2020-10-16
Twitter e Facebook oscurano menzogne e maneggi dei Biden
Lo sfidante dem ha detto di non aver mai parlato di Ucraina con il figlio. Ma le mail lo smentiscono. E vengono censurate.Basterebbe la reazione scomposta dei vertici dei social per capire che l'affare è vistoso ed ha un peso negli ultimi 15 giorni di campagna elettorale.Lo speciale contiene due articoliÈ di nuovo scontro tra Donald Trump e Twitter. Mercoledì, il New York Post aveva pubblicato una serie di email che mostravano come, nell'aprile 2015, il figlio di Joe Biden, Hunter, avesse presentato a suo padre (all'epoca vicepresidente in carica) un dirigente di Burisma holdings: società ucraina, ai cui vertici sedeva lo stesso Hunter. In particolare, l'incontro sarebbe avvenuto poco tempo prima che Biden esercitasse delle pressioni sull'allora presidente ucraino, Petro Poroshenko, con l'obiettivo di far silurare il procuratore che stava indagando proprio su Burisma per corruzione. Del resto, un'altra mail - risalente al 2014 - mostra che quel dirigente avesse esplicitamente chiesto a Hunter Biden come poter sfruttare l'influenza di suo padre a beneficio dell'azienda. La rivelazione ha rappresentato un elemento esplosivo in campagna elettorale, anche perché - nei mesi scorsi - Joe Biden ha ripetuto di non essersi mai occupato, da vicepresidente, degli affari all'estero di suo figlio. Eppure queste mail lasciano intendere il contrario. Ma che cosa c'entra Twitter? Sempre mercoledì, la portavoce della Casa Bianca, Kayleigh McEnany, aveva postato lo scoop del Post sul social network, per vedersi poco dopo bloccato l'account. Stessa sorte è toccata ieri al profilo del comitato elettorale di Trump, «reo» di aver pubblicato un video su Hunter. Non solo, perché Twitter ha anche più in generale impedito la possibilità di condividere l'articolo sulla propria piattaforma. La motivazione della società è stata quella di non voler diffondere contenuti ottenuti in modo illegale e che includono informazioni private. Anche Facebook ha adottato misure similari, adducendo come giustificazione il fatto che le informazioni presenti nell'articolo del Post non risulterebbero verificate.La faccenda ha del paradossale. Innanzitutto immaginiamoci che cosa sarebbe accaduto se Twitter e Facebook avessero riservato un trattamento simile a qualche testata di orientamento maggiormente liberal, come il New York Times e il Washington Post. Probabilmente si sarebbe scatenato un putiferio di proteste. In secondo luogo, se il problema risiede nel contenuto non verificato, allora non si spiegano alcune cose. Nel gennaio 2017, una testata non eccessivamente autorevole come BuzzFeed diffuse il dossier di Christopher Steele: un documento, secondo cui Trump sarebbe stato sotto ricatto dei russi per comportamenti sessuali scabrosi. Un documento di cui già allora si contestava l'accuratezza e che si è rivelato poi largamente infondato (oltre che finanziato dagli avversari dell'attuale presidente). Ebbene perché Twitter all'epoca non è intervenuta con il medesimo trattamento? Se il problema poi è la fuoriuscita illegale di informazioni riservate, per quale ragione Twitter e Facebook non hanno introdotto restrizioni sullo scoop della dichiarazione dei redditi di Trump, recentemente pubblicato dal New York Times? E vogliamo parlare di tutte le informazioni (più o meno veritiere) fatte indebitamente trapelare da alcuni settori dell'intelligence americana sul Russiagate attraverso Cnn, Washington Post e lo stesso New York Times?Insomma, qualche «vago» sospetto di doppiopesismo effettivamente viene, mentre Trump non ha perso tempo ed è andato all'attacco proprio su Twitter. «Che cosa terribile che Facebook e Twitter abbiano tolto la storia, che è una pistola fumante, delle email relative a Sleepy Joe Biden e suo figlio, Hunter, sul New York Post. Per loro è solo l'inizio. Non c'è niente di peggio di un politico corrotto». Il presidente è inoltre tornato a chiedere l'abolizione della sezione 230 del Communications decency act (che garantisce determinate tutele legali ai social media). Nel frattempo, i senatori repubblicani hanno detto che convocheranno in commissione Giustizia il ceo di Twitter, Jack Dorsey, per avere spiegazioni. Tutto questo, mentre il deputato repubblicano Jim Jordan ha accusato i colossi del web di favorire intenzionalmente i dem. In effetti qualche sospetto viene, visto che il Policy communications director del gigante di Menlo Park, Andy Stone, è stato portavoce della senatrice democratica, Barbara Boxer, e capo comunicazione del comitato dem House majority pac.Frattanto il New York Post ha diffuso ieri nuovi documenti, secondo cui Hunter Biden nel 2017 avrebbe cercato di stringere accordi con una importante società energetica cinese, Cefc, definendo una di queste intese «molto interessante per me e per la mia famiglia». Anche in tal caso, Twitter ha bloccato la condivisione dell'articolo. Lo scontro elettorale nel frattempo infuria, con Trump e Biden che ieri hanno preso parte a eventi televisivi differenti. Tutto questo, mentre due membri dello staff di Kamala Harris sono risultati positivi al Covid, costringendo la senatrice a interrompere temporaneamente la campagna. L'opposizione della Silicon Valley resta comunque un segnale del fatto che il mondo anti Trump ha paura. E se ha paura, vuol dire che - nonostante i sondaggi nazionali inclementi - il presidente può ancora farcela. <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/twitter-e-facebook-oscurano-menzogne-e-maneggi-dei-biden-2648221058.