Spazio e tempo. In psicologia questi due elementi vengono utilizzati per stabilire le ricadute di un'azione sulla società. Vale per i comportamenti e per le parole dette. Un concetto che probabilmente è poco considerato, se non del tutto ignorato, dal «guru» dell'ambientalismo Paul Ehrlich. Già, perché il presidente del Center for Conservation Biology dell'Università di Stanford, storico rappresentante della rivoluzione green e «Cassandra» di disastri e carestie, torna alla carica con le sue teorie sulla sovrappopolazione e ci ammonisce: «Bisogna fare in modo che in tutto il mondo le donne abbiano pari diritti e opportunità di carriera, e abbiano accesso ai metodi più moderni e sicuri di contraccezione: è questo il modo per ridurre il tasso di riproduzione». La ricetta per un mondo migliore Ehrlich la fornisce ai suoi seguaci dalle colonne della Repubblica, in un'intervista rilasciata a Giuliano Aluffi in cui ci offre la sua soluzione ai problemi che affliggono la terra.
Spazio e tempo, si diceva. Ed è su questi due elementi che il biologo ed immunologo tedesco scivola clamorosamente. Un dato: 2 milioni e 37.ooo. È questo il numero di morti in tutto il mondo, aggiornato al mese scorso, per le conseguenze del virus. Solo in Italia, ai cui lettori lo scienziato si rivolge, i decessi hanno riguardato quasi 93.00 persone. Un tempo, il nostro, quanto meno inadeguato per parlare di sovrappopolazione e demonizzare la crescita demografica. Poi c'è lo spazio, quello italiano - appunto - dove le natalità sono ai minimi storici e da anni rappresentano il tema di discussione della società e della classe politica.
L'Italia continua a spopolarsi, anno dopo anno. Al 31 dicembre 2019 la popolazione residente in Italia è inferiore di quasi 189.000 unità (188.721) rispetto all'inizio dell'anno. Il persistente declino avviatosi nel 2015 ha portato a una diminuzione di quasi 551.000 residenti in cinque anni. E a dirlo non è un cattivo sovranista ma l'Istat, l'istituto nazionale di statistica. Registriamo il record negativo mai registrato dal 1861, e quest'anno - complice la pandemia - il tasso di natalità in Italia potrebbe scendere ulteriormente, a circa 408.000 nascite, mentre i decessi per coronavirus aumentano. E nel resto del mondo? Per la prima volta nella storia gli «over 65» hanno superato in numero, a livello globale, i bambini sotto ai 5 anni. A riportare questo dato è il World Population Prospect, il rapporto stilato dalle Nazioni Unite. Non proprio l'ultimo dei convegni negazionisti. Ma Ehrlich ci va giù pesante e dopo aver indicato il modello da seguire «Greta Thunberg per me è un ottimo segno», suggerisce anche come combattere il calo della biodiversità: «Le nazioni dovrebbero quantificare il valore degli ecosistemi naturali, ovvero il valore dei servizi che gli ecosistemi offrono. Per fare un esempio: in Ruanda l'ecoturismo legato ai gorilla è uno dei maggiori motori economici del Paese».
Quindi pronte le liste di proscrizione per industrie e aziende, via libera ai tour sulla biodiversità dalle Dolomiti alla Sila. Il biologo tedesco, in realtà, già mezzo secolo fa aveva sentenziato la fine del nostro pianeta a opera di carestie e sovrappopolazione. Lo aveva fatto nel suo saggio, divenuto la Bibbia della green generation, The Population Bomb (1968). Anche allora puntava il dito contro le nascite smisurate e auspicava un società più attenta ai contraccettivi e alle natalità, senza tener conto però delle conseguenze sul piano sociale, lavorativo, previdenziale, economico. Teorie, le sue, che generano un corto circuito anche nella sinistra ambientalista, che da un lato accoglie le pagine del saggio scritto da Ehrlich come Vangelo, dall'altro suggerisce, anzi auspica, l'immigrazione di massa come soluzione al calo demografico. «Oggi quasi un milione di specie sono a rischio di estinzione. Il 40% delle specie vegetali sono considerate a rischio» sentenzia il biologo tedesco. Non una parola, però, su certe politiche europee che schiacciano e cancellano il settore agricolo di Paesi come l'Italia, o sul mercato globale che ha annullato le peculiarità zootecniche di aree come quella spagnola e greca. La colpa, in sostanza, è sempre e soltanto di chi mette al mondo un bambino ignorando le ripercussioni di una nascita sull'ecologia. Più pannelli solari, meno neonati. Peccato che anche il settore economico-industriale legato al green si stia ravvedendo. Ne è esempio la scelta di importanti case automobilistiche, Toyota e Mitsubishi pioniere del verde, di abbandonare l'elettrico: scarsa accessibilità e alto indice di inquinamento per lo smaltimento delle batterie. Come sensibilizzare gli uomini ad un futuro più verde? Ehrlich ci dona l'ennesima perla: fiction e soap opera sulle condizioni della donna da trasmettere in tv nei Paesi dove il tasso di natalità è eccessivo. E ancora una volta la soluzione tornano a essere i contraccettivi. In attesa che anche questi vengano prodotti con materie ecologiche e sostenibili.
