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2020-12-07
Tutti i dubbi sui vaccini Ogm
Ansa
Sarà gratis, la priorità l'avranno il personale medico-sanitario e gli anziani, saranno a disposizione 202 milioni di dosi ed è probabile che a ciascuna persona ne serviranno 2 a distanza di qualche tempo, i primi arriveranno a gennaio. L'operazione non sarà obbligatoria, almeno per il momento. Sono queste le uniche certezze che abbiamo sulla vaccinazione contro il Covid. La campagna inizierà a gennaio per completarsi a fine anno. Due sono le case farmaceutiche che per prime metteranno a disposizione il vaccino: il 20 dicembre la Pfizer e il 12 gennaio Moderna. Da queste aziende avremo rispettivamente 8 milioni e 1,346 milioni di dosi. Per i vaccini che necessitano di catena del freddo standard ci sarà un sito nazionale di stoccaggio e siti territoriali.
Nella fase iniziale le vaccinazioni saranno centralizzate negli ospedali o con unità mobili. Serviranno circa 20.000 persone e quindi oltre ai medici saranno chiamati a partecipare anche gli specializzandi. A parte questi titoli sciorinati dal ministro della Salute, Roberto Speranza, nulla si sa su come l'operazione vaccini sarà organizzata a livello territoriale. Non sono state ancora comunicate le strutture, a cominciare dagli ospedali, in grado di conservare il vaccino Pfizer, il primo ad arrivare e quello più delicato da gestire dal momento che va tenuto a meno 75 gradi. E sono ancora tanti i punti oscuri e gli interrogativi di questa vaccinazione di massa.
Innanzitutto, che cosa sappiamo dei due farmaci Pfizer e Moderna, che stanno per arrivare sul mercato? Sappiamo che sono il frutto di una tecnologia avanzata e che dovrebbero rappresentare un salto rispetto ai tradizionali vaccini. Ma proprio perché è un prodotto innovativo ci saremmo aspettati una maggiore trasparenza e più dati sui risultati della sperimentazione. Enrico Bucci, Ph.D. in biochimica e biologia molecolare, professore aggiunto alla Temple University di Philadelphia, in un post sul suo profilo Facebook ironizza sui risultati sbandierati dalle industrie del farmaco. «Le comunicazioni di percentuali di efficacia sono numeri a lotto, sia per motivi tecnici, perché basate su campioni troppo piccoli e quindi corredate di un intervallo di incertezza molto ampio, sia per motivi concreti, perché nessun numero è stato fornito alle autorità regolatorie, come Ema (European medicines agency, Agenzia europea del farmaco, ndr), per poter effettuare un calcolo. Vanno dunque intese per ciò che sono: messaggi ottimistici agli investitori e ai concorrenti, quando provengono dalle aziende, e agli elettori e cittadini, quando provengono dai politici».
Un interrogativo è la durata della copertura dal virus. L'antinfluenzale dura meno di un anno. Non è noto se il vaccino protegge dalle complicanze del Covid e se i soggetti vaccinati che si sono ammalati hanno avuto un decorso della malattia meno grave rispetto ai soggetti non vaccinati che si sono ammalati. Punto interrogativo anche sul grado di protezione per gli anziani. Il vaccino riuscirà a proteggerli allo stesso modo dei giovani? Inoltre sempre riguardo agli anziani, dal momento che si richiedono due dosi, non c'è il rischio che non possano essere tollerate se il paziente ha anche altre patologie, cosa non rara con l'età avanzata?
È un altro interrogativo ancora senza risposta: e se chi si immunizza diventa poi un portatore sano? L'obiettivo dei governi è la cosiddetta immunità di gregge, ma questo traguardo potrebbe allontanarsi se chi è stato vaccinato dovesse diventare un portatore sano o asintomatico, cioè un individuo infettato dall'agente patogeno trasmissibile che però non presenta sintomi della malattia.
Finora ci sono state solo dichiarazioni alla stampa, ma manca una pubblicazione scientifica in grado di chiarire questi dubbi.
Tant'è che diverse associazioni di medici e infermieri negli Stati Uniti hanno fatto sapere che supporteranno la vaccinazione soltanto quando avranno a disposizione precisi dati scientifici.
È il tema più controverso che ha scatenato subito il partito dei cospirazionisti e dei No vax. Sappiamo che i vaccini contro il Covid sono ottenuti con tecnologie avanzate ma, senza entrare nel ginepraio delle polemiche sull'ingegneria genetica, vale comunque la pena ricordare che a luglio la Commissione europea ha proposto un regolamento per derogare ad alcune disposizioni della direttiva sugli organismi geneticamente modificati (Ogm) per le sperimentazioni cliniche e sui trattamenti che contengono o sono costituiti da Ogm. «Alcuni vaccini», si legge sul sito del Parlamento europeo, «e trattamenti anti Covid già in fase di sviluppo possono essere definiti Ogm e sono quindi coperti dalle direttive Ue sugli Ogm». La deroga, si precisa, sarà temporanea e legata alla pandemia.
In Gran Bretagna il Comitato congiunto per la vaccinazione e l'immunizzazione ha sconsigliato la somministrazione alle donne in gravidanza. Su Clinical Trial, un database di studi clinici finanziati con fondi pubblici e privati condotti in tutto il mondo, è comparso un report di Moderna su una sperimentazione del vaccino che esclude le donne in gravidanza. Non solo quelle in evidente stato interessante. Per accedere alla sperimentazione bisognava astenersi da rapporti sessuali 28 giorni prima della dose e continuare la contraccezione nei 3 mesi successivi alla seconda dose. Per gli uomini valeva la restrizione di aver praticato la contraccezione e di essersi astenuti da rapporti sessuali dal momento della prima dose e fino a 3 mesi dopo la seconda dose. Questo lascia intendere che chi invece non si trova in tale condizione non è stato testato. Quindi che cosa succede se si viene vaccinati in una situazione di gravidanza iniziale? O si hanno avuti rapporti sessuali?
La contrattazione per l'acquisto dei vaccini fa capo alla Ue. Al momento la Commissione non ha fornito i contenuti dei contratti stipulati: la mancanza di trasparenza è uno dei maggiori limiti di tutta l'operazione vaccini anti Covid. Pertanto, non si conoscono il costo sostenuto e in quali situazioni scatta la responsabilità con obbligo di indennizzo in caso di effetti collaterali non previsti. Chi si ammala a chi potrà rivolgersi per ottenere un risarcimento? L'Agenzia italiana del farmaco, interpellata sul tema della responsabilità di eventuali effetti collaterali, ha spiegato che «come per qualunque altro vaccino la responsabilità è in capo all'azienda farmaceutica, tranne che per le reazioni avverse indicate nel foglio illustrativo, come previsto dalla legge». Ma sono proprio le reazioni avverse l'oggetto del mistero. E a pagare potrebbero essere chiamati anche gli Stati che hanno contribuito a finanziare le ricerche.
