
Donald Trump è stato chiaro: a meno che non riduca le tariffe per le navi statunitensi, la sua amministrazione potrebbe far tornare il Canale di Panama sotto il controllo di Washington.“La nostra Marina e il nostro Commercio sono stati trattati in modo molto ingiusto e sconsiderato. Le tariffe applicate da Panama sono ridicole”, ha tuonato il presidente americano in pectore in un post su Truth. “Questa completa 'truffa' del nostro Paese cesserà immediatamente”, ha proseguito. Trump ha aggiunto che potrebbe “chiedere che il Canale di Panama ci venga restituito”. Il tycoon ha anche fatto polemicamente riferimento all’influenza crescente della Cina sul Canale, criticando inoltre Jimmy Carter per aver ceduto il suo controllo.Era il 1977 quando l’allora presidente americano siglò i trattati Torrijos-Carter: in base a queste intese, Washington avrebbe rinunciato al controllo che aveva sull’istmo dal 1993, in cambio della neutralità permanente del Canale: neutralità che gli Usa si sono riservati il diritto di difendere militarmente in caso venga minacciata. Al momento, la struttura di passaggio per le navi è gestita dalla Panama Canal Authority. Secondo il Guardian, gli Stati Uniti sono ancora il principale cliente del Canale. Tuttavia, la testata ha aggiunto che al secondo posto c’è Pechino, che controlla due dei cinque porti adiacenti al Canale stesso. Non a caso, Trump, nel suo post, ha citato esplicitamente la Cina.Tutto questo fa ben capire come, alla base della minaccia del tycoon, non ci sia soltanto la questione delle tariffe troppo alte. Il suo senso strategico più profondo è di natura geopolitica. L’obiettivo è quello di ridurre il più possibile la già considerevole influenza cinese sull’America Latina. Non è al momento chiaro, nel caso, in che modo, dal punto di vista tecnico-legale, gli Stati Uniti potrebbero reclamare il ritorno del Canale sotto il proprio controllo. Tuttavia, Washington potrebbe agire qualora ritenesse che la neutralità della struttura risultasse in qualche modo minacciata. Ricordiamo che molti degli esponenti della nascente amministrazione americana sono dei falchi anticinesi. E che Trump è intenzionato a fronteggiare la crescente influenza politico-commerciale di Pechino a livello internazionale. Anche perché non è un mistero che, sotto l’amministrazione Biden, tale influenza sia notevolmente cresciuta sull’America Latina. È quindi in questo senso che vanno principalmente letti i recenti post del tycoon sul Canale di Panama. Si tratta di un avvertimento alla Repubblica popolare in vista dell’insediamento presidenziale. E altri potrebbero arrivarne nelle prossime settimane. Siamo soltanto all'inizio.
«The Man on the Inside 2» (Netflix)
La serie con Ted Danson torna su Netflix il 20 novembre: una commedia leggera che racconta solitudine, terza età e nuovi inizi. Nei nuovi episodi Charles Nieuwendyk, ex ingegnere vedovo diventato spia per caso, indaga al Wheeler College.
(IStock)
Si rischia una norma inapplicabile, con effetti paradossali sui rapporti sessuali ordinari e persino all’interno delle coppie.
Grazie all’accordo «bipartisan» Meloni-Schlein è stato approvato in commissione giustizia della Camera, il 12 novembre scorso, il progetto di legge a firma dell’onorevole Laura Boldrini e altri, recante quello che, dopo la probabile approvazione definitiva in Aula, dovrebbe diventare il nuovo testo dell’articolo 609 bis del codice penale, in cui è previsto il reato di violenza sessuale. Esso si differenzia dal precedente essenzialmente per il fatto che viene a essere definita e punita come violenza sessuale non più soltanto quella di chi, a fini sessuali, adoperi violenza, minaccia, inganno, o abusi della sua autorità o delle condizioni di inferiorità fisica o psichica della persona offesa (come stabilito nella vigente formulazione della norma), ma anche quella che consista soltanto nel compimento di atti sessuali «senza il consenso libero e attuale» del partner.
Nuovo approccio dell'istituto di credito rivolto alle imprese pronte ad operazioni di finanza straordinaria. Le interviste a Stefano Barrese, Marco Gianolli e Alessandro Fracassi.
Matteo Bassetti e Sergio Abrignani (Imagoeconomica)
Abrignani in commissione: «Nessuno consultò il Css per tutto il 2020. Ci interpellarono sugli mRna solo l’anno successivo». E Bassetti ci prova: «Ho ricevuto fondi da Pfizer per gli antibiotici, non per i vaccini».
«Quanti quesiti ha ricevuto dal ministero della Salute nel 2020, quando era membro del Consiglio superiore di sanità?», chiedeva ieri Marco Lisei, presidente della commissione parlamentare d’inchiesta sulla gestione della pandemia. La domanda era rivolta a Sergio Abrignani, ordinario di Immunologia e immunopatologia presso l’Università degli Studi di Milano, poi da marzo 2021 componente del Comitato tecnico scientifico. «Solo una volta, di illustrare che cosa fossero i vaccini a mRna e quali quelli a vettore a vettore virale», è stata la stupefacente riposta del professore. Per poi aggiungere, a un’ulteriore domanda che chiariva il ruolo suo e dei suoi colleghi: «Dopo l’alert dell’Oms del 5 gennaio 2020 non siamo stati consultati. Solo nel gennaio 2021, per rivedere il piano pandemico influenzale Panflu».