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="i-social-si-travestono-da-nuova-polizia-nella-campagna-elettorale-a-senso-unico" data-post-id="2648221058" data-published-at="1602790481" data-use-pagination="False"> I social si travestono da nuova polizia nella campagna elettorale a senso unico In realtà il 3 novembre è una data ormai che si può definire finale, perché ieri per esempio hanno già votato in tanti, soprattutto su invito di Donald Trump, che ha chiesto di andare di persona e prima del 3, per evitare brogli. Twitter e Facebook censurano quello che vogliono, è noto, e vogliono furiosamente censurare Donald Trump. Nel cancellare la notizia del New York Post e qualunque commento ad essa collegato, compreso quello della capo ufficio stampa della Casa Bianca, hanno addotto come ragione la necessità di verificare prima i fatti, come se fossero la nuova polizia. Ma tant'è, inutile scandalizzarsi, perché è chiara la possibilità potente dei social di influenzare in questo caso una fascia di elettori, quella dei democratici moderati o degli indipendenti incerti, il cui voto si sta orientando in questi giorni. Quelli ai quali gli affari poco puliti di un candidato Democratico ed ex vicepresidente, che si è sempre professato estraneo a qualunque intromissione negli affari del figlio, potrebbe dare estremo fastidio. Quelli che già, nonostante una campagna dei media furibonda, hanno dei dubbi che Sleepy Joe e la sua vice Kamala Harris intendano seguire una deriva pericolosamente estremista, e che stanno invece osservando un presidente che ha ripreso pieno vigore dopo aver contratto il virus cinese. Che cosa c'è nelle carte del New York Post, circa 1000 pagine di documenti e di foto, anche personali, comunque compromettenti, sesso e droga, trovati in un computer sequestrato, che anche l'Fbi ha in mano, come Rudy Giuliani, e il gruppo Murdoch? Riassumo, si tratta peraltro di una storia vecchia e nota, altroché. Hunter Biden, figlio del candidato dem Joe, presentò a suo padre un alto dirigente di Burisma, la società di energia ucraina in cui lavorava, e come risultato l'allora vicepresidente americano fece pressioni sui funzionari del governo di Kiev affinché licenziassero un procuratore che stava indagando sull'azienda. L'incontro, sempre negato prima d'ora, secondo il tabloid è contenuto in un messaggio che un membro del board di Burisma, Vadym Pozharskyi, avrebbe inviato a Biden Jr il 17 aprile 2015, circa un anno dopo che Hunter era entrato nel consiglio con uno stipendio di 50.000 dollari al mese. «Caro Hunter, grazie per avermi invitato a Dc e per avermi dato l'opportunità di incontrare tuo padre e di aver passato un po' di tempo insieme. È un onore e un piacere», si legge nell'e-mail. Un altro messaggio del 2014 mostra che Pozharskyi (dirigente numero tre di Burisma), chiede a Hunter «consigli su come puoi usare la tua influenza» per conto dell'azienda. Oscurate completamente da una campagna elettorale tragicamente a senso unico, perfino peggiore di quella del 2016 che dava per inevitabile la vittoria di Hillary Clinton, confusa l'opinione pubblica americana dalla pandemia e da una campagna di odio e saccheggi integralista, le magagne di Joe Biden, che poi sono le stesse del celebrato presidente Barack Obama, potrebbero venire fuori in questi ultimi 15 giorni. Mentre continuiamo ad aspettare notizie sul Russiagate farlocco, un complotto costruito contro Trump che si è cercato di far diventare senza riuscirci un complotto ordito da Trump, potrebbero ora emergere con qualche evidenza almeno alcuni punti deboli e sottaciuti della propaganda Dem. Intanto la deriva segregazionista al contrario: i neri hanno sempre ragione, quello bianco è sempre un privilegio. Poi la complicità con le violenze che hanno distrutto centri commerciali e negozi, abbattuto monumenti, sputato sulla storia della nazione. La campagna di Biden è stata una resa al furore politically correct, è stata uno strizzare l'occhio all'islam, un attacco continuo alla polizia e all'esercito. La campagna di Biden è tutta basata sul fatto che per sconfiggere Trump basta parlare male di Trump. Vedremo. Giovedì sera, già notte in Italia, i due si affrontano a distanza, il presidente a Miami, Biden a Philadelphia. Il primo risponderà a domande del network Nbc, l'altro di Abc.