C'è un politico che in tv vanta ascolti da record, il suo nome è Nicola Acunzo. Diplomato geometra, «laureando in lettere, attore prestato alla politica», scrivono di lui. Ha recitato per Mario Monicelli, Carlo Verdone, Leonardo Pieraccioni e Michele Placido. Proprio quest'ultimo, come riporta una biografia non ufficiale pubblicata sul web, lo avrebbe incoronato «il nuovo caratterista del cinema italiano d'autore». Accade però che questo politico, deputato della Repubblica italiana, sia anche membro della Commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi. Nulla di strano, se non fosse che Acunzo, ogni lunedì sera, è in onda sul piccolo schermo tra i protagonisti della fiction Rai Il commissario Ricciardi. Un parlamentare, membro di una commissione di vigilanza dei servizi radiotelevisivi che lavora (naturalmente pagato) da quella stessa azienda sui cui incarichi e indirizzi dovrebbe vigilare. Chi è l'onorevole Nicola Acunzo? Padre napoletano e madre cosentina, all'età di 6 anni si trasferisce dalla Lombardia a Battipaglia, ed è in provincia di Salerno che comincia ad avvicinarsi all'arte, mentre si diploma in un istituto per geometri, come racconta Giancarlo Tommasone sul sito Stylo24.it. Acunzo è versatile e soprattutto dentro di sé sente forte il richiamo della politica. Il 23 marzo del 2018 a 42 anni, inizia il mandato di deputato (siamo al primo Governo Conte) nelle file del Movimento 5 Stelle, partito in cui viene eletto. Due anni dopo il suo nome viene alla ribalta delle cronache nazionali, ma questa volta non per meriti artistici. Nell'aprile del 2020 il Movimento decreta la sua espulsione (assieme al senatore Mario Giarrusso) per non aver versato i rimborsi. Fu proprio lui ad uscire allo scoperto, dichiarando di non aver rimborsato neanche un euro nel 2019 per una «questione politica». Nel maggio dello scorso anno Acunzo transita nel gruppo Misto della Camera. Un mese dopo, siamo a luglio, diventa anche membro della XI Commissione (Lavoro pubblico e privato) e dal 15 gennaio scorso è ufficialmente un deputato del Centro democratico – Italiani in Europa, il gruppo di Bruno Tabacci e dei «responsabili» della crisi di governo. Quando si gira la fiction Il commissario Ricciardi – le riprese della serie prodotta dalla Rai partono il 23 maggio del 2019 e si concludono il 30 novembre dello stesso anno – Acunzo è in tutto e per tutto un parlamentare del Movimento 5 Stelle. Ma soprattutto è membro di quella commissione parlamentare che ha il compito di nominare «componenti del Cda della Rai, definire l'indirizzo da seguire nella programmazione, nella pubblicità e nell'economia societaria, definendo i piani di spesa pluriennali». Così, il deputato ex grillino moroso, prende parte ai lavori di commissione perché ci sia trasparenza e non conflitti di interessi nella televisione di Stato, la stessa televisione di Stato che – con soldi pubblici – lo assume come attore.
- L'extracomunitario si è introdotto nella cattedrale e ha preso in ostaggio con il coltello una guardia. Arrestato dopo un blitz.
- Continuano gli arrivi, nonostante l'incontro fra Luigi Di Maio e le autorità di Tunisi.
Lo speciale contiene due articoli.
