2025-01-04
Dopo gli attentati, Trump vuole azzerare l’Fbi
Donald Trump (Getty Images)
Il futuro direttore dell’Antiterrorismo, Sebastian Gorka, in esclusiva alla «Verità» dice che il Bureau è «come la Gestapo, una polizia usata a mo’ di arma dai democratici» contro il tycoon. Che si servirà degli attacchi per un «repulisti» nella Difesa e nell’intelligence.Silurata la richiesta di ripristinare le norme censorie di Obama sulla Rete abrogate da The Donald.Lo speciale contiene due articoli.I due attentati, verificatisi a Capodanno negli Stati Uniti, restano avvolti da un alone inquietante. Ci riferiamo innanzitutto al fatto che i terroristi di New Orleans e Las Vegas avevano prestato servizio militare nella medesima base.Non è detto che si conoscessero personalmente, ma la coincidenza è notevole. Inoltre, i due hanno usato il medesimo servizio di carsharing per noleggiare le vetture impiegate nei loro attentati. Nel frattempo, le autorità locali hanno riferito che Matthew Livelsberger, l’uomo che ha fatto esplodere la Tesla davanti al Trump Hotel di Las Vegas, si è sparato un colpo in testa prima della detonazione. Con ogni probabilità, hanno proseguito, la sua intenzione era quella di fare parecchie vittime: obiettivo che non gli è riuscito solo perché le fiancate d’acciaio della vettura hanno contenuto l’esplosione. L’Fbi sta indagando per rinvenire eventuali connessioni tra i due attentati e per capire in che modo l’aggressore di New Orleans, Shamsud-Din Jabbar, si sia radicalizzato, visto che, secondo il Bureau, nel suo attacco è «stato ispirato al 100% dall’Isis».Più in generale, è chiaro che qualche problema di sicurezza si è registrato. Cominciamo col dire che, a New Orleans, i dissuasori per bloccare il traffico erano in fase di sostituzione nella via in cui si è consumato l’attentato. Il che lascia abbastanza sbalorditi, visto che il giorno di Capodanno poteva chiaramente risultare un momento a rischio. E qui una parte importante della responsabilità non può non averla la sindaca dem della città, LaToya Cantrell, e il capo della polizia da lei stessa nominato nel 2023, Anne Kirkpatrick. Lascia anche piuttosto perplessi il fatto che, ieri, l’Fbi abbia chiesto alle forze dell’ordine di tutto il Paese di fare la massima attenzione, perché potrebbero verificarsi nuovi attentati. Ora, è chiaro che nessuno ha la palla di vetro. Tuttavia, visto quello che era successo a Magdeburgo il 20 dicembre, forse simili allerte nazionali avrebbero dovuto essere diramate prima.È anche in quest’ottica che Trump non ha risparmiato critiche al Bureau. «Il dipartimento di Giustizia, l’Fbi e i procuratori statali e locali dem non hanno fatto il loro lavoro. Sono incompetenti e corrotti», aveva affermato l’altro ieri su Truth. «I dem dovrebbero vergognarsi di sé stessi per aver permesso che ciò accadesse nel nostro Paese. La Cia deve intervenire ora, prima che sia troppo tardi. Gli Usa stanno crollando», aveva proseguito. «Se l’Fbi non fosse stata impegnata a fare irruzione nella casa del presidente Trump o a sorvegliare illegalmente i cattolici conservatori e si fosse, invece, concentrata sulla minaccia jihadista, probabilmente avrebbe potuto prevenire l’attacco di New Orleans», ha inoltre detto ieri in esclusiva alla Verità Sebastian Gorka, che Trump ha nominato come prossimo direttore dell’Antiterrorismo. «L’Fbi», ha proseguito, «è diventata una forza di polizia politicizzata come la Gestapo, usata come arma da Joe Biden e dal Partito democratico per perseguitare il presidente Trump e le persone che hanno lavorato per lui, come il generale Mike Flynn, Steve Bannon e Peter Navarro».E qui veniamo al nodo politico. Non è un mistero che il presidente americano in pectore punti a un energico spoil system in alcune istituzioni governative cruciali: dal dipartimento di Giustizia al Pentagono, passando per la comunità d’intelligence. Non a caso, ha messo a capo di tutti questi enti figure di rottura. Pete Hegseth guiderà il dipartimento della Difesa, Pam Bondi quello di Giustizia, mentre a John Ratcliffe andrà la Cia e a Tulsi Gabbard la direzione dell’Intelligence nazionale. Non solo. Trump ha anche nominato Kash Patel direttore dell’Fbi, non fidandosi più del suo attuale capo, Chris Wray, da lui designato nel lontano 2017.L’obiettivo del tycoon è mettere figure di fiducia nei posti chiave della Difesa e dei servizi, per silurare le sacche di resistenza interna e procedere con le riforme: a partire dallo sradicamento delle politiche di diversità e inclusione, promosse dall’amministrazione uscente. Trump vuole far leva sui fatti di Las Vegas e New Orleans per portare avanti questo progetto.Infine, attenzione alla questione migratoria. Certo: i due attentatori erano nati in America e, al momento, gli inquirenti non hanno rinvenuto evidenze di una loro collaborazione con soggetti o gruppi stranieri. Tuttavia, come suggerito dal prossimo responsabile della frontiera meridionale, Tom Homan, sarebbe bene non ignorare i problemi legati all’immigrazione. Lo scorso giugno, Abc News riportò che otto cittadini tagiki affiliati all’Isis