Infine, non ha ancora una risposta chiara l'interrogativo su che cosa accadrà se non si raggiungerà l'obiettivo dell'immunità di gregge, se cioè oltre il 70% della popolazione non si vaccina. Il farmaco potrebbe diventare obbligatorio in modo più o meno esplicito. Per esempio, potrebbe essere reso obbligatorio il rilascio di una sorta di passaporto sanitario per spostarsi liberamente anche all'estero. Così il vaccino non obbligatorio lo diventa per vie traverse.
I timori di esperti, medici, infermieri: «Fretta eccessiva. Così è una follia»
Febbre alta, eruzioni cutanee, mal di testa, vomito, forte sensazione di stanchezza al punto da non potersi alzare dal letto per oltre due giorni. Sono gli effetti della vaccinazione contro il Covid, così come risultano dalle testimonianze di chi si è sottoposto al test, raccolte da riviste scientifiche e da alcuni giornali americani. Degli effetti a medio e lungo termine non si sa nulla. Ci sono dichiarazioni ma nessun dato pubblicato.
La rivista americana Science riporta la testimonianza di un biologo quarantenne, Luke Hutchison, che si è offerto volontario per una sperimentazione del vaccino di Moderna. Dopo aver ricevuto la seconda iniezione, un braccio si è gonfiato «come un uovo», riferisce Hutchison che ha fornito anche una foto dell'arto arrossato. Nel giro di poche ore dopo la somministrazione del farmaco, ha avuto la febbre alta oltre 39 gradi, accompagnata da forti dolori muscolari e alle ossa: «Ho cominciato a tremare e ho passato la notte davanti al telefono nell'incertezza se chiamare l'ambulanza». I sintomi di Hutchison si sono risolti dopo 12 ore.
Bernice Hausman, esperta di controversie sui vaccini al College of medicine della Pennsylvania State University, ancora su Science ha sollevato il problema di come supportare le persone con reazioni serie. Hausman richiama l'attenzione su strutture in grado non solo di effettuare la vaccinazione ma anche di assistere i vaccinati. C'è la testimonianza di Ian Haydon, che ha ricevuto la dose più alta del vaccino Moderna nella prima sperimentazione umana. Riferisce di aver avuto brividi e mal di testa, dolori muscolari, stanchezza, nausea e febbre alta a 39,6 gradi. È stato sottoposto a cure urgenti e in seguito ha vomitato ed è svenuto prima che i sintomi si ritirassero, circa 24 ore dopo. Haydon dice che la sua esperienza è stata «un piccolo prezzo da pagare» per la possibilità di tornare alla vita normale.
Su Scientific American è comparso un articolo di William Aseltine, scienziato noto per gli studi sull'Hiv e sul genoma umano, professore all'Harvard medical school, che mette in guardia dal rischio di avere fretta nello sfornare un vaccino. Fattori come l'età influiscono sulla risposta alla copertura contro il virus: «Più invecchiamo, peggiore è la capacità di rispondere ai vaccini. La resistenza alla vaccinazione inizia sui 30 anni e diventa progressivamente più profonda con il tempo. E con il Covid gli over 60 sono la popolazione più a rischio. La vaccinazione degli anziani a volte può avere successo somministrando dosi ripetute e aumentando la potenza del vaccino con adiuvanti che però possono essere rischiosi per chi è in età avanzata». Aseltine definisce una «follia affrettarsi per un vaccino nel 2020 se è probabile che abbia solo un beneficio limitato per la popolazione più bisognosa e potrebbe mettere a rischio persone altrimenti sane».
Lo scienziato mette in guardia dal rischio che effetti collaterali possano incrinare la fiducia in altri vaccini salvavita: «Vale la pena aspettare un vaccino sicuro, efficace per tutti coloro che sono a rischio, soprattutto quando abbiamo altre soluzioni in mano. Sappiamo dall'esperienza dei Paesi asiatici che l'epidemia può essere fermata con misure di salute pubblica di base: test diffusi, tracciamento dei contatti e quarantena controllata obbligatoria, non necessariamente in una struttura sanitaria pubblica, ma nelle case con supervisione virtuale. Questi sforzi da soli potrebbero portare le nuove infezioni quasi a zero in poche settimane».
Il Clinical Trials, un registro di studi clinici, il più grande database di sperimentazioni cliniche, riporta un articolo del giornalista inglese Reynald Castaneda, specializzato in temi scientifici, nel quale ci sono interventi di esperti perplessi sulla fretta con cui la casa farmaceutica AstraZeneca ha riavviato le sperimentazioni dopo che due volontari hanno avuto gravi effetti neurologici. Un editoriale sul British medical journal denuncia la scarsa trasparenza nei risultati dei test mentre il Washington Post riferisce che tra medici e infermieri ci sono molte perplessità sul vaccino: prima di sostenerlo, vogliono più dati sulla sperimentazione. La diffidenza sarebbe tale che molti di loro hanno detto chiaramente che non saranno in prima fila a farsi vaccinare.
Secondo un rapporto di ricercatori dell'Università della California, il 66% degli operatori sanitari di Los Angeles intende aspettare prima di farsi vaccinare mentre da un sondaggio dell'American nurses association, un'organizzazione nazionale di infermiere, è emerso che un terzo dei membri non ha intenzione di vaccinarsi e un altro terzo è indeciso. A Boston i principali ospedali universitari stanno lanciando video informativi rivolti al personale medico per convincerli dell'efficacia del farmaco. Un report del Pew Research Center ha rilevato che solo il 51% degli statunitensi è disponibile a farsi vaccinare e il 19% ha fiducia che il processo di sviluppo del vaccino produrrà un prodotto sicuro ed efficace.
