2019-05-01
Trump bandisce i Fratelli musulmani. Così segna le sorti di Algeria e Libia
Dopo aver inserito i Guardiani iraniani nella lista dei terroristi, la Casa Bianca aggiunge l'organizzazione vicina a Qatar e Turchia. Ulteriore assist a Riad e Il Cairo che possono espandersi in tutto il Maghreb.La bomba lanciata ieri da Donald Trump è molto più esplosiva rispetto alla mossa contro i Guardiani della rivoluzione islamica dell'Iran. Ieri la portavoce della Casa Bianca, Sarah Sanders, ha confermato l'intenzione dell'amministrazione del tycoon di mettere al bando anche i Fratelli musulmani. Una organizzazione che conta un milione di affiliati, ma soprattutto un network potentissimo di Stati. A partire dal Qatar e finire con l'Iran passando per la Turchia, con puntate contraddittorie in Libia. Definire l'organizzazione un gruppo di terroristi significa creare un cordone di sicurezza fatto di dazi economici e soprattutto di opportunità militari. Le forze armate statunitensi potranno pattugliare aree di mare o confini nel caso in cui temano o pensino che siano in atto commerci destinati a sostenere le casse dei Fratelli musulmani. Esattamente lo stesso schema che gli Usa hanno iniziato ad applicare dal mese scorso attorno all'Iran. In questo caso il bando è molto più ampio. I Fratelli musulmani, nati nel 1928, hanno legato la propria crescita all'Egitto. O meglio, la repressione adottata da Gamal Nasser spinge ai Fratelli musulmani a una sorta di diaspora con i primi tentativi di jihad. Ancora oggi gli scontri più forti attorno all'organizzazione avvengono in Egitto anche se ideologicamente l'Arabia Saudita si pone come alternativa e come unico interlocutore (nel mondo arabo) agli Stati occidentali. Non è dunque un caso che la notizia della scure trumpiana venga resa di dominio pubblico all'indomani della visita a Washington del generale egiziano Abdel Al Fattah Al Sisi, il quale ha lasciato la propria impronta digitale che porta in linea diretta alla politica saudita. Riad a sua volta non nasconde l'avversione alle mosse del Qatar (che ha pure messo in blacklist) all'interno della secolare diatriba tra sunniti e sciiti. La decisione di Trump servirà dunque a mettere benzina nel motore dell'Arabia Saudita, a rilanciare il ruolo dell'Egitto in tutto il Maghreb e, infine, a mettere nel mirino due nuovi Stati che dalla primavera araba sono stati toccati in modo anomalo. Si tratta della Tunisia e dell'Algeria. Espulsi dall'Egitto per mano di Al Sisi, i Fratelli musulmani hanno visto perdere progressivamente la presa su diverse nazioni, fatte salve Tunisi e Algeri. In entrambe i casi, la gestione del potere più soft e caratterizzata da mediazioni con l'Europa ha fatto in modo che nel corso degli ultimi quattro anni si formassero due nicchie geopolitiche: simil democrazie. Mentre è bene ricordarlo in altri posti come l'Iraq e la Siria l'organizzazione ha lasciato il posto a banda jihadiste. In ogni caso, adesso la strategia della mimetizzazione può finire in solaio di fronte a un bando internazionale targato Usa. Significa che Riad ha carta bianca per muoversi, e che l'Egitto potrà contrastare sul terreno libico le forze avverse al generalissimo della Cirenaica Khalifa Haftar. Ciò che è ancora più importante è che ad avere i giorni contati a questo punto è l'Algeria. Emmanuel Macron non sembra essere all'altezza della situazione. Per questo ha scelto di sostenere lo status quo. Una mossa che cozza con la volontà saudita di riprendere il Maghreb. Che effetti avrà la scelta radicale di Trump?Innanzitutto a livello di politica interna americana possiamo aspettarci che una volta per tutte la Casa Bianca riesca a estirpare il male iniettato da Barack Obama che ha infettato l'intera politica socialista in giro per il mondo. Ha contribuito a causare le cosiddette primavere arabe, per poi diffondere l'instabilità in Medioriente e Maghreb. Si è poi defilato dopo averci lasciato in eredità l'elezione al vertice del ministero degli Esteri europeo di Federica Mogherini. Senza dimenticare che le strette relazioni tra Italia e Qatar (tanto fomentate dal governo di Matteo Renzi e di Paolo Gentiloni) e portate avanti attraverso il canali obamiani e clintoniani, adesso ci penalizzano più che mai in Libia e ci legano le mani di fronte a scelte sempre più pericolose per il nostro Paese. Se la Casa Bianca fa sapere che i partiti salafiti algerini non possono essere un interlocutore idoneo dell'Esercito di Algeri per la successione del presidente Abdelaziz Bouteflika, significa che presto sorgeranno nuovi partiti benedetti dai sauditi. La transizioni in Algeria per il nostro Paese è estremamente delicata. Ogni giorno da Safsaf (attraverso la Tunisia) importiamo oltre 100 milioni di metri cubi di gas. Se le tribù algerine fossero dilaniate da guerre intestine il rubinetto potrebbe essere chiuso. Eventualità che porterebbe con sé flussi migratori importanti. Esattamente quanto è accaduto con la Libia. Dove Roma è a un bivio. Mentre tratta con Tunisi nel tentativo di negoziare il cessate il fuoco, dovrà comprendere che il partner di Misurata, Ahemd Maitig, domani potrebbe finir esplicitamente nel mirino americano.
Il cancelliere tedesco Friedrich Merz (Ansa)