 operatori sociosanitari, 116.236 appartenenti a personale non sanitario e «solo» 58.633 ospiti delle residenze sanitarie assistite che comprendono anche le comunità per minori, disabili, le case famiglia, gli ex manicomi eccetera (infatti, se andiamo a vedere le fasce anagrafiche nella categoria ospiti Rsa risultano ai dati di ieri vaccinate anche 56 persone tra i 16 e il 19 anni e 343 tra i 20-29).Cosa dimostrano questi numeri? Che efficienza non vuol dire efficacia. I target di vaccinandi non sono generici, almeno fino a settembre. Ci sono liste di priorità approvate dal Parlamento da rispettare, benché non esistano sanzioni previste per legge. L'efficienza misura il rapporto tra risultati ottenuti e mezzi utilizzati. L'efficacia invece è la percentuale di un obiettivo che si deve raggiungere, in questo caso un target di popolazione prefissato: vanno vaccinati 1000 anziani? Se ne riesco a vaccinare 50 sono stato meno efficace di chi ne ha vaccinati 500. Non è efficace chi finisce prima le fiale vaccinando le mogli dei dottori, politici locali e qualche fortunato dell'ultimo minuto. Non solo. Fare numeri record di dosi negli ospedali, vaccinando a manetta, è più semplice. Mentre nelle Rsa si va più piano perché logisticamente è più difficile gestire la somministrazione. Nelle residenze ci si deve andare, non portare solo il vaccino ma anche il vaccinatore. Servono unità mobili attrezzate.Ieri il ministro della Salute, Roberto Speranza, ha detto che le prime tappe della campagna di vaccinazione sono chiare: prima il personale sanitario, le Rsa e le persone dagli 80 anni in su. «Aver scelto questa priorità rappresenta un tratto di umanità e civiltà profondamente giusto». Ma un conto è la narrazione, un altro l'organizzazione. Sarà che al governo la gara delle percentuali piace eccome, anche per poter vantare il primato in Europa, tanto che per il primo lotto di Moderna si starebbe infatti valutando l'ipotesi di dare la precedenza alle Regioni che in questa fase riescono a smaltire più rapidamente le fiale. Insomma, a quelle che le finiscono prima. Con qualche governatore che vorrebbe usare le riserve della seconda puntura per tornare in testa alla classifica. Proprio ieri il Comitato scientifico per la sorveglianza dei vaccini dell'Agenzia italiana del farmaco ha precisato che «ritiene necessario attenersi alle correnti indicazioni di somministrazione di due dosi per i vaccini finora approvati» in quanto «non sappiamo quanto si prolunghi l'immunità dopo una prima dose. Una popolazione vaccinata con una sola dose vede il suo rischio di ammalarsi di Covid soltanto dimezzato».
Monterosa ski
Dopo un’estate da record, con presenze in crescita del 2% e incassi saliti del 3%, il sipario si alza ora su Monterosa Ski. In scena uno dei comprensori più autentici dell’arco alpino, da vivere fino al 19 aprile (neve permettendo) con e senza gli sci ai piedi, tra discese impeccabili, panorami che tolgono il fiato e quella calda accoglienza che da sempre distingue questo spicchio di territorio che si muove tra Valle d’Aosta e Piemonte, abbracciando le valli di Ayas e Gressoney e la Valsesia.
Protagoniste assolute dell’inverno al via, le novità.
A Gressoney-Saint-Jean il baby snow park Sonne è fresco di rinnovo e pronto ad accogliere i piccoli sciatori con aree gioco più ampie, un nuovo tapis roulant per prolungare il divertimento delle discese su sci, slittini e gommoni, e una serie di percorsi con gonfiabili a tema Walser per celebrare le tradizioni della valle. Poco più in alto, a Gressoney-La-Trinité, vede la luce la nuova pista di slittino Murmeltier, progetto ambizioso che ruota attorno a 550 metri di discesa serviti dalla seggiovia Moos, illuminazione notturna, innevamento garantito e la possibilità di scivolare anche sotto le stelle, ogni mercoledì e sabato sera.
