2018-11-22
Tutti i tassisti del mare che si servivano dello sversatore di rifiuti
Oltre a Msf , pure Save the children, Emergency e altri lavoravano con l'azienda dell'uomo accusato di traffico illecito di immondizia.Strade bloccate e auto danneggiate a Mineo, in provincia di Catania. I migranti con permesso di soggiorno vorrebbero raggiungere il Nord Europa. A spese nostre.Lo speciale contiene due articoli.Era una prassi. Un affare che, a detta dei protagonisti, sarebbe cominciato almeno tre anni fa, in piena emergenza sbarchi. E che potrebbe coinvolgere, oltre a Medici senza frontiere e a Sos Méditerranée, anche qualche altra organizzazione non governativa. C'è, infatti, un elenco pubblico abbastanza lungo di Ong che si sono servite della stessa società usata nell'affarone dei rifiuti da Msf e da Sos Méditerranée. D'altra parte prima d'ora non c'era mai stato un inghippo nello spacciare per rifiuti comuni la spazzatura infetta o per stracci della sala macchine i vestiti dei migranti con la scabbia e la tubercolosi. «Lo facciamo già da tre anni». Sfacciato. Lo dice a telefono Francesco Gianino, classe 1968, titolare della ditta individuale Mediterranean shipping agency, in sigla Msa, agente marittimo con sede ad Augusta, intermediario dei rapporti commerciali tra l'Ong Medici senza frontiere e le ditte incaricate del servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti di bordo nei vari porti d'Italia. Un trader importante per l'organizzazione non governativa finita sotto inchiesta. E, a leggere gli atti dell'indagine di Catania, forse anche per altre Ong. In un punto preciso del decreto di sequestro che ha colpito l'altro giorno la nave Aquarius gli investigatori descrivono la «concorrenzialità delle condizioni assicurate da Gianino alle Ong, inclusa Msf». Quella parola, «inclusa», accanto alla sigla di Medici senza frontiere, apre il nuovo scenario. Suffragato anche da un paio di intercettazioni telefoniche, trascritte nel decreto di sequestro della Aquarius, sulle quali gli investigatori siciliani mantengono la bocca cucita. La prima, che viene usata dai magistrati per descrivere la «consapevolezza» dello smaltimento truccato sia da parte di Gianino, che da parte di Msf, è questa: «Siccome sono cose che già da tre anni facciamo ad Augusta, il discorso dei vestiti, perché la Bourbon fino adesso l'abbiamo fatto diverse altre volte, noi la classifichiamo come rifiuto speciale, come se fossero stracci della sala macchine». Un modo un po' contorto per dire che i vestiti contaminati, scaricati dalla nave Bourbon (usata da Msf), finivano tra il pattume comune. Il nome Bourbon è in bella mostra in un elenco di clienti inserito proprio da Gianino sulla sua pagina di Linkedin. La lista è lunga, forse anche per via dei prezzi da discount della monnezza che Gianino, grazie agli escamotage scoperti durante le indagini, riusciva a praticare. E in quella lista compaiono anche Save the children England, Emergency Onlus Italia, Sos Méditerranée Germany e la mitica compagnia maltese Moas dei coniugi Chris e Regina Catrambone. La prima coincidenza: sono tutte organizzazioni non governative che si sono occupate di importare immigrati in Italia. Ovviamente dagli atti dell'inchiesta catanese non emergono accuse nei confronti di queste Ong per il traffico di rifiuti. Ma è un dato di fatto che, stando a quanto pubblicato da Gianino, siano clienti della sua Mediterranean shipping agency.La seconda coincidenza è contenuta nell'altra intercettazione telefonica che, in base alle accuse della Procura, ha smascherato l'affarone per Msf e per Gianino. Ed è da questa telefonata che si intuisce anche che ad altre Ong, a dire proprio del mediatore che per conto di Msf smaltiva i rifiuti nei porti italiani, sarebbero state applicate le condizioni con cui si abbassavano i costi dello smaltimento. «E allora che io sono lo scemo di turno che te lo faccio a 800 euro, mentre là ti chiedono 5.000 euro? Quello mi chiama e mi dice, allora rivediamo la tariffa? A me poi il discorso... Non è che mi rivede solo la tariffa di Msf Italia, mi va a rivedere anche quella di Save the children, di Msf Olanda, quella di Sos Med... E voglio dire... Una mossa del genere non crea soltanto danni a me e a voi». E un attimo dopo Gianino, intercettato, spiega anche a chi creerebbe il danno: «A tutte e quattro, a tutte e cinque». E a togliere ogni dubbio sull'estensione dell'interesse investigativo anche su altri salvatori ossessivi compulsivi di migranti c'è un ulteriore passaggio contenuto nella richiesta di sequestro, nel quale i magistrati ipotizzano «l'estensione delle condizioni applicate da Gianino a Msf per l'effetto della fraudolenta riduzione dei costi di smaltimento dei rifiuti infettivi anche ad altre Ong». Conti alla mano, secondo la Procura, questo meccanismo ha permesso a