Media e istituzioni sanitarie urlano al pericolo virus, ignorando le patologie causate in larga parte dalla scorretta alimentazione, in vertiginoso aumento. Come i tumori, in crescita tra gli under 50, che colpiscono sempre più spesso il tratto gastrointestinale.
Media e istituzioni sanitarie urlano al pericolo virus, ignorando le patologie causate in larga parte dalla scorretta alimentazione, in vertiginoso aumento. Come i tumori, in crescita tra gli under 50, che colpiscono sempre più spesso il tratto gastrointestinale.Ci vorrebbero convincere che è ormai tempo di vivere in uno stato di «emergenza permanente», scandito dai disastri climatici e dall’irrompere straripante del nuovo nemico: i virus. Uno scenario apocalittico descritto a tinte fosche da David Quammen sul New York Times e di cui Francesco Borgonovo ci ha ampiamente ragguagliato sulla Verità. Diciamo subito che tale rappresentazione è spudoratamente falsa. A dispetto dei tentativi di riesumare il pericolo Covid e di suscitare nuovi allarmismi parlando di pretese pandemie (ricordate il vaiolo delle scimmie?) che hanno in realtà dimensione locale e limitata, è sotto l’evidenza di tutti che il pericolo non esiste. La vita umana è da sempre in precario equilibrio rispetto a un ambiente potenzialmente ostile. Al netto dei progressi scientifici, sono stati tuttavia i miglioramenti nelle condizioni igieniche e nell’alimentazione a determinare uno svolta decisiva a favore dell’uomo. Inoltre, qualunque infezione - batterica o virale - è in se stessa auto-limitante: nessuna specie microbica ha un interesse evolutivo nello sterminare il proprio ospite. Non può essere invece un caso che, tra tante emergenze terrificanti, si finisca con il dimenticare i veri rischi che si profilano per la salute mondiale e su cui il mondo politico e giornalistico sono muti. Per rimanere nell’ambito delle malattie infettive si potrebbe sottolineare la crisi della resistenza agli antibiotici e l’aumento dei ceppi microbici refrattari a qualunque terapia. Eppure non c’è nessun programma serio finalizzato a identificare nuovi farmaci. Il motivo è semplice ed è stato dichiarato con disarmante sincerità: le grandi aziende farmaceutiche non hanno convenienza economica a introdurre sul mercato nuovi antibiotici. Troppi costi e magri rendimenti. Ma c’è di peggio. Non si parla quasi mai della nuova pandemia che vede in crescita abnorme sia i casi di obesità e diabete («diabesity»), sia i tumori nelle classi di età più giovani (meno di 50 anni). Un miliardo di persone nel mondo convive con l’obesità che è più che raddoppiata dal 1990, mentre è quadruplicata tra bambini e adolescenti. Il 38% della popolazione adulta mondiale sarà in sovrappeso entro il 2030, con un balzo nella incidenza del diabete che tra il 1990 e il 2010 è già cresciuto da 10 a 239 milioni. Per il 2030 si valuta di giungere a 366 milioni, anche se questa sembra essere ormai una previsione sottostimata (il 90% delle persone con diabete sono sovrappeso o obese). L’obesità è una malattia cronica complessa. Le cause sono ben note, così come gli interventi necessari per fronteggiarla. Tuttavia, non solo questi non vengono attivamente perseguiti, ma dobbiamo registrare stupefatti una campagna «culturale» che tende a legittimare l’obesità come «scelta di vita». A partire da Grasso è bello - la commedia musicale del 2002 - si è venuta sviluppando la cosiddetta «fat acceptance», parte di una più generale rivolta contro i canoni tradizionali della bellezza. Segno dei tempi, come stigmatizzato da Karl Rosenkrantz. Ma anche sfida aperta ai criteri base della medicina. L’obesità è in realtà una malattia che incrementa sensibilmente il rischio di altre malattie a cominciare dal diabete. Si calcola che nel 2019 circa 5 milioni di decessi per malattie non trasmissibili (cardio-metaboliche, diabete