Era seduto sui gradini del Duomo di Milano, già alle spalle del presidio nel quale sosta un mezzo blindato con due militari armati. Ogni tanto lanciava uno sguardo sulla pattuglia della polizia di Stato presente in piazza. E a quel punto è scattato un controllo. Gli agenti del commissariato Centro si sono avvicinati e gli hanno chiesto i documenti. Lui ha prima detto di chiamarsi Cristiano e di essere lì per lavorare. Poi è scattato in piedi, li ha bruciati sul tempo buttando giù con un calcio una transenna, ha varcato l'ingresso principale, quello riservato ai fedeli (in cui si effettuano i controlli con il metal detector e si verifica il contenuto delle borse), ha lasciato di stucco un vigilante e si è fiondato verso l'altare. Una seconda guardia giurata gli si è avvicinata ma, proprio davanti all'altare, è stata minacciata con un coltello a serramanico (con lama da 10 centimetri) puntato verso il collo e costretta a inginocchiarsi. Il tutto ripreso in diretta dalle telecamere a circuito chiuso che filmano costantemente i punti considerati «sensibili» (il video è stato postato sul profilo Twitter della polizia di Stato). Il protocollo di sicurezza è scattato circa alle 13. Quasi in contemporanea con l'ingresso. Ma se l'uomo fosse stato un terrorista avrebbe avuto tutto il tempo di fare una strage. Il che fa risaltare le criticità del sistema di sicurezza. Per fortuna l'egiziano ventiseienne era «solo» un balordo con precedenti per un furto di alcolici. In centrale è stato accertato che ha un passaporto rilasciato dalla Questura di Savona nel 2010, un regolare permesso di soggiorno di lunga durata e anche un'occupazione. Il suo precedente risale a quattro anni fa: all'aeroporto di Malpensa aveva rubato due bottiglie di vino al duty free ed era scappato. Anche in quella occasione lo avevano inseguito fino all'area riservata al personale dello scalo. Mentre visitatori e fedeli, che hanno temuto un attacco terroristico, sono stati condotti su un'ala del Duomo, è cominciata una trattativa con l'islamico, condotta dal vicedirigente del commissariato, il vicequestore Luca Gazzili, e dal commissario Mauro Frare, funzionario coordinatore della sezione volanti, andata a buon fine in pochi minuti. Al primo segno di cedimento gli agenti (erano in sei all'interno della cattedrale) gli sono saltati addosso e lo hanno disarmato e immobilizzato, liberando l'ostaggio. All'esterno c'era già una volante ad attenderlo. L'interrogatorio è stato condotto in Questura dagli investigatori della Digos, in stretto contatto con il pm Alberto Nobili, che coordina il pool antiterrorismo. A far tirare un sospiro di sollievo è arrivata una dichiarazione ufficiale: «Al momento non c'è alcun elemento concreto che possa far ipotizzare un gesto terroristico». L'immigrato ha riferito di essere di origine egiziana ma di essere nato a Londra. Ha farneticato anche che aveva una camera da letto all'interno del Duomo e voleva semplicemente entrare per farsi una pennichella dopo pranzo. L'accusa è di resistenza a pubblico ufficiale, porto abusivo d'arma e sequestro di persona. E siccome ha fornito false generalità ai poliziotti al momento del controllo, la Procura valuterà se avanzare anche questa contestazione.
«Un episodio gravissimo e inaccettabile», lo ha definito il governatore lombardo Attilio Fontana. «Ora la Regione è pronta fare la sua parte e, in base alle proprie competenze, assicura la massima attenzione e supporto alla guardia giurata», assicura l'assessore regionale alla Sicurezza, Riccardo De Corato, che aggiunge: «Milano ormai vive in balia dei delinquenti. Se al momento non c'è alcun elemento concreto che possa far ipotizzare un gesto terroristico, resta comunque la gravità dell'accaduto».
Mariastella Gelmini, capogruppo di Forza Italia alla Camera dei deputati, tuona su Facebook: «La grave aggressione non è che l'ultimo episodio in una città sempre più insicura, con l'aggravante che la violenza è entrata questa volta nel luogo più sacro di Milano. Non si contano più gli episodi violenti dello spaccio e della movida fuori controllo. La città ha bisogno di sicurezza. Ultimata la stagione dei flirt con Beppe Grillo, il sindaco Beppe Sala dovrà metterci la testa. Campagna elettorale permettendo». Dalla Lega, invece, attendono il ministro dell'Interno, Luciana Lamorgese, sabato prossimo a Milano per la riunione del comitato nazionale per l'ordine e la sicurezza pubblica. Paolo Grimoldi, deputato de Carroccio e segretario della Lega Lombarda, sottolinea che «è giusto riunire il comitato a Milano, città allo sbando sotto il profilo dell'ordine pubblico».