Da questa stagione, poi, entra pienamente in funzione la tecnologia bluetooth low energy, che consente di usare lo skipass digitale dallo smartphone, senza passare dalla biglietteria. Basta tenerlo in tasca per accedere agli impianti, riducendo così plastica e attese e promuovendo una montagna più smart e sostenibile, dove la tecnologia è al servizio dell’esperienza.
Sul fronte di costi e promozioni, fioccano agevolazioni e formule pensate per andare incontro a tutte le tasche e per far fronte alle imprevedibili condizioni meteorologiche. A partire da sci gratuito per bambini sotto gli otto anni, a sconti del 30 e del 20 per cento rispettivamente per i ragazzi tra gli 8 e i 16 anni e i giovani tra i 16 e i 24 anni , per arrivare a voucher multiuso per i rimborsi skipass in caso di chiusura degli impianti . «Siamo più che soddisfatti di poter ribadire la solidità di una destinazione che sta affrontando le sfide di questi anni con lungimiranza. Su tutte, l’imprevedibilità delle condizioni meteo che ci condiziona in modo determinante e ci spinge a migliorare le performance delle infrastrutture e delle modalità di rimborso, come nel caso dei voucher», dice Giorgio Munari, amministratore delegato di Monterosa Spa.
Introdotti con successo l’inverno scorso, i voucher permettono ai titolari di skipass giornalieri o plurigiornalieri, in caso di chiusure parziali o totali del comprensorio, di avere crediti spendibili in acquisti non solo di nuovi skipass e biglietti per impianti, ma anche in attività e shopping presso partner d’eccellenza, che vanno dal Forte di Bard alle Terme di Champoluc, fino all’avveniristica Skyway Monte Bianco, passando per ristoranti di charme e botteghe artigiane.
Altra grande novità della stagione, questa volta dal respiro internazionale, l’ingresso di Monterosa Ski nel circuito Ikon pass, piattaforma americana che raccoglie oltre 60 destinazioni sciistiche nel mondo.
«Non si tratta solo di un’inclusione simbolica», commenta Munari, «ma di entrare concretamente nei radar di sciatori di Stati Uniti, Canada, Giappone o Australia che, già abituati a muoversi tra mete sciistiche di fama mondiale, avranno ora la possibilità di scoprire anche il nostro comprensorio». Comprensorio che ha tanto da offrire.
Sotto lo sguardo dei maestosi 4.000 del Rosa, sfilano discese sfidanti anche per i più esperti sul carosello principale Monterosa Ski 3 Valli - 29 impianti per 52 piste fino a 2.971 metri di quota - e percorsi più soft, adatti a principianti e bambini, nella ski area satellite di Antagnod, Brusson, Gressoney-Saint-Jean, Champorcher e Alpe di Mera; fuoripista da urlo nel regno imbiancato di Monterosa freeride paradise e tracciati di sci alpinismo d’eccezione - Monterosa Ski è il primo comprensorio di sci alpinismo in Italia. Il tutto accompagnato da panorami e paesaggi strepitosi e da un’accoglienza made in Italy che conquista a colpi di stile e atmosfere genuine. Info: www.monterosaski.eu.
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Dal foyer della Prima domina il nero scelto da vip e istituzioni. Tra abiti couture, la presenza di Pierfrancesco Favino, Mahmood, Achille Lauro e Barbara Berlusconi - appena nominata nel cda - spiccano le assenze ufficiali. Record d’incassi per Šostakovič.
Non c’è dubbio che un’opera dirompente e sensuale, che vede tradimenti e assassinii, censurata per la sua audacia e celebrata per la sua altissima qualità musicale come Una Lady Macbeth del distretto di Mcensk di Dmítrij Šostakóvič, abbia influenzato la scelta di stile delle signore presenti.
