2025-08-26
Kiev, pace immobile. Il Cremlino avverte: «Vedere Zelensky? Ha perso legittimità»
Il ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov (Ansa)
Lavrov chiede l’esclusione del leader ucraino dai negoziati: «Ammicca ancora alla Nato e non vuole discutere di territori».Come procedono i tentativi di organizzare un abboccamento tra il presidente russo e quello ucraino? Non procedono. Anzi, sono su un binario morto e pare anche che un cambio di rotta sia da escludersi, date le ultime dichiarazioni del ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov. In un’intervista concessa alla rete statunitense Nbc e rilanciata dall’agenzia Ria Novosti, infatti, il capo della diplomazia moscovita ha messo in dubbio la legittimità del presidente Volodymyr Zelensky, affermando che «non è più una persona legittimata a firmare documenti legali sull’accordo ucraino». Secondo Lavrov, non avrebbe senso convocare un vertice «solo per dare al capo del regime di Kiev l’opportunità di dichiarare la propria legittimità». E ha aggiunto che «Vladimir Putin è pronto a incontrarlo, se avesse davvero un’agenda presidenziale».Né si tratta di una sparata o di una boutade. Il ministro ha precisato che la Russia non vede motivi per un incontro bilaterale, poiché Zelensky «ha pubblicamente respinto la possibilità di discutere dei territori, non ha abbandonato il desiderio di far parte della Nato e non intende ripristinare i diritti della popolazione russofona». Lavrov ha ricordato i colloqui di Istanbul del 2022, durante i quali le delegazioni di Mosca e Kiev si erano incontrate su questioni politiche, militari e umanitarie, e ha accusato l’Ucraina di non aver risposto alla proposta russa di istituire tre gruppi di lavoro separati.Riguardo agli obiettivi della guerra, Lavrov ha ribadito che la priorità di Mosca è l’eliminazione di «qualsiasi minaccia alla sicurezza della Russia proveniente dal territorio ucraino» e la protezione dei diritti «dei russi etnici e dei russofoni che si sentono parte della cultura russa». Ha quindi affermato che Kiev dovrebbe «mantenere uno status neutrale e non allineato, rimanere uno Stato non nucleare» e che «la Russia non ha alcun interesse nei territori», bensì «nel destino delle persone che vivono nel Donbass e in Novorossija». Toccato anche il capitolo della sicurezza, Lavrov ha avvertito che Mosca non accetterà che «le questioni di tutela collettiva vengano risolte senza di essa».Ma queste non sono state le uniche critiche piovute addosso al leader ucraino. Lo stesso Donald Trump, lo ha accusato di essere «il più grande piazzista al mondo». «Ogni volta che se ne andava dalla Casa Bianca, si portava via milioni di dollari», ha dichiarato il presidente americano dallo Studio Ovale. E mentre da Mosca arrivavano le dichiarazioni di Lavrov e da Washington le accuse di Trump, a Kiev si svolgeva l’incontro tra Zelensky e il vicecancelliere e ministro delle Finanze tedesco Lars Klingbeil. Quest’ultimo ha annunciato che Berlino garantirà all’Ucraina un sostegno economico di 9 miliardi di euro l’anno. Dopo i colloqui con il presidente e con l’omologo Serhiy Marchenko, Klingbeil ha inoltre promesso il contributo della Germania alle future garanzie di sicurezza di Kiev, in caso di accordo di pace; ma ha anche invitato a prepararsi «a uno scenario in cui Putin non voglia la pace». «Il nostro obiettivo è garantire la migliore capacità di difesa dell’Ucraina con un esercito veramente forte e capace di difendersi e con una produzione di armi in crescita». Alla domanda su un possibile invio di soldati tedeschi per garantire un accordo, Klingbeil non ha fornito dettagli, ma ha ribadito: «Abbiamo sempre dimostrato che non ci sottraiamo, siamo al fianco del popolo ucraino».Zelensky, da parte sua, ha insistito sull’importanza della presenza militare dei Paesi alleati per dissuadere Mosca. «Ciò che serve», dice, «sono garanzie di sicurezza affidabili che assicurino una pace duratura». Questo anche e soprattutto a seguito della denuncia di nuovi raid russi contro le infrastrutture energetiche. Durante una conferenza stampa con il primo ministro norvegese Jonas Gahr Støre, il presidente ha affermato che Mosca sta cercando «di compromettere i preparativi dell’Ucraina per l’inverno colpendo siti di produzione di gas naturale ed energia elettrica». C’è però un’importante testimonianza, una voce che proviene direttamente dal terreno colpito dalla guerra. Ospite ieri al forum del Meeting di Rimini, il vescovo cattolico di Kharkov, monsignor Pavlo Honcharuk, ha avuto modo di raccontare la sua esperienza, vissuta sul campo, giorno dopo giorno. «Siamo in regime di guerra, la gente è consapevole che bisogna difendersi, ma dentro questa guerra bisogna al tempo stesso continuare a vivere», ha affermato il presule, descrivendo le diverse condizioni di vita tra chi abita vicino alla linea del fronte e chi si trova più distante. «È molto diversa la situazione delle persone che vivono vicino al fronte, dove di continuo ci sono bombardamenti e quelli vicino a te muoiono rispetto a chi vive a 50 o 100 chilometri, o a maggior ragione a Occidente. L’intensità di questa “vita in guerra” dipende molto da parametri geografici». Il vescovo ha concluso affermando che la guerra «ha un po’ l’effetto di un microfono, che amplifica quello che le persone hanno già dentro di sé». In questo contesto, ha osservato, «la guerra porta alla luce chi si è, non solo distrugge materialmente ciò che c’è attorno a una persona, ma anche gli appoggi a cui si affida. Da questi appoggi dipende la percezione che si ha di sé stessi e di chi si è. La guerra crea lo spazio per una ricerca di senso, ed è molto importante, in questa ricerca, che una persona riesca a toccare con mano l’amore di Dio». Forse è così: la fine di questa guerra sta nelle mani di Dio; ma alcuni uomini hanno le loro responsabilità.
Giancarlo Giorgetti (imagoeconomica)