2020-12-17
Tutti gli errori della campagna anti Covid
(Marco Mantovani/Getty Images)
Troppe scelte irragionevoli nel «modello italiano» di risposta alla pandemia. A partire dai criteri per la ricerca dei contagiati fino al calcolo (gonfiato?) dei morti. Anche un'informazione sommaria tesa a spaventare può avere effetti collaterali devastanti.Caro direttore, come medico e cittadino mi sento in dovere di far presenti alcuni fatti che ritengo non essere stati sufficientemente messi in rilievo, almeno finora, riguardo alle problematiche connesse alla epidemia da Sars-Cov2.Siamo partiti purtroppo da una grave e colpevole sottovalutazione iniziale. Ricordiamo solo alcune cose dette: «È solo una brutta influenza», «dobbiamo fermare il virus, non le persone», «Milano non si ferma» e così via cantando e dicendo sciocchezze pericolose. Poi, improvvisamente, il brusco ritorno alla realtà, il rapido precipitare degli eventi e la corsa ai ripari con chiusura totale di tutto il Paese. Poi si capì che: a) il virus circolava già in Italia, allegramente e liberamente, fin da fine dicembre 2019 / inizio gennaio 2020, e ha continuato a farlo fino al 9 marzo senza nessuna misura di protezione nonostante fosse stato proclamato lo stato di emergenza fin dal 1° febbraio; b) al Sud si sarebbero potute prendere misure più graduali e regionalizzate. Il 4 maggio si riapre e subito un grande allarme: un analista di dati (non medico) e un'agenzia straniera (Imperial College di Londra) prevedono per giugno una «seconda ondata» devastante con decine di migliaia di morti; il Napoli vince una coppa e i napoletani invadono la città; diverse manifestazioni in varie città. La catastrofe è annunciata, ma non succede proprio niente. Effetto del blocco totale? Certamente in buona parte, ma non solo. Tutti i virus respiratori, sono fortemente influenzati da fattori climatici, non ancora del tutto compresi di cui si continua a non tenere sufficientemente conto.La migliorata situazione consente un'estate più serena con allentamento di molte, forse troppe, precauzioni. La curva dei contagi riprende a salire decisamente solo a inizio ottobre. Ciò fa pensare che la maggiore responsabilità della ripresa autunnale vada, più che alle follie estive, al sovraccarico dei trasporti (bus, metro, treni regionali dei pendolari e degli studenti) con notevole e rischioso assembramento delle persone, anche se (parzialmente) protette dalla mascherina. Arrivano nuove restrizioni in previsione di una traversata nel deserto in attesa dei vaccini o degli anticorpi monoclonali. La sindrome Covid è molto caratteristica e facilmente differenziabile con una semplice anamnesi ben condotta circa i sintomi e la loro tempistica di comparsa. Ricordiamo che i test non possono avere una specificità del 100% per i falsi negativi o positivi sempre presenti. Sintomi Covid di esordio: tosse secca, febbre anche elevata, profonda astenia spesso per ipotensione marcata a rischio di lipotimia; più rari: faringodinia, ageusia, anosmia, dolori articolari, congiuntivite, eruzione cutanea polimorfa. Influenza: febbre, rinite secretiva spesso violenta, faringodinia talora forte, tosse di vario tipo, dolori osteoarticolari diffusi (ossa rotte), astenia lieve senza ipotensione marcata. Le differenze sono notevoli e spicca l'assenza del raffreddore, molto importante anche per altri motivi che vedremo. In realtà un raffreddore, di solito modesto e fuggevole (un giorno) può manifestarsi nella seconda fase di malattia (dopo diversi giorni). Solitamente precede la guarigione, tuttavia, se si prolunga ed aggrava può precedere la polmonite! In sintesi: la diagnosi differenziale clinica è piuttosto agevole.Il coronavirus Sars-Cov2 è un virus a prevalente diffusione respiratoria. Tutti gli studi che ci informano sulla permanenza del virus sulle varie superfici non ci dicono se, in condizioni naturali, esista un reale rischio di contagio. Alcuni recenti studi lo hanno ulteriormente escluso. Da queste considerazioni si evince che le misure preventive andrebbero accentuate verso la trasmissione aerea e allentate verso quella per contatto.Quindi in primis distanziamento, che è la misura più importante; il virus infatti si trasmette per goccioline, ad elevata carica virale, il cui percorso in aria può variare anche sensibilmente a seconda dello stato fisico atmosferico (umidità, insolazione, temperatura, pressione atmosferica) oppure per aerosol, particelle molto più piccole e a minor carica virale, ma che possono persistere in aria molto a lungo; ne consegue che le mascherine sono fondamentali al chiuso purché si rispetti comunque il distanziamento. Tutta la esasperante discussione mascherina sì/no ha ingenerato la convinzione che esse siano la prima misura protettiva, cosa che, come spiegato, così non è.Quanto alle cifre della pandemia, possiamo dire che vengono dati i numeri, letteralmente. Partiamo dai contagi. Un ministro per evidenziare la gravità della situazione ha sbandierato in tv un grafico che mostrava l'andamento dei contagi assoluti da febbraio ad oggi. Peccato che tale curva sia del tutto fuorviante, visto che non tiene conto del numero dei tamponi fatti. Dal 15 al 25% dei contagi sono secondi o terzi controlli e, soprattutto, un numero imprecisato (andrebbe invece sempre precisato) sono «debolmente positivi», il che vuol dire a bassa o bassissima carica virale, che solo una Pcr potenziata può evidenziare; i cosiddetti «debolmente positivi» secondo uno studio italiano sono contagiosi nel 3% dei casi (praticamente non contagiano) e quindi