2024-09-10
Trump-Harris: è l’ora del duello tv. Ma l’obbligo di vincere è di Kamala
Da sinistra, i candidati in corsa per la Casa Bianca: Kamala Harris per i democratici e Donald Trump per i repubblicani (Ansa)
Questa notte gli sfidanti per la presidenza Usa saliranno sul ring di Abc News. I microfoni spenti quando parla il rivale sfavoriscono la candidata dem, che ha bisogno della rissa. Nei sondaggi infatti perde terreno.La campagna elettorale americana potrebbe essere vicina a una svolta. Questa notte si terrà infatti l’atteso dibattito tra Donald Trump e Kamala Harris, ospitato da Abc News. Il faccia a faccia durerà 90 minuti e i contendenti, a cui verranno date carta e penna, non potranno portarsi appunti preparati in anticipo.Dopo un lungo braccio di ferro tra i due rivali, alla fine è stato stabilito che i microfoni di ciascun candidato saranno spenti mentre parlerà l’avversario. Si tratta di una regola, già adottata nel confronto con Joe Biden del 27 giugno, che dovrebbe teoricamente favorire Trump. L’ex presidente tende infatti a essere indisciplinato e, dovesse dare in escandescenze parlando sopra la candidata dem, rischierebbe di darsi la zappa sui piedi, come accadde nel dibattito dell’ottobre 2020. Il tycoon ha invece bisogno di rimanere freddo, senza strafare, attaccando la Harris sui temi specifici della campagna elettorale: dall’inflazione all’immigrazione clandestina. È comportandosi in questo modo che ha di fatto vinto il confronto dello scorso giugno con Biden. La candidata dem, di contro, essendo vicepresidente in carica, si trova a essere più vulnerabile nel trattare i temi concreti. Ecco perché la sua strategia sarà in gran parte quella di provocare l’avversario, sperando che dia di matto. Era d’altronde anche per questa ragione che il suo team aveva cercato in tutti i modi di ottenere che i microfoni fossero sempre accesi nel corso del faccia a faccia. Non a caso, Harris ha messo le mani avanti. «La vicepresidente Harris, ex procuratrice, sarà fondamentalmente svantaggiata da questo format, che servirà a proteggere Donald Trump da scambi diretti con la vicepresidente», ha scritto, pochi giorni fa, in una lettera il comitato della candidata dem. In realtà, se guardiamo ai dibattiti del 2019 per le primarie democratiche di allora, le performance della Harris si rivelarono essenzialmente in chiaroscuro. Fu molto efficace, a giugno di quell’anno, nell’attaccare Biden per i suoi trascorsi legami con alcuni senatori segregazionisti. Tuttavia, il mese dopo, l’attuale vicepresidente, in un altro confronto televisivo, fu letteralmente distrutta dall’allora deputata dem, Tulsi Gabbard. Del resto, per la Harris il quadro complessivo è notevolmente peggiorato negli ultimi giorni. Un recentissimo sondaggio del New York Times e del Siena College dà Trump avanti a lei di un punto a livello nazionale. Inoltre, secondo la media sondaggistica di Real Clear Politics, la vicepresidente avrebbe al momento un vantaggio complessivo dell’1,3%: lo 0,6% in meno rispetto a dieci giorni fa. Venendo agli Stati chiave, un’altra recentissima rilevazione della Cbs dà i due rivali praticamente testa a testa in Michigan, Pennsylvania e Wisconsin. Come se non bastasse, secondo il modello predittivo del sondaggista Nate Silver, il candidato repubblicano avrebbe al momento il 63,8% di probabilità di vincere le elezioni a novembre. Insomma, nonostante la partita resti senza dubbio aperta, la «luna di miele» di cui la vicepresidente ha goduto in agosto sembra ormai irrimediabilmente finita. D’altronde, la diretta interessata ha commesso alcuni gravi errori in questa campagna elettorale. Ha innanzitutto scelto un vice troppo a sinistra, come Tim Walz, sbilanciando così il ticket dem. Guarda caso, il suddetto sondaggio del Siena College ha rilevato che, per il 47% degli elettori, la Harris risulterebbe «troppo progressista», mentre soltanto un terzo dei rispondenti considera Trump come eccessivamente spostato a destra. In secondo luogo, la candidata dem ha gestito molto male l’intervista rilasciata alla Cnn a fine agosto: non solo ha atteso quasi 40 giorni prima di confrontarsi con la stampa, ma, quando lo ha fatto, ha preteso di essere accompagna da Walz e che il colloquio fosse preregistrato. Probabilmente un simile atteggiamento non è stato apprezzato da molti elettori. Non solo. La Harris non sta facendo nulla neanche per accattivarsi le simpatie di un elettorato storicamente cruciale come quello cattolico, che, oltre a essere piuttosto importante in Pennsylvania, consente spesso a chi lo conquista di arrivare alla Casa Bianca. Trump, di contro, ha postato sui social l’altro ieri un’immagine per celebrare la natività di Maria. In tutto questo, la vicepresidente rischia seriamente di ritrovarsi perseguitata dalla crisi afgana del 2021. I repubblicani della commissione Esteri della Camera hanno appena pubblicato un report sul disastroso ritiro di quell’anno, accusando l’amministrazione Biden-Harris di aver fallito nell’organizzare l’evacuazione e di aver mentito al popolo americano. Nonostante i dem abbiano criticato il rapporto venendo in soccorso della vicepresidente, per lei si configura un problema non di poco conto. Pochi mesi prima del ritiro, la Harris aveva improvvidamente rivendicato di aver avuto un ruolo chiave in quel dossier. Ecco perché il ritorno di quella crisi sotto i riflettori rischia di compromettere le credenziali della vicepresidente sulle questioni di politica internazionale. Insomma, il dibattito di stasera sarà cruciale. La Harris non può permettersi né di perderlo né di pareggiarlo: ha bisogno di vincerlo. E ha bisogno di vincerlo in maniera netta. Al momento, la scarsa consistenza della sua leadership e della sua proposta programmatica hanno sgonfiato la luna di miele di cui la diretta interessata aveva goduto in agosto. O la Harris si riprende stasera o il suo declino rischia di cronicizzarsi. Forse avevamo ragione noi, qui sulla Verità, quando, quattro settimane fa, invitavamo alla cautela. C’era infatti chi già considerava la partita chiusa a favore della candidata dem. E invece non è così. Evidentemente qualcuno aveva dato Trump per spacciato un po’ troppo presto.
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