«Ancora troppi segreti sul contratto tra Ue e aziende farmaceutiche»
La Commissione europea ha firmato 5 contratti con altrettante case farmaceutiche per l'acquisto dei vaccini, ma finora il contenuto è rimasto segreto. Sollecitata dalle interrogazioni parlamentari la Commissione si è rifiutata di fornire qualsiasi informazione su tali accordi, sul prezzo e soprattutto sulle responsabilità qualora emergessero effetti collaterali imprevisti. È avvolto dal mistero il vaccino contro il Covid, più di un segreto di Stato, nonostante ci siano in gioco milioni di vite umane. L'europarlamentare belga Marc Botenga ha cercato di aprire una breccia in questo muro di silenzio, ma finora senza esito. Le sue interrogazioni parlamentari sono cadute nel vuoto, hanno ricevuto risposte generiche e un secco rifiuto quando ha cercato di andare più a fondo. Il Financial Times ha scritto che la lobby dei vaccini dell'industria farmaceutica ha fatto pressing sulla Ue per essere esentata da azioni legali in caso di effetti collaterali. Da Bruxelles, Botenga spiega alla Verità che cosa è riuscito a sapere sulle clausole di responsabilità civile contenute nei contratti tra la Ue e le case farmaceutiche.
Chi paga se le cose dovessero andare storte, se nel medio e lungo termine emergessero effetti collaterali seri dalle vaccinazioni?
«A settembre scorso il capo della Direzione generale per la salute e la sicurezza alimentare, Sandra Gallina, in un'audizione parlamentare disse che le aziende farmaceutiche sarebbero civilmente responsabili per qualsiasi difetto del vaccino, ma potrebbero evitare di pagare un indennizzo nel caso dei cosiddetti “difetti nascosti". Nell'interrogazione ho chiesto alla Commissione di specificare come e da chi verrebbero definiti i “difetti nascosti" e se la Commissione poteva indicare casi concreti in cui le società farmaceutiche sono esentate in tutto o in parte dal pagamento dell'indennizzo. Infine, ho chiesto se gli Stati membri saranno costretti a risarcire i danneggiati al posto delle industrie del farmaco».
Che cosa ha risposto la Commissione? Chi è responsabile se il vaccino provoca danni e chi risarcisce?
«Il commissario Ue per la Salute, Stella Kyriakides, ha risposto che nei contratti definiti dalla Commissione europea con le aziende farmaceutiche è previsto l'obbligo da parte degli Stati membri di pagare un indennizzo per effetti collaterali che non si possono prevedere. In base alla direttiva sulla responsabilità del prodotto, ha ricordato Kyriakides, il produttore non è responsabile se dimostra che lo stato delle conoscenze scientifiche e tecniche al momento in cui è stato messo in circolazione il prodotto non era tale da consentire la scoperta di un difetto. Quindi se la società non è ritenuta responsabile, non è costretta a pagare il risarcimento. E la responsabilità dovrà essere evidente. Qualsiasi difetto, mi ha detto Kyriakides, dovrà essere accertato davanti al tribunale competente con una prova del danno, del difetto e della relazione causale tra difetto e danno. Sarà molto, molto difficile inchiodare le industrie farmaceutiche alle loro responsabilità. Ma c'è di più. Non solo i produttori di vaccino non pagheranno per gli eventuali effetti collaterali, ma riceveranno soldi dagli Stati a titolo di copertura di possibili cause legali».
Vuol dire che le aziende farmaceutiche oltre a lavarsi le mani di eventuali danni provocati dal vaccino, riceveranno un indennizzo dai governi?
«Proprio così. Nella risposta all'interrogazione il commissario Kyriakides mi scrive questo: gli accordi di acquisto anticipato dei vaccini Covid prevedono che gli Stati membri indennizzino il produttore per eventuali responsabilità sostenute solo a determinate condizioni stabilite nell'accordo. In tutte le altre condizioni non definite negli accordi, gli Stati membri non saranno obbligati a indennizzare il produttore. Ovvero gli Stati farebbero da polizza assicuratrice».
La Commissione ha fatto accordi con le industrie farmaceutiche nei quali sono stabiliti una serie di condizioni. Quali?
«Qui cominciano i segreti. Alla mia richiesta di conoscere i contenuti degli accordi, cioè le condizioni di acquisto e il prezzo…».
È calata la cortina di silenzio?
«Peggio. Mi è stato risposto che c'è il segreto commerciale. Ma questo dovrebbe riguardare informazioni sensibili per l'azienda, non le condizioni e il prezzo sui quali sarebbe necessaria la massima trasparenza».
Lei ha chiesto a quale prezzo l'Europa acquisterà i vaccini?
«Mi è stato risposto con un “no comment"».
Che idea si è fatto di questi accordi?
«La Commissione sta negoziando i contratti velocemente e non sono sicuro che lo stia facendo nel migliore dei modi».
C'è qualche altra cosa che non la convince?
«Nella squadra dei negoziatori della Commissione Ue c'è Richard Bergstrom, fino al 2016 a capo dell'Efpia, la lobby farmaceutica europea, quindi un personaggio che è in totale conflitto di interessi. L'agenzia di stampa Reuters ha calcolato, prendendo a riferimento i prezzi praticati sui vaccini negli Usa, che i prodotti di Pfizer e Moderna potrebbero costare all'Europa oltre 10 miliardi di euro. Certo, alla fine, sui prezzi ci sarà un controllo della Corte dei conti europea, ma prima che questo avvenga passerà molto».
Come mai il silenzio su quanto la Commissione pagherà le dosi?
«Potrebbero voler nascondere che pagano troppo. Guardate quello che è successo con il Remdesivir, l'antivirale usato contro il Covid. La Ue aveva contrattato un accordo quadro di 1 miliardo a inizio ottobre per 500.000 trattamenti anche se il 23 settembre l'Oms aveva detto che il farmaco non funzionava. Si è fatta buggerare, o lo sapeva ed è andata avanti lo stesso?».
