2020-08-27
Trump teme i brogli del voto per posta. E i dem lo denunciano per sabotaggio
L'asinello invoca il potenziamento del servizio, ma il tycoon è irremovibile: il minimo raggiro può stravolgere le elezioni.È una battaglia legale, oltre che politica, quella sul voto postale oltreatlantico. Gli Stati di Hawaii, New Jersey e New York hanno fatto causa a Donald Trump, in merito alle modifiche introdotte nel servizio postale a ormai pochi mesi dalle elezioni presidenziali del 3 novembre. «Grazie a una serie di radicali cambiamenti di politica, circondati da ingerenze partigiane, l'agenzia indipendente è diventata un terreno di scontro politico, destinato a minare le elezioni federali», si legge nella denuncia, sostenuta anche dalle città di New York e San Francisco: città le cui amministrazioni - esattamente come i governatori dei tre suddetti Stati - appartengono al Partito democratico. Che l'asinello sia sul piede di guerra non è del resto un mistero. Lunedì, la Camera dei Rappresentanti ha infatti chiamato a testimoniare Louis DeJoy, Direttore generale delle poste nominato da Trump a maggio ed entrato in carica lo scorso 16 giugno. L'audizione è stata particolarmente battagliera, con i dem che hanno accusato DeJoy di aver introdotto delle modifiche al servizio, per rallentarlo e sabotare il voto postale, favorendo così indirettamente il presidente. In particolare, l'asinello ha parlato del divieto di lavoro straordinario, della rimozione delle cassette blu della posta e dello smantellamento di 671 macchine per lo smistamento delle lettere. Se DeJoy ha negato in audizione di aver bloccato gli straordinari, il sito di Nbc News ha messo in evidenza che «probabilmente» la dismissione delle macchine e delle cassette derivi da scelte precedenti alla sua entrata in carica. Lo scontro politico tuttavia non si placa, anche in considerazione del fatto che DeJoy sia uno storico finanziatore del Partito Repubblicano (negli anni ha effettuato contributi a favore di George W. Bush, Jeb Bush e dello stesso Trump): un elemento che lo ha esposto alle accuse di servilismo nei confronti della Casa Bianca. Il presidente, dal canto suo, ha negato di aver esercitato pressioni per rallentare la consegna della posta, mentre i democratici hanno approvato sabato alla Camera uno stanziamento di 25 miliardi di dollari per accelerare il servizio. Una proposta di legge, destinata a finire in un vicolo cieco. Il Senato -che è a maggioranza repubblicana- ha mostrato di non essere interessato alla norma, mentre Trump ha minacciato il veto presidenziale. L'acrimonia con cui si sta combattendo questa battaglia affonda le proprie radici negli scorsi mesi. Dopo lo scoppio della pandemia, i democratici hanno invocato un potenziamento del voto postale, sostenendo di voler così garantire maggiore sicurezza per gli elettori il prossimo novembre. Trump ha costantemente bocciato l'idea, dichiarando che il voto per posta risulterebbe foriero di brogli. Una posizione che, pochi giorni fa, il presidente ha ribadito lapidariamente, twittando: «Se potete protestare di persona, potete votare di persona». Un riferimento, neppur tanto velato, alle frequenti manifestazioni di Black Lives Matter, scoppiate dalla fine dello scorso maggio. In realtà, la polarizzazione su questa questione si spiega anche sulla base di ragionamenti puramente elettoralistici. A inizio agosto, un sondaggio Ipsos ha mostrato come il 64% degli elettori democratici esprima preoccupazioni sanitarie per il voto di persona, laddove appena il 29% degli elettori repubblicani ha dichiarato altrettanto. E comunque, al di là delle beghe contingenti, vale forse la pena di analizzare se effettivamente il voto per posta sia pericoloso. I democratici e alcuni grandi network (come la Cnn) bollano la tesi di Trump come una fake news. In realtà la situazione è ben più complessa. Nel 2005 la Commission on Federal Election Reform - presieduta dall'ex presidente democratico Jimmy Carter - espresse preoccupazioni simili a quelle dell'attuale inquilino della Casa Bianca. Nell'ottobre 2012, un articolo del New York Times sostenne inoltre che il voto per posta fosse soggetto al rischio di risultare compromesso. La scorsa settimana, un giudice ha tra l'altro annullato i risultati di un'elezione per un consiglio municipale del New Jersey, a seguito di sospette irregolarità nel voto postale. Trump probabilmente esagera nel paventare rischi sistemici e generalizzati: i maggiori pericoli riguardano infatti aree limitate (come il Sud del Texas). Resta tuttavia il fatto che, in una situazione elettoralmente polarizzata come quella americana, anche brogli quantitativamente ridotti possano stravolgere l'esito delle presidenziali: nel 2016, Trump vinse per esempio in Pennsylvania con un vantaggio dell'1%, mentre Hillary Clinton conquistò il New Hampshire con uno scarto dello 0,4%. È anche in tal senso che, l'altro ieri, la stessa Hillary ha suggerito a Joe Biden di non ammettere un'eventuale sconfitta il 3 novembre. Oltre a lungaggini nel conteggio dei voti postali, si paventano infatti risultati sul filo del rasoio in vari Stati. Il timore è che possa replicarsi, su vasta scala, quanto accaduto in Florida nel 2000 col duello presidenziale tra Bush e Al Gore. Ed è proprio in previsione di un simile scenario che Trump e Biden stanno già approntando plotoni di avvocati per per il prossimo novembre.
(Ansa)
Il ministro Guido Crosetto in occasione dell'82°anniversario della difesa di Roma: «A me interessa che gli aiuti a Gaza possano arrivare, le medicine possano arrivare, la vita normale possa riprendere». Nonostante tutto, Crosetto ha ben chiaro come le due guerre più grandi - quella Ucraina e quella a Gaza - possano cessare rapidamente. «Io penso che la decisione di terminare i due conflitti sia nelle mani di due uomini: Putin e Netanyahu».