2021-05-02
Tucker Carlson: il «nuovo Trump» del 2024
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Tucker Carlson (Chip Somodevilla/Getty Images)
Qualcuno lo definisce il «nuovo Donald Trump». E non è affatto da escludere che stia seriamente pensando di candidarsi alla nomination repubblicana del 2024. Ma Tucker Carlson avrebbe, in caso, le carte in regola per farcela? A oggi ci sono tutti gli elementi per ritenere che possa gettarsi nella mischia. E, chissà, magari anche uscirne vincitore.È vero: le primarie repubblicane del 2024 sono ancora lontane. Tuttavia è bene iniziare molto presto a valutarne i possibili candidati. Anche perché, con Trump che non ha ancora chiarito le sue eventuali intenzioni presidenziali, alcuni esponenti dell'elefantino stanno già iniziando cautamente e ufficiosamente a muoversi. È, per esempio, il caso del governatore della Florida Ron DeSantis, dell'ex ambasciatrice statunitense all'Onu Nikki Haley, dell'ex segretario di Stato Mike Pompeo e - secondo qualcuno - anche dell'ex vicepresidente Mike Pence. Tutti politici di professione, almeno per ora, quindi. Eppure, non è affatto detto che, col passare del tempo, non possano aggiungersi altri nomi non necessariamente legati al mondo della politica. Si tratterebbe del resto di uno scenario non nuovo: pensiamo, nel 2016, ai casi dello stesso Trump o del neurochirurgo Ben Carson, tra i repubblicani. Oppure pensiamo, nel 2020, all'imprenditore Andrew Yang e alla scrittrice Marianne Williamson tra i democratici. Ecco: è esattamente in questo senso che alle prossime primarie dell'elefantino potrebbe alla fine decidere di scendere in campo una figura in particolare: quella del giornalista di Fox News, Tucker Carlson. Icona del mondo conservatore americano (e assai spesso bersaglio di strali progressisti), il suo programma televisivo, Tucker Carlson Tonight, è particolarmente seguito. Tra l'altro, a lanciare l'indiscrezione di una sua eventuale candidatura fu Politico lo scorso luglio. «Gli strateghi repubblicani, i commentatori conservatori e gli ex funzionari della campagna e dell'amministrazione di Trump parlano di Carlson come leader della prossima generazione del movimento di Donald Trump», riportò all'epoca la testata. Su questo scenario è tornato, lo scorso gennaio, anche il Washington Post, mentre il capo corrispondente della Cnn, Brian Stelter, ha di recente definito il diretto interessato come il «nuovo Donald Trump». Insomma, una candidatura di Carlson viene data come relativamente probabile. Soprattutto nel caso in cui Trump dovesse alla fine decidere di non scendere in campo. La domanda da porsi quindi è: nel caso facesse realmente il grande passo, Carlson avrebbe delle speranze di emergere? Sulla carta sì. E neanche poche. In primis, ricordiamo ancora una volta che si tratti di un noto (e seguitissimo) volto televisivo: il che, in un contesto elettorale come quello americano, costituisce indubbiamente una marcia in più. E il caso di Trump sta lì a dimostrarlo: nel 2016, il magnate newyorchese beneficiò infatti enormemente della notorietà raccolta con il suo show televisivo The Apprentice. In secondo luogo, Carlson ha tutte le carte in regola per ritagliarsi il ruolo di erede dell'ex presidente repubblicano: il suo non è infatti un conservatorismo tradizionale, ma presenta delle profonde venature antisistema. Senza poi trascurare che il giornalista sia uno storico critico proprio dell'establishment del Partito repubblicano. D'altronde, il fatto di non essere un politico di professione gli conferisce - almeno potenzialmente - quell'abilità di attrarre voti trasversali sovente necessaria per arrivare a conquistare la Casa Bianca. In tutto questo, non va trascurato che (nonostante qualche disaccordo) Carlson intrattenga un buon rapporto con lo stesso Trump e che quest'ultimo, da presidente, si sia talvolta consultato con il giornalista prima di prendere alcune importanti decisioni politiche. Fu per esempio lui a dissuadere Trump dal lanciare un attacco in ritorsione all'Iran nel giugno del 2019. Un ulteriore punto a suo favore risiede in una notevole abilità retorica, che potrebbe essergli incredibilmente utile nei dibattiti televisivi. Ciò detto, il giornalista rischia di ritrovarsi anche ad affrontare problemi rilevanti. Come ricordato, la natura fortemente antisistema del suo conservatorismo lo metterebbe in rotta di collisione con l'establishment del Partito repubblicano: un establishment che è oggi sicuramente più debole di cinque anni fa, ma che potrebbe ingaggiare col giornalista uno scontro durissimo in grado di minare la compattezza dell'elefantino. In secondo luogo, Carlson si ritroverebbe comunque a dover battagliare con altri candidati che cercheranno di presentarsi come i legittimi eredi di Trump (soprattutto, stando ai nomi che circolano attualmente, Pompeo e DeSantis). Infine, le sue posizioni in politica estera potrebbero attirargli gli strali delle alte sfere di Washington e, in particolare, di una parte del conservatorismo americano: Carlson è infatti nettamente contrario a una strategia internazionale interventista e sostiene una linea morbida su fronti come Iran, Russia e Siria. Ripetiamo: è ancora presto per capire che cosa succederà alle prossime primarie repubblicane. Ma, a oggi, ci sono tutti gli elementi per ritenere che Carlson possa gettarsi nella mischia. E, chissà, magari anche uscirne vincitore.
Il Gran Premio d'Italia di Formula 1 a Monza il 3 settembre 1950 (Getty Images)
Elbano De Nuccio, presidente dei commercialisti (Imagoeconomica)