
Ursula von der Leyen, da luglio sullo scranno europeo più alto, è nella bufera in Germania per 155 milioni spesi in consulenze dal suo ministero in soli sei mesi. Una cifra pari a quella di tutti i dicasteri messi assieme.Si infittisce il mistero sulle spese pazze al Bundeswehr, il dicastero della Difesa tedesco guidato fino a qualche settimana fa da Ursula von der Leyen, eletta a luglio presidente della Commissione europea grazie a una manciata di voti «regalati» dagli eurodeputati grillini. Per sapere a quanto ammontano nei primi sei mesi gli esborsi della macchina ministeriale destinati alle consulenze esterne c'è voluta un'interrogazione parlamentare da parte di Mattias Höhn, deputato del partito di sinistra radicale Die Linke. Proprio ieri gli uffici competenti hanno reso noto che tra gennaio e giugno del 2019 le uscite per questa voce di bilancio del dipartimento capitanato dalla von der Leyen sono state pari a 155 milioni di euro, una cifra quasi pari a quella spesa da tutti gli altri ministeri messi assieme (178 milioni). Tanto per fare un confronto, il ministero degli Interni ha destinato alle consulenze 78,7 milioni, quello dei Trasporti 47,7 milioni, mentre l'Istruzione appena 293.000 euro.La risposta ufficiale si è fatta attendere: gli altri dipartimenti infatti avevano comunicato i dati richiesti da Höhn già due settimane fa. Un'esitazione che ha creato più di un imbarazzo nell'opinione pubblica tedesca. Per cercare di difendersi dalle critiche, il sottosegretario Thomas Silbehorn si è giustificato spiegando che la cifra è lievitata per vie dell'imponente processo di digitalizzazione dell'apparato. Dai numeri si evince infatti che, sull'intero importo, ben 109 milioni sono stati destinati a consulenza fornite dalla Bwi, la società in house che si occupa di fornire e gestire l'infrastruttura informatica del Bundeswehr. Oggi partecipata totalmente dallo Stato, fino al 2016 la Bwi annoverava tra i suoi azionisti Siemens e Ibm. Secondo le dichiarazioni fornite dalla stessa azienda alla stampa locale, in realtà solo 7 milioni risulterebbero effettivamente destinati alle consulenze, mentre tutto il resto è servito per servizi di supporto erogati da fornitori esterni, quale l'installazione di software, logistica, supporto ai progetti e hardware. Considerato che Bwi gestisce un parco macchine di circa 150.000 personal computer e circa 300.000 connessioni telefoniche, un costo così elevato potrebbe essere in effetti giudicato congruo. Ma al netto delle spese per l'information technology in senso stretto, rimangono comunque 53 milioni di euro sborsati in consulenze nel giro di un semestre. Qua la tanto sbandierata trasparenza tedesca va a farsi benedire. Paragonare i conti pazzi rivelati oggi con le spese del passato è impossibile, in quanto in precedenza questo tipo di dati non erano mai stati rivelati. Come se non bastasse, a incrementare la confusione si aggiunge il fatto che non esiste sul piano normativo una definizione univoca che consenta di identificare i servizi di consulenza e supporto, rendendo impraticabile il confronto tra i vari ministeri.La vicenda delle consulenze multimilionarie agita le acque della politica tedesca per due differenti motivi, entrambi in realtà molto più politici che tecnici. Il primo è relativo all'opportunità di spendere tutti questi soldi quando i 14 ministeri tedeschi impiegano al loro interno la bellezza di 20.000 impiegati. Che bisogno c'è, si chiedono i detrattori, di tenere in piedi questo enorme e costosissimo baraccone di advisor? La seconda ragione si inserisce in quadro più ampio, e riguarda la criticatissima gestione del ministero da parte di Ursula von der Leyen prima di approdare allo scranno più alto di Bruxelles. Prima ancora che venisse eletta, l'ex ministro della Difesa Rupert Scholz (titolare del dicastero sotto Helmut Kohl) denunciava lo stato catastrofico nel quale versa tutt'oggi il Bundeswehr. Poco personale, attrezzature inadeguate e apparecchiature non al passo con i tempi, formazione delle truppe ridotta all'osso, questi i principali problemi. E poi quelle consulenze sospette, concesse frettolosamente e senza troppi controlli. Nel 2018 la Corte dei conti tedesca rilevava che dei 100 milioni spesi nel 2015, solo 2,2 risultavano giustificati. L'anno dopo, appena 2,9 milioni sui 150 sborsati effettivamente. Peggio ancora, analizzando un campione di contratti sottoscritti, solo una minima parte di questi dettagliava la motivazione del servizio fornito. Chiamato a rispondere in Parlamento, il ministro ha ammesso che sono stati commessi «errori» sugli affidamenti, ma in buona fede e legati alla necessità di modernizzare il ministero. L'inchiesta per chiarire la gestione del ministero negli ultimi anni è ancora in corso, e i cittadini tedeschi aspettano di sapere la verità sulla vicenda.Nel frattempo, da lunedì Ursula von der Leyen ha dato il via ai primi colloqui conoscitivi per incontrare i candidati commissari. Secondo quanto riportano le agenzie di stampa, nei prossimi giorni il presidente dovrebbe incontrare Jutta Urpilainen (ex ministro delle Finanze finlandese), il greco Margaritis Schinas (ex portavoce della Commissione), Helena Dalli (ex ministro maltese per gli Affari europei) e la parlamentare cipriota Stella Kyriakides. La deadline per comunicare il nome del candidato è fissata al 26 agosto (per l'Italia i nomi più quotati sono quelli di Gian Marco Centinaio, Massimo Garavaglia e Giulia Bongiorno). Ognuno dei futuri commissari dovrà quindi passare al vaglio del Parlamento europeo per la verifica delle competenze, prima di entrare pienamente in carica a partire dal 1° novembre.
Alberto Nagel (Ansa)
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