«Quando preparo gli abiti delle mie clienti per la Prima della Scala, tengo sempre conto del tema dell’opera», spiega Lella Curiel, sessanta prime al suo attivo e stilista per antonomasia della serata più importante del Piermarini. Così ogni volta la Prima diventa un grande esperimento sociale, di eleganza ma anche di mise inopportune. Da sempre, la platea ingioiellata e in smoking, si divide tra chi è qui per la musica e chi per mostrarsi mentre finge di essere qui intendendosene. Sul piazzale, lo show comincia ben prima del do di petto. Le signore scendono dalle auto con la stessa espressione di chi affronta un red carpet improvvisato: un occhio al gradino e uno ai fotografi. Sono tiratissime, ma anche i loro accompagnatori non sono da meno, alcuni dei quali con abiti talmente aderenti che sembrano più un atto di fede che un capo sartoriale.
È il festival del «chi c’è», «chi manca» ma tutti partecipano con disinvoltura allo spettacolo parallelo: quello dei saluti affettuosi, che durano esattamente il tempo di contare quanti carati ha l’altro. Mancano sì il presidente della Repubblica e il presidente del Consiglio, il presidente del Senato e il presidente della Camera ma gli aficionados della Prima, e anche tanti altri, ci sono tutti visto che è stato raggiunto il record di biglietti venduti, quasi 3 milioni di euro d’incasso.
Sul palco d'onore, con il sindaco Beppe Sala e Chiara Bazoli (in nero Armani rischiarato da un corpetto in paillettes), il ministro della Cultura Alessandro Giuli, l’applaudita senatrice a vita Liliana Segre, il presidente di Regione Lombardia, Attilio Fontana accompagnato dalla figlia Cristina (elegantissima in nero di Dior), il presidente della Corte Costituzionale Giovanni Amoroso, i vicepresidenti di Camera e Senato Anna Ascani e Gian Marco Centinaio e il prefetto di Milano Claudio Sgaraglia. Nero imperante, quindi, nero di pizzo, di velluto, di chiffon ma sempre nero. Con un tocco di rosso come per l’abito di Maria Grazia compagna di Giuseppe Marotta («è un vestito di sartoria, non è firmato da nessun stilista»), con dettagli verdi scelti da Diana Bracco («sono molto rigorosa»). Tutto nero l’abito/cappotto di Andrée Ruth Shammah («metto sempre questo per la Prima con i gioielli colorati di mia mamma»). E così quello di Fabiana Giacomotti molto scollato sulla schiena («è di Balenciaga, l’ultima collezione di Demna»).
Ma esce dal coro Barbara Berlusconi, la più fotografata, in un prezioso abito di Armani dalle varie sfumature, dall’argento al rosso al blu («ho scelto questo abito che avevo già indossato per celebrarlo»), accompagnata da Lorenzo Guerrieri. Fresca di nomina nel cda della Scala (voluta da Fontana), si è soffermata con i giornalisti. «La scelta di Šostakovič - afferma - conferma che la Scala non è solo un luogo di memoria: è anche un teatro che ha il coraggio di proporre opere che fanno pensare, che interrogano il pubblico, lo sfidano, e che raccontano la complessità del nostro tempo. La Lady è un titolo "ruvido", forte, volutamente impegnativo, che non cerca il consenso facile. È un'opera intensa, profonda, scomoda, ma anche attualissima per i temi che propone». E aggiunge: «Mio padre amava l'opera e ho avuto il piacere di accompagnarlo parecchi anni fa a una Prima. Questo ruolo nel cda l'ho preso con grande impegno per aiutare la Scala a proseguire nel suo straordinario lavoro». Altra componente del cda, Melania Rizzoli, in nero vintage dell’amica Chiara Boni, arrivata con il figlio Alberto Rizzoli. In nero Ivana Jelinic, ad di Enit, agenzia nazionale del Turismo. In blu firmato Antonio Riva, Giulia Crespi moglie di Angelo, direttore della Pinacoteca di Brera. In beige Ilaria Borletti Buitoni con un completo confezionato dalla sarta su un suo disegno. Letteralmente accerchiati da giornalisti, fotografi e telecamere Pierfrancesco Favino con la moglie Anna Ferzetti, Mahmood in Versace («mi sento regale») e Achille Lauro che dice quanto sia importante che l’opera arrivi ai giovani. Debutto lirico per Giorgio Pasotti mentre è una conferma per Giovanna Salza in Armani e ospite abituale è l’artista Francesco Vezzoli.
