2025-11-18
Speranza ha chiuso in casa l’Italia ignorando gli esperti del ministero
Matteo Bassetti e Sergio Abrignani (Imagoeconomica)
Abrignani in commissione: «Nessuno consultò il Css per tutto il 2020. Ci interpellarono sugli mRna solo l’anno successivo». E Bassetti ci prova: «Ho ricevuto fondi da Pfizer per gli antibiotici, non per i vaccini».«Quanti quesiti ha ricevuto dal ministero della Salute nel 2020, quando era membro del Consiglio superiore di sanità?», chiedeva ieri Marco Lisei, presidente della commissione parlamentare d’inchiesta sulla gestione della pandemia. La domanda era rivolta a Sergio Abrignani, ordinario di Immunologia e immunopatologia presso l’Università degli Studi di Milano, poi da marzo 2021 componente del Comitato tecnico scientifico. «Solo una volta, di illustrare che cosa fossero i vaccini a mRna e quali quelli a vettore a vettore virale», è stata la stupefacente riposta del professore. Per poi aggiungere, a un’ulteriore domanda che chiariva il ruolo suo e dei suoi colleghi: «Dopo l’alert dell’Oms del 5 gennaio 2020 non siamo stati consultati. Solo nel gennaio 2021, per rivedere il piano pandemico influenzale Panflu».Nei primissimi mesi, nell’intero primo anno dell’emergenza sanitaria era dunque questa la considerazione che l’allora ministro della Salute Roberto Speranza aveva per il Css. Il massimo organo di consulenza tecnico-scientifica a cui fa riferimento il ministero su questioni relative alla salute pubblica, e che formula pareri ufficiali con funzione consultiva ma anche propositiva, è rimasto nell’ombra, dimenticato mentre si assumevano decisioni delicatissime per la sanità nazionale.Abrignani e l’intero Consiglio superiore della sanità restavano alla finestra a guardare quello che la politica decideva, facendo credere di adottare misure restrittive, di imporre chiusure che hanno creato danni fisici e mentali alla popolazione, con conseguenze drammatiche per l’economia del Paese, perché così «consigliavano gli esperti». Il fatto che l’immunologo fosse d’accordo sul lockdown, come ha ribadito durante l’audizione di ieri, non cambia la gravità del comportamento di Speranza e del governo Conte, che hanno volutamente ignorato il Css. «Il lockdown è stato fondamentale, tutte le terapie intensive erano esaurite […], avremmo avuto migliaia di persone che sarebbero morte. Se fossi stato nel Cts del marzo 2020 sarei stato a favore di una chiusura generale», ha detto ieri il professore. L’aveva affermato più volte durante la pandemia, come nel marzo del 2022 quando dichiarò che il super green pass aveva contribuito «a far vaccinare almeno un milione di persone». L’immunologo diceva a fine dicembre 2021: «Se fossimo tutti vaccinati oggi avremmo 440 ricoverati in terapia intensiva invece di 1.200 e saremmo in zona bianca». Su Repubblica sosteneva: «I casi gravi si possono controllare con i vaccini […]. Questo sarebbe il momento dell’obbligo vaccinale […]. Non è possibile che le scelte irrazionali del 10% determinino la sorte del restante 90%». Un mese prima affermava: «Ormai sappiamo che la vaccinazione protegge per il 75% dal contagio e per oltre il 90% da ospedalizzazione e morte». E indicava come priorità le somministrazioni ai più piccoli anche se sani: «La vaccinazione dei bambini è l’unica via per uscire dalla pandemia». Ad agosto 2021 ribadiva: «Se oggi avessimo vaccinato anche loro (gli adolescenti, ndr) il coronavirus non saprebbe più dove andare».Durante l’audizione ha negato di avere ricevuto pressioni politiche quando era membro del Cts, però ha confermato quanto marginale fosse il parere del comitato tecnico scientifico. Astrazeneca «non andava dato sotto ai 60 anni. Quando il quesito arrivò dissi che ero contrario, il mio era un no da immunologo e per evitare un rischio remotissimo. Tutto il Cts disse no. Poi arrivò la proposta da parte delle Regioni, di fare le vaccinazioni su base volontaria. Non so se la scienza si piegò alla politica. Ma è tutto pubblicato», si è schermito Abrignani. Che si è lasciato sfuggire: «Se avessimo dato retta a tutti gli studi avremmo bloccato tutti i vaccini».Ha spiegato che nel gennaio 2021, a un gruppo di membri del Css allora coordinato da Franco Locatelli, fu chiesto un parere sul Panflu «che stavano riscrivendo e in pochi giorni facemmo una revisione, presentammo i nostri suggerimenti a Giovanni Rezza, allora direttore generale della Prevenzione sanitaria presso il ministero della Salute. Il mio coinvolgimento era sulla parte immunitaria e vaccini».La revisione del Panflu era strutturata in parte come risposta organizzativa e in parte terapeutica e vaccinale. La prima, pensata per l’influenza, poteva andare bene se il piano fosse stato applicato, ha detto il professore: «Bisogna evitare che l’epidemia si trasmetta da uomo a uomo». Quanto alla parte terapeutica, quando compare un virus nuovo «ci si basa sull’esperienza che si ha con virus simili e si vede se funzionano», ha spiegato.Le autopsie sarebbero servite sì, ha risposto a una precisa domanda dell’economista e deputato della Lega Alberto Bagnai. «Non vedevo motivi per i quali non potessero essere fatte. Non ci sono stati dibattiti nel Cts».Ieri si è svolta anche l’audizione di Matteo Bassetti, ordinario di Malattie infettive presso l’Università degli Studi di Genova, che ha definito l’Italia della pandemia un «Paese libero nella comunicazione scientifica», e che alla richiesta di spiegare se ha conflitti di interesse con aziende farmacologiche, formulata dalla senatrice di Fdi Antonella Zedda, ha risposto di aver avuto rapporti «con Pfizer produttore di antibiotici, non con Pfizer produttore di vaccini».
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