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Riduci
Sono tante le domande sulla somministrazione dell'antidoto al Covid-19. Pochi dati e scarsa trasparenza per un'operazione le cui percentuali di efficacia sembrano «numeri dati al lotto».Le riviste scientifiche americane hanno riportato le testimonianze delle prime «cavie» cui è stato iniettato il farmaco: febbre alta, mal di testa, vomito, stress. E la metà degli statunitensi non vuole farsi vaccinare.L'eurodeputato belga Marc Botenga: «In caso di "difetti nascosti" a pagare i risarcimenti ai malati non saranno le Big Pharma, ma gli Stati».Lo speciale contiene tre articoli.Sarà gratis, la priorità l'avranno il personale medico-sanitario e gli anziani, saranno a disposizione 202 milioni di dosi ed è probabile che a ciascuna persona ne serviranno 2 a distanza di qualche tempo, i primi arriveranno a gennaio. L'operazione non sarà obbligatoria, almeno per il momento. Sono queste le uniche certezze che abbiamo sulla vaccinazione contro il Covid. La campagna inizierà a gennaio per completarsi a fine anno. Due sono le case farmaceutiche che per prime metteranno a disposizione il vaccino: il 20 dicembre la Pfizer e il 12 gennaio Moderna. Da queste aziende avremo rispettivamente 8 milioni e 1,346 milioni di dosi. Per i vaccini che necessitano di catena del freddo standard ci sarà un sito nazionale di stoccaggio e siti territoriali. Nella fase iniziale le vaccinazioni saranno centralizzate negli ospedali o con unità mobili. Serviranno circa 20.000 persone e quindi oltre ai medici saranno chiamati a partecipare anche gli specializzandi. A parte questi titoli sciorinati dal ministro della Salute, Roberto Speranza, nulla si sa su come l'operazione vaccini sarà organizzata a livello territoriale. Non sono state ancora comunicate le strutture, a cominciare dagli ospedali, in grado di conservare il vaccino Pfizer, il primo ad arrivare e quello più delicato da gestire dal momento che va tenuto a meno 75 gradi. E sono ancora tanti i punti oscuri e gli interrogativi di questa vaccinazione di massa.Innanzitutto, che cosa sappiamo dei due farmaci Pfizer e Moderna, che stanno per arrivare sul mercato? Sappiamo che sono il frutto di una tecnologia avanzata e che dovrebbero rappresentare un salto rispetto ai tradizionali vaccini. Ma proprio perché è un prodotto innovativo ci saremmo aspettati una maggiore trasparenza e più dati sui risultati della sperimentazione. Enrico Bucci, Ph.D. in biochimica e biologia molecolare, professore aggiunto alla Temple University di Philadelphia, in un post sul suo profilo Facebook ironizza sui risultati sbandierati dalle industrie del farmaco. «Le comunicazioni di percentuali di efficacia sono numeri a lotto, sia per motivi tecnici, perché basate su campioni troppo piccoli e quindi corredate di un intervallo di incertezza molto ampio, sia per motivi concreti, perché nessun numero è stato fornito alle autorità regolatorie, come Ema (European medicines agency, Agenzia europea del farmaco, ndr), per poter effettuare un calcolo. Vanno dunque intese per ciò che sono: messaggi ottimistici agli investitori e ai concorrenti, quando provengono dalle aziende, e agli elettori e cittadini, quando provengono dai politici».Un interrogativo è la durata della copertura dal virus. L'antinfluenzale dura meno di un anno. Non è noto se il vaccino protegge dalle complicanze del Covid e se i soggetti vaccinati che si sono ammalati hanno avuto un decorso della malattia meno grave rispetto ai soggetti non vaccinati che si sono ammalati. Punto interrogativo anche sul grado di protezione per gli anziani. Il vaccino riuscirà a proteggerli allo stesso modo dei giovani? Inoltre sempre riguardo agli anziani, dal momento che si richiedono due dosi, non c'è il rischio che non possano essere tollerate se il paziente ha anche altre patologie, cosa non rara con l'età avanzata?È un altro interrogativo ancora senza risposta: e se chi si immunizza diventa poi un portatore sano? L'obiettivo dei governi è la cosiddetta immunità di gregge, ma questo traguardo potrebbe allontanarsi se chi è stato vaccinato dovesse diventare un portatore sano o asintomatico, cioè un individuo infettato dall'agente patogeno trasmissibile che però non presenta sintomi della malattia.Finora ci sono state solo dichiarazioni alla stampa, ma manca una pubblicazione scientifica in grado di chiarire questi dubbi.Tant'è che diverse associazioni di medici e infermieri negli Stati Uniti hanno fatto sapere che supporteranno la vaccinazione soltanto quando avranno a disposizione precisi dati scientifici.È il tema più controverso che ha scatenato subito il partito dei cospirazionisti e dei No vax. Sappiamo che i vaccini contro il Covid sono ottenuti con tecnologie avanzate ma, senza entrare nel ginepraio delle polemiche sull'ingegneria genetica, vale comunque la pena ricordare che a luglio la Commissione europea ha proposto un regolamento per derogare ad alcune disposizioni della direttiva sugli organismi geneticamente modificati (Ogm) per le sperimentazioni cliniche e sui trattamenti che contengono o sono costituiti da Ogm. «Alcuni vaccini», si legge sul sito del Parlamento europeo, «e trattamenti anti Covid già in fase di sviluppo possono essere definiti Ogm e sono quindi coperti dalle direttive Ue sugli Ogm». La deroga, si precisa, sarà temporanea e legata alla pandemia.In Gran Bretagna il Comitato congiunto per la vaccinazione e l'immunizzazione ha sconsigliato la somministrazione alle donne in gravidanza. Su Clinical Trial, un database di studi clinici finanziati con fondi pubblici e privati condotti in tutto il mondo, è comparso un report di Moderna su una sperimentazione del vaccino che esclude le donne in gravidanza. Non solo quelle in evidente stato interessante. Per accedere alla sperimentazione bisognava astenersi da rapporti sessuali 28 giorni prima della dose e continuare la contraccezione nei 3 mesi successivi alla seconda dose. Per gli uomini valeva la restrizione di aver praticato la contraccezione e di essersi astenuti da rapporti sessuali dal momento della prima dose e fino a 3 mesi dopo la seconda dose. Questo lascia intendere che chi invece non si trova in tale condizione non è stato testato. Quindi che cosa succede se si viene vaccinati in una situazione di gravidanza iniziale? O si hanno avuti rapporti sessuali?La contrattazione per l'acquisto dei vaccini fa capo alla Ue. Al momento la Commissione non ha fornito i contenuti dei contratti stipulati: la mancanza di trasparenza è uno dei maggiori limiti di tutta l'operazione vaccini anti Covid. Pertanto, non si conoscono il costo sostenuto e in quali situazioni scatta la responsabilità con obbligo di indennizzo in caso di effetti collaterali non previsti. Chi si ammala a chi potrà rivolgersi per ottenere un risarcimento? L'Agenzia italiana del farmaco, interpellata sul tema della responsabilità di eventuali effetti collaterali, ha spiegato che «come per qualunque altro vaccino la responsabilità è in capo all'azienda farmaceutica, tranne che per le reazioni avverse indicate nel foglio illustrativo, come previsto dalla legge». Ma sono proprio le reazioni avverse l'oggetto del mistero. E a pagare potrebbero essere chiamati anche gli Stati che hanno contribuito a finanziare le ricerche.Infine, non ha ancora una risposta chiara l'interrogativo su che cosa accadrà se non si raggiungerà l'obiettivo dell'immunità di gregge, se cioè oltre il 70% della popolazione non si vaccina. Il farmaco potrebbe diventare obbligatorio in modo più o meno esplicito. Per esempio, potrebbe essere reso obbligatorio il rilascio di una sorta di passaporto sanitario per spostarsi liberamente anche all'estero. 