2023-04-12
L’Ue impone bottiglie scadenti ai vini di pregio
Se passa l’obbligo al riuso degli imballaggi saranno vietati i vetri spessi. A discapito dei nostri migliori rossi.Inutile girarci attorno Frans Timmermans, vicepresidente esecutivo della Commissione europea con delega al Green deal al Farm to Fork, la declinazione agroalimentare del programma verde, ha deciso che l’agricoltura in Europa è incompatibile con l’ambiente. L’ultima trovata è la bottiglia comunista: riusabile e uguale per tutti. La dichiarazione di guerra a stalle e campi è stata pronunciata da Maria Pilar Aguar Fernandez che a Bruxelles è a capo della direzione generale per la salute e la sicurezza alimentare che ha sancito: «Il sistema produttivo agricolo e agroalimentare europeo non è più sostenibile né da un punto di vista economico e sociale, né sotto una prospettiva ambientale». Da questa affermazione – non supportata da alcun dato scientifico – discendono una serie di provvedimenti che la Commissione ha spedito al Parlamento europeo e che aspettano di diventare legge. Due in particolare agitano il settore agroalimentare: la direttiva sulla diminuzione dei pesticidi e quella sugli imballaggi. Il danno per le produzioni di pregio è altissimo e riguarda in larghissima misura l’Italia. Spariscono le magnum per il vino, sarà impossibile fare spumanti rifermentati in bottiglia, i rossi di maggiore blasone che hanno bisogno di lungo affinamento e di bottiglie adeguate che spesso vengono collezionate non si sa dove metterli. Facendo un po’ di conti per l’Italia gli spumanti valgono un miliardo di bottiglie 2,8 miliardi di fatturato di cui 2 dall’export (metà circa viene da spumanti metodo classico rifermentati in bottiglia) il mercato dei rossi importanti vale più o meno 6 miliardi di cui il 70% dall’export. A dare l’allarme sono stati per primi i produttori ortofrutticoli – sono sotto schiaffo anche per la direttiva sui fitofarmaci - che si vedono costretti a non imballare più in confezioni sotto i 20 chili, il che significa non sapere come spedire la merce alla grande distribuzione. Ora però la norma sugli imballaggi, sarà operativa entro il 20230, toglie il sonno ai produttori di vini di altissimo pregio. Micaela Pallini – presidente di Federvini – al recente Vinitaly di Verona ha denunciato: «L’omologazione degli imballaggi, così come la priorità assegnata al riuso piuttosto che al riciclo, i tassi di obbligatori di riciclo, gli obiettivi di riutilizzo e i divieti di produzione di alcune tipologie di imballi rischiano di minare le principali filiere produttive italiane». Vittorio Cino, direttore di Federvini, aggiunge: «La direttiva europea fa sparire le magnum e tutti i formati particolari: si avrà una sola bottiglia per tutto il vino. Produzioni come il Verdicchio con l’Anfora, il Chianti col fiasco non avranno più segni distintivi. C’è il tema degli spumanti che nelle bottiglie leggere non possono essere rifermentati, c’è il tema importantissimo dei vini dal lungo affinamento che hanno necessitò di contenitori non standardizzai e sparirà anche il vetro bianco, si va verso un’omologazione che contrasta con l’immagine, ma anche con la qualità del vino». Ma a Bruxelles sembra non importare che Barolo, Brunello, Amarone piuttosto che i Bordeaux o i Borgogna non abbiano più una loro confezione. Pretendono che le cantine ritirino i vetri, li lavino, li sterilizzino e li riusino. «Ci chiedono l’impossibile – fa notare il presidente di Confagricoltura Massimiliano Giansanti - l’impatto sarebbe devastante, andando a ricadere direttamente su 700.000 imprese». Al ministro della sovranità alimentare Francesco Lollobrigida è stato chiesto di fare fronte comune, così com’è stato per le etichette allarmistiche volute dall’Irlanda, approvate dalla Commissione, e ora sub judice in sede di Wto, con Francia, Spagna e altre dieci nazioni per respingere questo regolamento che deve approdare al Parlamento europeo. La Francia peraltro è alle prese con un’altra distorsione introdotta dalle proposte della Commissione europea. È il primo produttore di grano, ma rischia di non poter esportare. L’Ue vieta l’uso di fungicidi che evitano lo sviluppo di aflatossine del grano nelle stive delle navi o nei treni, ma fuori dall’Europa nessuno è disposto a comprare merce non trattata. Dal 25 aprile 11,5 milioni di tonnellate di grano francese destinati soprattutto ai mercati africani saranno invendibili. E’ la stessa situazione in cui si trovano i coltivatori italiani che non potendo più utilizzare i fitofarmaci (l’Italia ha la più bassa percentuale di chimica in campo del mondo) perdono dal 30 al 50% della produzione e non possono più esportarla fuori dall’Europa perché gli altri paesi chiedono invece prodotti trattati. Il paradosso come denuncia Luigi Scordamaglia, consigliere delegato di Filiera Italia, è che «L’Europa rinuncia a produrre e a vendere, poi però importa da paesi terzi che hanno standard molto inferiori sia per per impatto ambientale che per uso di chimica». È però probabile che grano francese e vino italiano stavolta si mettano insieme contro Frans Timmermans. La battaglia si fa a Strasburgo e nel Parlamento europeo almeno le alleanze si riescono a coltivare.
Julio Velasco e Alessia Orro (Ansa)
Rod Dreher (Getty Images)