Msf di risparmiare 460.000 euro e a Gianino «di acquisire», si legge negli atti d'indagine, «una sorta di esclusiva di fatto nella gestione dei rapporti di agenzia marittima per conto di Msf, nonché per conto di altre Ong come Save the children e Open arms (compagnia spagnola non presente nell'elenco pubblico di clienti di Gianino, ma citata dai magistrati nei documenti investigativi, ndr), tanto da aumentare significativamente il proprio volume d'affari». Le quantità di rifiuti erano notevoli. E solo per Msf si parla di 44 smaltimenti accertati (37 per l'Aquarius e sette per la Vos Prudence), per un totale di 24 tonnellate di scarti.L'ultimo riferimento ad altre Ong è nella pagina successiva. Questa volta subito dopo una telefonata di un capomissione di Save the children con il solito Gianino, che lascia emergere, sottolineano i magistrati, che la prassi di taroccare lo smaltimento di rifiuti pericolosi infettivi «risalisse a una specifica trattativa condotta negli anni precedenti da Gianino per conto di una Ong». Resta da capire quale.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/tutti-i-tassisti-del-mare-che-si-servivano-dello-sversatore-di-rifiuti-2621105647.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="rivolta-al-cara-di-mineo-litalia-ci-paghi-lautobus" data-post-id="2621105647" data-published-at="1758065884" data-use-pagination="False"> Rivolta al Cara di Mineo: «L’Italia ci paghi l’autobus» Una rivolta, l'ennesima. Urla, proteste, slogan contro l'Italia e poi un blocco stradale. Oltre cento extracomunitari, ospiti del Centro accoglienza per richiedenti asilo di Mineo - in provincia di Catania - hanno bloccato ieri mattina la carreggiata della strada statale 417 che collega Catania con Gela. Il motivo? Taglio dei servizi all'interno della struttura e nei trasporti. Detta così, rispettando il linguaggio formale dei mediatori culturali, potrebbe apparire come una «normale e giustificata» protesta. Nella sostanza la ragione per cui i migranti hanno bloccato la circolazione di un'intera provincia è altra: vogliono i soldi per l'autobus. Non pochi spiccioli per acquistare i biglietti di tratte urbane. Il denaro preteso dagli ospiti della struttura deve coprire veri e propri viaggi. Già, perché tra gli oltre 100 manifestanti di ieri mattina c'erano anche 80 extracomunitari ai quali è stato concesso il permesso di soggiorno. Con l'agognato documento in tasca, i migranti possono ora lasciare la struttura e raggiungere le località che preferiscono. Ma ci sono degli elementi ostativi. Le distanze, ad esempio. Molti di loro intendono raggiungere prima il nord Italia e poi i paesi dell'Europa centrale, Germania su tutti. E chi dovrebbe fornire loro i soldi del lungo viaggio? Lo Stato italiano, naturalmente. Questo, almeno, nelle pretese delle centinaia di migranti che ieri mattina hanno inscenato la rivolta al Cara di Mineo. Una protesta che se da un lato è apparsa spontanea nella sua manifestazione, da un altro si è mostrata più che organizzata. Mentre un gruppo di africani bloccava il traffico sulla statale 417, una decina di migranti si è diretto verso la statale 385, l'arteria che collega Catania con Palagonia, paralizzando di fatto l'intera circolazione nella provincia catanese. È stato necessario l'intervento delle forze dell'ordine, tra cui la polizia stradale di Caltagirone e i carabinieri della compagnia di Palagonia, e la trattativa di cinque mediatori culturali perché il blocco delle carreggiate venisse rimosso dopo diverse ore. Il bilancio della mattinata di caos conta anche alcune autovetture danneggiate. Sì, perché oltre al sit in alcuni africani, dopo aver raccolto pietre dal ciglio della strada, le hanno utilizzate per bersagliare con una sassaiola le auto di passaggio e alcuni mezzi pesanti diretti a Gela. Il Centro di accoglienza per richiedenti asilo di Mineo non è nuovo a questo tipo di situazioni. Considerato tra i più grandi d'Europa, conta la presenza di circa 1500 «ospiti», il Cara è noto alle cronache per l'intemperanza - se così la si può definire - dei suoi migranti. Nello scorso ottobre gli extracomunitari del centro inscenarono una rivolta per il cambio del menu della mensa, che prevedeva 80 grammi di pasta con polpette di carne di vitello. Una pietanza, a quanto pare, sgradita al palato degli ospiti. Negli ultimi mesi, però, la situazione è cambiata. Ad oggi è previsto uno stanziamento di circa 40 milioni di euro da spalmare in tre anni, cifra notevolmente ridotta se confrontata con gli oltre 100 milioni di euro dei piani di gestione passati. Anche sul fronte dei trasporti le novità sono sostanziali. Stop ai biglietti del bus gratis. Ora i migranti che hanno ottenuto il permesso di soggiorno possono liberamente lasciare il centro e raggiungere le destinazioni di loro gradimento. Ma a proprie spese.