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La rivista americana Science riporta la testimonianza di un biologo quarantenne, Luke Hutchison, che si è offerto volontario per una sperimentazione del vaccino di Moderna. Dopo aver ricevuto la seconda iniezione, un braccio si è gonfiato «come un uovo», riferisce Hutchison che ha fornito anche una foto dell'arto arrossato. Nel giro di poche ore dopo la somministrazione del farmaco, ha avuto la febbre alta oltre 39 gradi, accompagnata da forti dolori muscolari e alle ossa: «Ho cominciato a tremare e ho passato la notte davanti al telefono nell'incertezza se chiamare l'ambulanza». I sintomi di Hutchison si sono risolti dopo 12 ore. Bernice Hausman, esperta di controversie sui vaccini al College of medicine della Pennsylvania State University, ancora su Science ha sollevato il problema di come supportare le persone con reazioni serie. Hausman richiama l'attenzione su strutture in grado non solo di effettuare la vaccinazione ma anche di assistere i vaccinati. C'è la testimonianza di Ian Haydon, che ha ricevuto la dose più alta del vaccino Moderna nella prima sperimentazione umana. Riferisce di aver avuto brividi e mal di testa, dolori muscolari, stanchezza, nausea e febbre alta a 39,6 gradi. È stato sottoposto a cure urgenti e in seguito ha vomitato ed è svenuto prima che i sintomi si ritirassero, circa 24 ore dopo. Haydon dice che la sua esperienza è stata «un piccolo prezzo da pagare» per la possibilità di tornare alla vita normale. Su Scientific American è comparso un articolo di William Aseltine, scienziato noto per gli studi sull'Hiv e sul genoma umano, professore all'Harvard medical school, che mette in guardia dal rischio di avere fretta nello sfornare un vaccino. Fattori come l'età influiscono sulla risposta alla copertura contro il virus: «Più invecchiamo, peggiore è la capacità di rispondere ai vaccini. La resistenza alla vaccinazione inizia sui 30 anni e diventa progressivamente più profonda con il tempo. E con il Covid gli over 60 sono la popolazione più a rischio. La vaccinazione degli anziani a volte può avere successo somministrando dosi ripetute e aumentando la potenza del vaccino con adiuvanti che però possono essere rischiosi per chi è in età avanzata». Aseltine definisce una «follia affrettarsi per un vaccino nel 2020 se è probabile che abbia solo un beneficio limitato per la popolazione più bisognosa e potrebbe mettere a rischio persone altrimenti sane». Lo scienziato mette in guardia dal rischio che effetti collaterali possano incrinare la fiducia in altri vaccini salvavita: «Vale la pena aspettare un vaccino sicuro, efficace per tutti coloro che sono a rischio, soprattutto quando abbiamo altre soluzioni in mano. Sappiamo dall'esperienza dei Paesi asiatici che l'epidemia può essere fermata con misure di salute pubblica di base: test diffusi, tracciamento dei contatti e quarantena controllata obbligatoria, non necessariamente in una struttura sanitaria pubblica, ma nelle case con supervisione virtuale. Questi sforzi da soli potrebbero portare le nuove infezioni quasi a zero in poche settimane». Il Clinical Trials, un registro di studi clinici, il più grande database di sperimentazioni cliniche, riporta un articolo del giornalista inglese Reynald Castaneda, specializzato in temi scientifici, nel quale ci sono interventi di esperti perplessi sulla fretta con cui la casa farmaceutica AstraZeneca ha riavviato le sperimentazioni dopo che due volontari hanno avuto gravi effetti neurologici. Un editoriale sul British medical journal denuncia la scarsa trasparenza nei risultati dei test mentre il Washington Post riferisce che tra medici e infermieri ci sono molte perplessità sul vaccino: prima di sostenerlo, vogliono più dati sulla sperimentazione. La diffidenza sarebbe tale che molti di loro hanno detto chiaramente che non saranno in prima fila a farsi vaccinare. Secondo un rapporto di ricercatori dell'Università della California, il 66% degli operatori sanitari di Los Angeles intende aspettare prima di farsi vaccinare mentre da un sondaggio dell'American nurses association, un'organizzazione nazionale di infermiere, è emerso che un terzo dei membri non ha intenzione di vaccinarsi e un altro terzo è indeciso. A Boston i principali ospedali universitari stanno lanciando video informativi rivolti al personale medico per convincerli dell'efficacia del farmaco. Un report del Pew Research Center ha rilevato che solo il 51% degli statunitensi è disponibile a farsi vaccinare e il 19% ha fiducia che il processo di sviluppo del vaccino produrrà un prodotto sicuro ed efficace. <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem2" data-id="2" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/tutti-i-dubbi-sui-vaccini-ogm-2649329684.html?rebelltitem=2#rebelltitem2" data-basename="ancora-troppi-segreti-sul-contratto-tra-ue-e-aziende-farmaceutiche" data-post-id="2649329684" data-published-at="1607278963" data-use-pagination="False"> «Ancora troppi segreti sul contratto tra Ue e aziende farmaceutiche» La Commissione europea ha firmato 5 contratti con altrettante case farmaceutiche per l'acquisto dei vaccini, ma finora il contenuto è rimasto segreto. Sollecitata dalle interrogazioni parlamentari la Commissione si è rifiutata di fornire qualsiasi informazione su tali accordi, sul prezzo e soprattutto sulle responsabilità qualora emergessero effetti collaterali imprevisti. È avvolto dal mistero il vaccino contro il Covid, più di un segreto di Stato, nonostante ci siano in gioco milioni di vite umane. L'europarlamentare belga Marc Botenga ha cercato di aprire una breccia in questo muro di silenzio, ma finora senza esito. Le sue interrogazioni parlamentari sono cadute nel vuoto, hanno ricevuto risposte generiche e un secco rifiuto quando ha cercato di andare più a fondo. Il Financial Times ha scritto che la lobby dei vaccini dell'industria farmaceutica ha fatto pressing sulla Ue per essere esentata da azioni legali in caso di effetti collaterali. Da Bruxelles, Botenga spiega alla Verità che cosa è