e cancro) siano stati causati dal sovrappeso. È rilevante come l’incidenza di queste due patologie abbia registrato una impennata a partire dal 1990, un periodo di cambiamenti sostanziali nell’alimentazione e nella nutrizione, che hanno visto il diffondersi a macchia d’olio di modelli alimentari sbagliati imperniati sull’iperconsumo di zuccheri e grassi di origine animale. Nello stesso periodo sono andati moltiplicandosi gli attacchi contro la dieta mediterranea, portando sul banco degli accusati nutrienti come l’olio di oliva e altri ancora ritenuti «inadatti» ad assicurare la salute. Tutto questo non è casuale, dato che chi denigra i cibi tradizionali è anche in prima fila nel sostenere la carne sintetica e il nutriscore propagandato da Bruxelles. Il progetto, neanche troppo mascherato, è quello di accentrare nelle mani di pochi industriali - spesso legati a Big Pharma - il destino della produzione e del consumo di alimenti. C’è poi il problema della concomitante crescita dei tumori nei nati dopo il 1980. Semplici statistiche ci restituiscono il quadro in tutta la sua straordinaria drammaticità. L’incidenza è cresciuta tra il 1990 e il 2019 di circa l’80%. Al di sotto dei 50 anni, un buon numero di tumori - mammella, polmone, tumori gastro-intestinali, utero e cute - sono in continua crescita. Si calcola che per il 2040 avremo un ulteriore +45%. Il problema è stato sollevato con autorevolezza da Nature («Is early - onset cancer an emerging global epidemic?»), e riconfermato da altre importanti riviste scientifiche. Ma incredibilmente nessuna prima pagina dei quotidiani ha dedicato spazio alla notizia. Ci sono evidentemente epidemie meno epidemiche di altre.Tutto questo dimostra che i tumori non possano essere più considerati come una patologia legata all’invecchiamento generale della popolazione, ma che si è in presenza di un fenomeno nuovo sicuramente correlato ai cambiamenti nell’esposizione a nuovi fattori di rischio nel corso nei primi anni di vita, quando le strutture organiche mostrano una suscettibilità ai cancerogeni di gran lunga superiore a quella rilevata nelle persone più anziane. I fattori di rischio cancerogeno sono molti - dai distruttori endocrini alle alterazioni dei ritmi sonno-veglia - ma il capitolo più promettente riguarda proprio il rapporto tra obesità/diabete e tumori, considerato che 8 su 14 dei tumori per i quali è stato registrato il maggiore aumento di incidenza riguardano il tratto gastrointestinale. Certo non c’è vaccino contro questa minaccia, e in assenza di una soluzione «miracolosa» da vendere al pubblico, si preferisce passare l’argomento sotto silenzio. Non mi pare che ci siano orde di tele-oncologi che gridino al disastro e richiedono l’adozione di misure draconiane per fronteggiare la nuova «epidemia». Eppure dovrebbero, perché questa sì, non va sottovalutata. Perché tacciono allora mass-media e politici? Per ignoranza, certo. O forse perché affrontare il mostro alle sue radici implicherebbe il rimettere in discussione la vulgata su cui riposa il fragile equilibrio delle nostre società sempre più malate. Scopriamo ora che forse è proprio a causa del cosiddetto «progresso» che ci ammaliamo (e moriamo) di più. Ma chi avrà il coraggio di dirlo ai potenti, convinti che, con una pillola miracolosa, come diceva Jannacci, «passa tutto, anche il cancro»? Il fatto è che far credere che «la catastrofe è alle porte» costituisce il trucco più semplice per realizzare quello «stato d’emergenza» che, come insegnava Carl Schmitt più di 50 anni fa, legittima l’instaurazione di un potere totalitario. La prossima «epidemia» non servirà solo a far lievitare i conti in banca di Big Pharma, ma permetterà di instaurare un controllo totale. Professore Università La Sapienza - Consiglio scientifico Crea
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