non dovrebbero essere presi in considerazione se non per scopi di ricerca. Una piccola nota finale: non si sono osservati ultimamente veri aumenti «esponenziali» dei contagi. La curva «vera» ha un andamento assolutamente lineare. Una funzione (matematica) esponenziale è ben altra cosa.Ma il vero punto dolente è legato ai numeri dei decessi. Si parla di letalità (rapporto deceduti/contagiati) e non di mortalità (deceduti/popolazione). Bene (male), siamo nelle posizioni di testa, primi in Europa e tra i primi al mondo.Perché? È chiaro che un Paese più «giovane» avrà una letalità minore per motivi puramente demografici. Ma perché la Germania (o la Svezia o la Svizzera) hanno una letalità di gran lunga inferiore? Un illustre collega che lavora in Germania imputa ciò al piano pandemico tedesco (pronto e prontamente attivato) con migliore uso della medicina territoriale e un maggior numero di terapie intensive. Tutto vero, soprattutto per marzo/aprile. Ora però non è così: si è solo superata, in alcune regioni, la soglia critica del 30%. Bastano questi fattori a spiegare una differenza così eclatante? Il collega accenna a un altro possibile fattore: la classificazione e codificazione dei decessi. Il fatto è che i nostri colleghi semplicemente applicano alla lettera le disposizioni in materia. L'Oms ha redatto un documento con i criteri che ritiene i migliori per classificare i decessi in Covid-correlati e non-Covid. Trovo sia molto valido. Esso termina con la raccomandazione di utilizzare criteri il più possibile omogenei a questo riguardo anche per consentire un corretto confronto dei dati. L'Oms distingue solo decessi Covid e non-Covid; noi abbiamo 4 categorie con anche i «sospetti» e i «probabili» Covid (risparmio le definizioni). Ma il punto davvero critico è la valutazione dei pazienti (generalmente anziani) con patologie multiple cui il virus si sovrappone. L'Oms afferma chiaramente che, in assenza di polmonite e di chiaro interessamento respiratorio acuto, le patologie che possono considerarsi aggravate dall'infezione in modo tale da poter determinare la morte sono: 1) patologie respiratorie croniche, 2) patologie cardiovascolari ischemiche cardiache e/o cerebrali e infine 3) malattie metaboliche scompensate. Le linee italiane invece considerano tutte le principali patologie come possibile motivo di aggravamento della prognosi e del rischio di morte. In pratica, tutte le persone che purtroppo decedono a motivo della loro grave malattia, ma che risultino positive al test, sono da noi classificate come decedute per il virus. Sembra paradossale, ma se si legge il nostro documento si evince che viene rovesciato l'onere della prova: non si deve dimostrare che il virus è causa determinante il decesso ma l'inverso, ovvero che un'altra causa è motivo evidente di un decesso non dovuto al virus! È palese come in questo modo possa giungersi a una alterazione dei numeri che potrebbe essere molto rilevante. Agli italiani va detta la verità: non vanno trattati in modo paternalistico come bambini un po' mascalzoncelli, ma vanno informati in modo corretto e messi di fronte alle proprie responsabilità. Non si considera abbastanza che invece terrorizzare con informazioni sommarie può indurre soprattutto nei giovani - ma forse non solo - una reazione di rigetto e rifiuto e, quindi, risultare alla fine controproducente, oltre ad indurre seri effetti collaterali di natura psichica e aggravare oltre il giusto le inevitabili ripercussioni economiche negative.Ultimo, e fondamentale, argomento: la paura. Un sentimento? Non proprio: un istinto fondamentale, di sopravvivenza, localizzato in profondità nelle nostre strutture cerebrali. La paura può salvare la vita o essere dannosa se non è proporzionata al pericolo. Ho la fondata impressione che si sia superato il giusto limite con l'idea che fare un po' di paura, magari eccessiva, sia utile a imporre i giusti comportamenti. Ma tale atteggiamento produce danni psichici molto seri su tre categorie di soggetti: i bimbi piccoli, molto sensibili all'atmosfera di paura che li circonda; persone già affette da patologie psicologiche e/o psichiatriche; persone anziane fragili anche psicologicamente. I colleghi psicologi e psichiatri sono ben consapevoli di un'epidemia silenziosa e parallela di cui non si parla abbastanza: quella psicopatologica.Il secondo tipo di «effetto collaterale» consiste nel danno economico. Quindi, se l'asticella della paura si trova oggi molto al di sopra del giusto livello, è doveroso tentare di riportarla in equilibrio senza per questo negare il grave pericolo tuttora in corso e senza pretendere di portarla al di sotto del giusto livello. Dobbiamo tendere, per quanto sia difficile, alla verità; questa idea platonica che a volte ci appare come un miraggio fuggevole e mai raggiunto. Per questa difficile impresa possiamo avvalerci della ragione e del sapere scientifico combinati con quella pacifica virtù che ha nome di semplice buonsenso e che tanto spesso ci sembra mancare a molti oggigiorno.Al tempo stesso dobbiamo provare a sfuggire - e questo è ancora più difficile - alla trappola della partigianeria preconcetta e schierata che - come insegna il Maestro di cui ci apprestiamo a ricordare la venuta al mondo - ci farà sempre scorgere la pagliuzza nell'occhio dell'avversario senza accorgerci della trave nel nostro.
Edoardo Raspelli (Getty Images)
Nel riquadro: Mauro Micillo, responsabile Divisione IMI Corporate & Investment Banking di Intesa Sanpaolo (Getty Images)
L'ex procuratore di Pavia Mario Venditti (Ansa)