riuscito a sapere sulle clausole di responsabilità civile contenute nei contratti tra la Ue e le case farmaceutiche. Chi paga se le cose dovessero andare storte, se nel medio e lungo termine emergessero effetti collaterali seri dalle vaccinazioni? «A settembre scorso il capo della Direzione generale per la salute e la sicurezza alimentare, Sandra Gallina, in un'audizione parlamentare disse che le aziende farmaceutiche sarebbero civilmente responsabili per qualsiasi difetto del vaccino, ma potrebbero evitare di pagare un indennizzo nel caso dei cosiddetti “difetti nascosti". Nell'interrogazione ho chiesto alla Commissione di specificare come e da chi verrebbero definiti i “difetti nascosti" e se la Commissione poteva indicare casi concreti in cui le società farmaceutiche sono esentate in tutto o in parte dal pagamento dell'indennizzo. Infine, ho chiesto se gli Stati membri saranno costretti a risarcire i danneggiati al posto delle industrie del farmaco». Che cosa ha risposto la Commissione? Chi è responsabile se il vaccino provoca danni e chi risarcisce? «Il commissario Ue per la Salute, Stella Kyriakides, ha risposto che nei contratti definiti dalla Commissione europea con le aziende farmaceutiche è previsto l'obbligo da parte degli Stati membri di pagare un indennizzo per effetti collaterali che non si possono prevedere. In base alla direttiva sulla responsabilità del prodotto, ha ricordato Kyriakides, il produttore non è responsabile se dimostra che lo stato delle conoscenze scientifiche e tecniche al momento in cui è stato messo in circolazione il prodotto non era tale da consentire la scoperta di un difetto. Quindi se la società non è ritenuta responsabile, non è costretta a pagare il risarcimento. E la responsabilità dovrà essere evidente. Qualsiasi difetto, mi ha detto Kyriakides, dovrà essere accertato davanti al tribunale competente con una prova del danno, del difetto e della relazione causale tra difetto e danno. Sarà molto, molto difficile inchiodare le industrie farmaceutiche alle loro responsabilità. Ma c'è di più. Non solo i produttori di vaccino non pagheranno per gli eventuali effetti collaterali, ma riceveranno soldi dagli Stati a titolo di copertura di possibili cause legali». Vuol dire che le aziende farmaceutiche oltre a lavarsi le mani di eventuali danni provocati dal vaccino, riceveranno un indennizzo dai governi? «Proprio così. Nella risposta all'interrogazione il commissario Kyriakides mi scrive questo: gli accordi di acquisto anticipato dei vaccini Covid prevedono che gli Stati membri indennizzino il produttore per eventuali responsabilità sostenute solo a determinate condizioni stabilite nell'accordo. In tutte le altre condizioni non definite negli accordi, gli Stati membri non saranno obbligati a indennizzare il produttore. Ovvero gli Stati farebbero da polizza assicuratrice». La Commissione ha fatto accordi con le industrie farmaceutiche nei quali sono stabiliti una serie di condizioni. Quali? «Qui cominciano i segreti. Alla mia richiesta di conoscere i contenuti degli accordi, cioè le condizioni di acquisto e il prezzo…». È calata la cortina di silenzio? «Peggio. Mi è stato risposto che c'è il segreto commerciale. Ma questo dovrebbe riguardare informazioni sensibili per l'azienda, non le condizioni e il prezzo sui quali sarebbe necessaria la massima trasparenza». Lei ha chiesto a quale prezzo l'Europa acquisterà i vaccini? «Mi è stato risposto con un “no comment"». Che idea si è fatto di questi accordi? «La Commissione sta negoziando i contratti velocemente e non sono sicuro che lo stia facendo nel migliore dei modi». C'è qualche altra cosa che non la convince? «Nella squadra dei negoziatori della Commissione Ue c'è Richard Bergstrom, fino al 2016 a capo dell'Efpia, la lobby farmaceutica europea, quindi un personaggio che è in totale conflitto di interessi. L'agenzia di stampa Reuters ha calcolato, prendendo a riferimento i prezzi praticati sui vaccini negli Usa, che i prodotti di Pfizer e Moderna potrebbero costare all'Europa oltre 10 miliardi di euro. Certo, alla fine, sui prezzi ci sarà un controllo della Corte dei conti europea, ma prima che questo avvenga passerà molto». Come mai il silenzio su quanto la Commissione pagherà le dosi? «Potrebbero voler nascondere che pagano troppo. Guardate quello che è successo con il Remdesivir, l'antivirale usato contro il Covid. La Ue aveva contrattato un accordo quadro di 1 miliardo a inizio ottobre per 500.000 trattamenti anche se il 23 settembre l'Oms aveva detto che il farmaco non funzionava. Si è fatta buggerare, o lo sapeva ed è andata avanti lo stesso?».
Il premier: «Il governo ci ha creduto fin dall’inizio, impulso decisivo per nuovi traguardi».
«Il governo ha creduto fin dall’inizio in questa sfida e ha fatto la sua parte per raggiungere questo traguardo. Ringrazio i ministri Lollobrigida e Giuli che hanno seguito il dossier, ma è stata una partita che non abbiamo giocato da soli: abbiamo vinto questa sfida insieme al popolo italiano. Questo riconoscimento imprimerà al sistema Italia un impulso decisivo per raggiungere nuovi traguardi».
Lo ha detto la premier Giorgia Meloni in un videomessaggio celebrando l’entrata della cucina italiana nei patrimoni culturali immateriali dell’umanità. È la prima cucina al mondo a essere riconosciuta nella sua interezza. A deliberarlo, all’unanimità, è stato il Comitato intergovernativo dell’Unesco, riunito a New Delhi, in India.
Ansa
I vaccini a Rna messaggero contro il Covid favoriscono e velocizzano, se a dosi ripetute, la crescita di piccoli tumori già presenti nell’organismo e velocizzano la crescita di metastasi. È quanto emerge dalla letteratura scientifica e, in particolare, dagli esperimenti fatti in vitro sulle cellule e quelli sui topi, così come viene esposto nello studio pubblicato lo scorso 2 dicembre sulla rivista Mdpi da Ciro Isidoro, biologo, medico, patologo e oncologo sperimentale, nonché professore ordinario di patologia generale all’Università del Piemonte orientale di Novara. Lo studio è una review, ovvero una sintesi critica dei lavori scientifici pubblicati finora sull’argomento, e le conclusioni a cui arriva sono assai preoccupanti. Dai dati scientifici emerge che sia il vaccino a mRna contro il Covid sia lo stesso virus possono favorire la crescita di tumori e metastasi già esistenti. Inoltre, alla luce dei dati clinici a disposizione, emerge sempre più chiaramente che a questo rischio di tumori e metastasi «accelerati» appaiono più esposti i vaccinati con più dosi. Fa notare Isidoro: «Proprio a causa delle ripetute vaccinazioni i vaccinati sono più soggetti a contagiarsi e dunque - sebbene sia vero che il vaccino li protegge, ma temporaneamente, dal Covid grave - queste persone si ritrovano nella condizione di poter subire contemporaneamente i rischi oncologici provocati da vaccino e virus naturale messi insieme».