Poi, in 500, alla cena di gala firmata dallo chef 2 stelle Michelin nella storica Società del Giardino Davide Oldani. E così la Prima resta quel miracolo annuale in cui tutti, almeno per una sera, riescono a essere la versione più scintillante (e leggermente autoironica) di sé stessi.
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Guido Guidesi (Imagoeconomica)
Le Zis si propongono come aree geografiche o distretti tematici in cui imprese, startup e centri di ricerca possano operare in sinergia per stimolare l’innovazione, generare nuova occupazione qualificata, attrarre capitali, formare competenze avanzate e trattenere talenti. Nelle intenzioni della Regione, le nuove zone dovranno funzionare come poli stabili, riconosciuti e specializzati, ciascuno legato alle vocazioni produttive del proprio territorio. I progetti potranno riguardare settori differenti: manifattura avanzata, digitalizzazione, life science, agritech, energia, materiali innovativi, cultura tecnologica e altre filiere considerate strategiche.
La procedura di attivazione delle Zis è così articolata. La Fase 1, tramite manifestazione di interesse, permette ai soggetti coinvolti di presentare un Masterplan, documento preliminare in cui vengono indicati settore di specializzazione, composizione del partenariato, governance, spazi disponibili o da realizzare, laboratori, servizi tecnologici e prospetto di sostenibilità. La proposta dovrà inoltre includere la lettera di endorsement della Provincia competente. Ogni Provincia potrà ospitare fino a due Zis, senza limiti invece per le candidature interprovinciali. La dotazione economica disponibile per questa fase è pari a 1 milione di euro: il contributo regionale finanzia fino al 50% delle spese di consulenza per la stesura dei documenti necessari alla Fase 2, fino a un massimo di 100.000 euro per progetto.
La Fase 2 è riservata ai progetti ammessi dopo la valutazione iniziale. Con l’accompagnamento della Regione, i proponenti elaboreranno il Piano strategico definitivo, che dovrà disegnare una visione a lungo termine con orizzonte al 2050. Il programma di sviluppo indicherà le azioni operative: attrazione di nuove imprese e startup innovative, apertura o potenziamento di laboratori, creazione di infrastrutture digitali, percorsi formativi ad alta specializzazione, incubatori e servizi condivisi. Sarà inoltre definito un modello economico sostenibile e un sistema di monitoraggio basato su indicatori misurabili per valutare impatti occupazionali, tecnologici e competitivi.
I soggetti autorizzati alla presentazione delle candidature sono raggruppamenti pubblico-privati con imprese o startup come capofila. Possono partecipare enti pubblici, Comuni, Province, camere di commercio, università, centri di ricerca, enti formativi, fondazioni, associazioni e organizzazioni del terzo settore. Regione Lombardia avrà il ruolo di coordinatore e facilitatore. All’interno della direzione generale sviluppo economico sarà istituita una struttura dedicata al supporto dei territori: un presidio tecnico incaricato di orientare, assistere e valorizzare le progettualità, monitorando l’attuazione e la coerenza con gli obiettivi strategici.
Nel corso della presentazione istituzionale, l’assessore allo Sviluppo economico, Guido Guidesi, ha dichiarato: «Cambiamo per innovare. Le Zis saranno il connettore dei valori aggiunti di cui già disponiamo e che metteremo a sistema, ecosistemi settoriali che innovano in squadra tra aziende, ricerca, formazione, istituzioni e credito. Guardiamo al futuro difendendo il nostro sistema produttivo con l’obiettivo di consegnare opportunità ai giovani». Da Confindustria Lombardia è arrivata una valutazione positiva. Il presidente Giuseppe Pasini ha affermato: «Attraverso le Zis si intensifica il lavoro a favore delle imprese e dei territori. Apprezziamo la capacità di visione e la volontà di puntare sui giovani».
Ogni territorio svilupperà la propria specializzazione, puntando su filiere già forti o sulla creazione di nuovi segmenti tecnologici. Il percorso non prevede limiti settoriali ma richiede sostenibilità economica e capacità di generare ricadute occupazionali misurabili.
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