La diplomazia di Di Maio è un flop. Sbarcati a Lampedusa 50 tunisini
Dodici sbarchi, 16 tra gommoni e barchini approdati. Trecentosessanta migranti fermati e identificati. Sono i numeri delle ultime 24 ore sull'isola di Lampedusa. È crisi totale sul fronte sanitario e dell'ordine pubblico. Lo hanno definito l'assedio. Già, perché i militari della Capitaneria di porto e della Guardia costiera non fanno in tempo ad ormeggiare nell'area di sequestro del porto le piccole imbarcazioni utilizzate dai migranti che all'orizzonte si profilo altri arrivi. In fila, a motore spento, le «carrette del mare» attendono il loro turno per sbarcare sull'isola. La prefettura di Agrigento cerca di tamponare la situazione predisponendo il trasferimento dei migranti; l'hotspot di contrada Imbracola a Lampedusa ha superato da giorni il limite di capienza: 460 migranti a fronte di un'agibilità che si attesta sulle 200 unità. I nuovi arrivi sono prevalentemente tunisini, come testimoniano le segnalazioni delle ultime ore. Oltre 50 tunisini, con tre diversi barchini, sono sbarcati nella notte tra martedì e mercoledì. Nelle ore precedenti un barchino, con a bordo una ventina di migranti, è riuscito ad arrivare fino a Cala Palme a Lampedusa. I tunisini, abbandonando l'imbarcazione, si sono diretti verso il chiosco che sorge sull'arenile. E proprio la Tunisia è stata nei giorni scorsi al centro dell'agenda politica del governo. Dieci giorni fa il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, ha convocato l'ambasciatore tunisino a Roma per affrontare la questione dell'incremento degli sbarchi verso le coste italiane. Il titolare della Farnesina ha quindi invitato la Tunisia ad adottare ogni misura necessaria a contrastare le partenze illegali dal suo territorio. Tra queste anche l'attivazione di attività di più stretta vigilanza costiera e ad accelerare i voli di rimpatri. Il risultato? Sbarchi aumentati, partenze triplicate. Scarso, se non nullo, anche l'effetto sortito dalle dichiarazioni di intenti del ministro dell'Interno. «La Tunisia intervenga sui flussi incontrollati di migranti». Così il 27 luglio Luciana Lamorgese parlava al presidente della Tunisia Kais Saied incontrato proprio nella capitale del paese maghrebino. In quella circostanza il nostro ministro ha condiviso con Saied le «forti preoccupazioni italiane» per l'incremento degli arrivi via mare. Al 24 luglio su 11.191 migranti sbarcati in Italia, ben 5.237 sono partiti dalla Tunisia e di questi quasi 4mila sono tunisini. «Flussi incontrollati» così li ha definiti il Viminale in quella circostanza. Come per Di Maio, anche l'incontro con la Lamorgese si è concluso con le rassicurazioni su una «intensificazione dei controlli alle frontiere marittime per contrastare l'attività dei trafficanti di migranti». Nulla di fatto. Intanto è salito a 73 il numero di migranti positivi al Covid nell'hotspot di Pozzallo, primo centro di raccolta degli stranieri sbarcati a Lampedusa. Il prefetto di Ragusa, Filippina Cocuzza, ha annunciato al sindaco Roberto Ammatuna che sarà l'esercito a presidiare il centro. I militari arriveranno lunedì prossimo, mentre a denunciare la situazione con un post su Facebook per richiamare l'attenzione del governo è stato l'assessore alla Salute della regione Sicilia, Ruggero Razza: «Ho appena appreso dai sanitari dell'Asp di Ragusa che a Pozzallo altri 64 migranti ospiti dell'hotspot sono risultati positivi al coronavirus. Tutto questo in un solo giorno. Spero che adesso si capisca perché da mesi parliamo della necessità di un protocollo sanitario e di pesanti sottovalutazioni da parte di Roma». Anche il capo della polizia, Franco Gabrielli, conferma: «Stiamo cercando di limitare i focolai» generati dai flussi migratori.