Sono diversi i meccanismi cellulari attraverso cui il vaccino può velocizzare l’andamento del cancro analizzati negli studi citati nella review di Isidoro, intitolata «Sars-Cov2 e vaccini anti-Covid-19 a mRna: Esiste un plausibile legame meccanicistico con il cancro?». Tra questi studi, alcuni rilevano che, in conseguenza della vaccinazione anti-Covid a mRna - e anche in conseguenza del Covid -, «si riduce Ace 2», enzima convertitore di una molecola chiamata angiotensina II, favorendo il permanere di questa molecola che favorisce a sua volta la proliferazione dei tumori. Altri dati analizzati nella review dimostrano inoltre che sia il virus che i vaccini di nuova generazione portano ad attivazione di geni e dunque all’attivazione di cellule tumorali. Altri dati ancora mostrano come sia il virus che il vaccino inibiscano l’espressione di proteine che proteggono dalle mutazioni del Dna.
Insomma, il vaccino anti-Covid, così come il virus, interferisce nei meccanismi cellulari di protezione dal cancro esponendo a maggiori rischi chi ha già una predisposizione genetica alla formazione di cellule tumorali e i malati oncologici con tumori dormienti, spiega Isidoro, facendo notare come i vaccinati con tre o più dosi si sono rivelati più esposti al contagio «perché il sistema immunitario in qualche modo viene ingannato e si adatta alla spike e dunque rende queste persone più suscettibili ad infettarsi».
Nella review anche alcune conferme agli esperimenti in vitro che arrivano dal mondo reale, come uno studio retrospettivo basato su un’ampia coorte di individui non vaccinati (595.007) e vaccinati (2.380.028) a Seul, che ha rilevato un’associazione tra vaccinazione e aumento del rischio di cancro alla tiroide, allo stomaco, al colon-retto, al polmone, al seno e alla prostata. «Questi dati se considerati nel loro insieme», spiega Isidoro, «convergono alla stessa conclusione: dovrebbero suscitare sospetti e stimolare una discussione nella comunità scientifica».
D’altra parte, anche Katalin Karikó, la biochimica vincitrice nel 2023 del Nobel per la Medicina proprio in virtù dei suoi studi sull’Rna applicati ai vaccini anti Covid, aveva parlato di questi possibili effetti collaterali di «acceleratore di tumori già esistenti». In particolare, in un’intervista rilasciata a Die Welt lo scorso gennaio, la ricercatrice ungherese aveva riferito della conversazione con una donna sulla quale, due giorni dopo l’inoculazione, era comparso «un grosso nodulo al seno». La signora aveva attribuito l’insorgenza del cancro al vaccino, mentre la scienziata lo escludeva ma tuttavia forniva una spiegazione del fenomeno: «Il cancro c’era già», spiegava Karikó, «e la vaccinazione ha dato una spinta in più al sistema immunitario, così che le cellule di difesa immunitaria si sono precipitate in gran numero sul nemico», sostenendo, infine, che il vaccino avrebbe consentito alla malcapitata di «scoprire più velocemente il cancro», affermazione che ha lasciato e ancor di più oggi lascia - alla luce di questo studio di Isidoro - irrisolti tanti interrogativi, soprattutto di fronte all’incremento in numero dei cosiddetti turbo-cancri e alla riattivazione di metastasi in malati oncologici, tutti eventi che si sono manifestati post vaccinazione anti- Covid e non hanno trovato altro tipo di plausibilità biologica diversa da una possibile correlazione con i preparati a mRna.
«Marginale il gabinetto di Speranza»
Mentre eravamo chiusi in casa durante il lockdown, il più lungo di tutti i Paesi occidentali, ognuno di noi era certo in cuor suo che i decisori che apparecchiavano ogni giorno alle 18 il tragico rito della lettura dei contagi e dei decessi sapessero ciò che stavano facendo. In realtà, al netto di un accettabile margine di impreparazione vista l’emergenza del tutto nuova, nelle tante stanze dei bottoni che il governo Pd-M5S di allora, guidato da Giuseppe Conte, aveva istituito, andavano tutti in ordine sparso. E l’audizione in commissione Covid del proctologo del San Raffaele Pierpaolo Sileri, allora viceministro alla Salute in quota 5 stelle, ha reso ancor più tangibile il livello d’improvvisazione e sciatteria di chi allora prese le decisioni e oggi è impegnato in tripli salti carpiati pur di rinnegarne la paternità. È il caso, ad esempio, del senatore Francesco Boccia del Pd, che ieri è intervenuto con zelante sollecitudine rivolgendo a Sileri alcune domande che son suonate più come ingannevoli asseverazioni. Una per tutte: «Io penso che il gabinetto del ministero della salute (guidato da Roberto Speranza, ndr) fosse assolutamente marginale, decidevano Protezione civile e coordinamento dei ministri». Il senso dell’intervento di Boccia non è difficile da cogliere: minimizzare le responsabilità del primo imputato della malagestione pandemica, Speranza, collega di partito di Boccia, e rovesciare gli oneri ora sul Cts, ora sulla Protezione civile, eventualmente sul governo ma in senso collegiale. «Puoi chiarire questi aspetti così li mettiamo a verbale?», ha chiesto Boccia a Sileri. L’ex sottosegretario alla salute, però, non ha dato la risposta desiderata: «Il mio ruolo era marginale», ha dichiarato Sileri, impegnato a sua volta a liberarsi del peso degli errori e delle omissioni in nome di un malcelato «io non c’ero, e se c’ero dormivo», «il Cts faceva la valutazione scientifica e la dava alla politica. Era il governo che poi decideva». Quello stesso governo dove Speranza, per forza di cose, allora era il componente più rilevante. Sileri ha dichiarato di essere stato isolato dai funzionari del ministero: «Alle riunioni non credo aver preso parte se non una volta» e «i Dpcm li ricevevo direttamente in aula, non ne avevo nemmeno una copia». Che questo racconto sia funzionale all’obiettivo di scaricare le responsabilità su altri, è un dato di fatto, ma l’immagine che ne esce è quella di decisori «inadeguati e tragicomici», come ebbe già ad ammettere l’altro sottosegretario Sandra Zampa (Pd).Anche sull’adozione