erano entrati negli Usa attraverso il confine. Sempre a giugno, la Cnn riportò che il dipartimento per la Sicurezza interna aveva «identificato più di 400 migranti giunti negli Stati Uniti tramite una rete di trafficanti di esseri umani che potrebbe avere qualche collegamento con l’Isis».D’altronde, proprio l’Isis costituisce una minaccia che, negli Usa, riguarda sia i soggetti auto-radicalizzati sia, in certi casi, l’immigrazione. E questo, sebbene non sempre Biden abbia tenuto il problema al centro dei suoi pensieri. «Secondo la comunità d’intelligence, il terrorismo della supremazia bianca è la minaccia più letale per la patria oggi. Non l’Isis, non Al Qaeda: i suprematisti bianchi», dichiarò nel giugno 2021. Nessuno ha la palla di vetro, lo ripetiamo. Ma forse l’Fbi, negli ultimi quattro anni, avrebbe fatto meglio a tenere la guardia un po’ più alta nei confronti del terrorismo islamista.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/trump-fbi-ricambio-2670739919.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="schiaffo-dei-giudici-usa-a-sleepy-joe-no-alla-neutralita-di-internet" data-post-id="2670739919" data-published-at="1735981121" data-use-pagination="False"> Schiaffo dei giudici Usa a Sleepy Joe: «No alla neutralità di Internet» Al termine del mandato e a pochi giorni dall’ingresso a pieno titolo alla Casa Bianca di Donald Trump, Joe Biden subisce l’ennesima batosta. Un tribunale statunitense, secondo quanto riporta la Bcc, ha respinto il tentativo dell’amministrazione Biden di ripristinare le regole di «neutralità della Rete», ritenendo che il governo federale non abbia l’autorità per regolamentare i fornitori di servizi Internet come i servizi pubblici. La net neutrality è iI principio in base al quale ogni sito Internet ha pari dignità e nessun provider può decidere se rendere più lento o più rapido l’accesso a una determinata pagina, né creare «corsie preferenziali» sulle autostrade della rete, ovvero proporre pacchetti con connessioni più veloci a pagamento. Detto così sembra un esempio di democrazia digitale, in realtà la regolamentazione nasconde una impostazione dirigista dal momento che l’amministrazione interviene a gamba tesa sul libero mercato. I democratici ne hanno fatto un vessillo e hanno combattuto a lungo per reintrodurre delle regole imposte per la prima volta dalla Federal communications commission (Fcc) sotto l’ex presidente Barack Obama, ma successivamente abrogate durante il primo mandato di Donald Trump. Tant’è che a risentirsi della deregulation di Trump sono stati proprio i colossi del Web che hanno visto minacciato il loro «impero». Vale la pena di ricordare che Google ha una quota di mercato dell’88% nel settore delle ricerche online, Facebook (con le sue controllate Instagram, Whatsapp e Messenger) possiede il 77% del traffico mobile social e Amazon ha il 74% nel mercato degli ebook. In termini economici classici, tutti e tre sono monopoli. In grado di fare il bello e il cattivo tempo sulla Rete. Ma ora che il timone è nelle mani dei provider, sanno che il loro potere incontestabile (forse anche sostenuto da certa politica) potrebbe essere meno a rischio. Il no del tribunale statunitense conferma quello che Trump aveva già intravisto durante la prima presidenza. Ovvero che la norma fortemente voluta da Obama è un regalo ai potenti della Silicon valley e gli utenti rischiano di essere danneggiati. È vero che i provider potrebbero avere libertà di bloccare o rallentare determinati contenuti, ma ci si chiede quale interesse avrebbero a censurare semplici cittadini e blogger. Tant’è che il senior advisor di Styrategycorp, Ken Engelhart, parlando al New York Times, disse a suo tempo quando la Fcc decise di abrogare le norme a protezione della neutralità della rete, che questa esiste da lungo tempo, ben prima dell’introduzione delle «protezioni» nel 2015. E si era detto convinto che «senza quelle regole Internet continuerà a rimanere neutrale». Peraltro è difficile immaginare che prima dell’intervento di Obama sul tema, la Rete fosse brutta e cattiva. Non sarà per caso, che dietro a un presunto sconto sulla democrazia sul Web, ci sia stato in realtà il tentativo di boicottare Trump? Quando il neo presidente al suo primo mandato mise mano alla norma di Obama, fu seppellito di ingiurie dalla stampa vicina ai dem. «Attacco alla rete» titolò a caratteri cubitali Democratica, l’organo di stampa del Pd, e ventilava che fosse «a rischio la libertà e la parità di acceso su Internet». La sentenza è stata accolta con soddisfazione dalla UsTelecom, il gruppo industriale i cui membri includono i principali fornitori di servizi internet americani AT&T e Verizon. «È una vittoria per i consumatori americani che porterà a maggiori investimenti, innovazione e concorrenza nel dinamico mercato digitale».
«Haunted Hotel» (Netflix)
Dal creatore di Rick & Morty arriva su Netflix Haunted Hotel, disponibile dal 19 settembre. La serie racconta le vicende della famiglia Freeling tra legami familiari, fantasmi e mostri, unendo commedia e horror in un’animazione pensata per adulti.