dell’antiscientifica «terapia» a base di paracetamolo (Tachipirina) e vigile attesa, Sileri ha dichiarato di essere totalmente estraneo alla decisione: «Non so chi ha redatto la circolare del 30 novembre 2020 che dava agli antinfiammatori un ruolo marginale, ne ho scoperto l’esistenza soltanto dopo che era già uscita». Certo, ha ammesso, a novembre poteva essere dato maggiore spazio ai Fans perché «da marzo avevamo capito che non erano poi così malvagi». Bontà sua. Per Alice Buonguerrieri (Fdi) «è la conferma che la gestione del Covid affogasse nella confusione più assoluta». Boccia è tornato all’attacco anche sul piano pandemico: «Alcuni virologi hanno ribadito che era scientificamente impossibile averlo su Sars Cov-2, confermi?». «L'impatto era inatteso, ma ovviamente avere un piano pandemico aggiornato avrebbe fatto grosse differenze», ha replicato Sileri, che nel corso dell’audizione ha anche preso le distanze dalle misure suggerite dall’Oms che «aveva un grosso peso politico da parte dalla Cina». «I burocrati nominati da Speranza sono stati lasciati spadroneggiare per coprire le scelte errate dei vertici politici», è il commento di Antonella Zedda, vicepresidente dei senatori di Fratelli d’Italia, alla «chicca» emersa in commissione: un messaggio di fuoco che l’allora capo di gabinetto del ministero Goffredo Zaccardi indirizzò a Sileri («Stai buono o tiro fuori i dossier che ho nel cassetto», avrebbe scritto).In che mani siamo stati.
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Ecco #DimmiLaVerità del 10 dicembre 2025. Con il nostro Alessandro Rico analizziamo gli ostacoli che molti leader europei mettono sulla strada della pace in Ucraina.
L’intesa riguarda l’acquisto di un’area di 15.000 metri quadrati dal Consorzio ZAI e prevede un investimento complessivo di circa 20 milioni di euro. Si tratta di un progetto greenfield, cioè realizzato ex novo, che darà vita a un centro di manutenzione pensato fin dall’origine per rispondere alle esigenze della logistica ferroviaria europea e alla crescita del traffico merci su rotaia.
Il nuovo impianto sarà concepito secondo un modello open access, dunque accessibile a locomotive di diversi costruttori. L’hub ospiterà cinque binari dedicati alla manutenzione leggera e un binario riservato al tornio per la riprofilatura delle ruote, consentendo di effettuare test e interventi su locomotive multisistema e in corrente continua, compatibili con i principali sistemi di segnalamento europei. L’obiettivo è garantire elevati livelli di affidabilità e disponibilità operativa dei mezzi attraverso ispezioni programmate e interventi rapidi lungo l’intero ciclo di vita dei veicoli.
La scelta di Verona si lega alla centralità del corridoio Verona–Brennero, infrastruttura destinata a un deciso aumento della capacità ferroviaria con l’apertura della Galleria di Base del Brennero, prevista per il 2032. Il nuovo hub si inserirà inoltre in una rete già consolidata, integrandosi con il Rail Service Center di Siemens Mobility a Novara, operativo dal 2015 sul corridoio TEN-T Reno-Alpi e oggi punto di riferimento per la manutenzione di oltre 120 locomotive di operatori europei.
«Questo investimento rappresenta un ulteriore passo nel nostro impegno a favore di un trasporto merci sempre più sostenibile», ha dichiarato Pierfrancesco De Rossi, Ceo di Siemens Mobility in Italia. Secondo De Rossi, il nuovo hub di Verona è «una scelta strategica che conferma la fiducia di Siemens Mobility nel Paese e nel suo ruolo centrale nello sviluppo del settore», con l’obiettivo di rafforzare la posizione dell’Italia nella rete logistica europea e sostenere il passaggio verso modalità di trasporto meno impattanti.
Il progetto nasce dall’integrazione delle competenze delle due aziende. Siemens Mobility porterà a Verona l’esperienza maturata nella manutenzione delle locomotive dedicate al trasporto merci, mentre RAILPOOL contribuirà con il know-how sviluppato a livello europeo, facendo leva su sei officine di proprietà e su una rete di supporto che può contare su oltre 4.500 parti di ricambio disponibili a magazzino.
«Con il nuovo centro di manutenzione di Verona ampliamo il nostro potenziale manutentivo in una delle aree logistiche più strategiche d’Europa», ha spiegato Alberto Lacchini, General Manager di RAILPOOL Italia. Si tratta, ha aggiunto, di un investimento che riflette «un impegno di lungo periodo nel fornire soluzioni di leasing affidabili e complete», in grado di rispondere a esigenze operative in continua evoluzione.
La collaborazione tra Siemens Mobility e RAILPOOL si inserisce in un percorso avviato nel 2024, quando le due società hanno sottoscritto un accordo quadro per la fornitura a RAILPOOL di circa 250 locomotive, incluse le varianti multisistema Vectron oggi operative in 16 Paesi lungo i principali corridoi ferroviari europei.
Sul valore dell’investimento è intervenuta anche Barbara Cimmino, vice presidente di Confindustria per l’Export e l’Attrazione degli Investimenti e presidente dell’Advisory Board Investitori Esteri. «L’investimento di Siemens Mobility in Veneto è un segnale significativo per la competitività italiana», ha affermato, sottolineando come il progetto confermi la centralità del Paese nella logistica ferroviaria europea e nei processi di transizione sostenibile. Un’iniziativa che, secondo Cimmino, evidenzia il contributo degli investitori internazionali nel rafforzare le filiere strategiche e la capacità dell’Italia di offrire ecosistemi solidi e competenze tecniche avanzate.
Per Siemens Mobility, la manutenzione delle locomotive resta una delle attività centrali anche in Italia, all’interno di una rete globale che comprende oltre 100 sedi in più di 30 Paesi e circa 7.000 specialisti. L’apertura del nuovo hub di Verona consolida questo presidio e rafforza il ruolo del Paese come snodo industriale e logistico in una fase di forte crescita del trasporto merci su ferro.
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