
Nuovo capitolo sulle pensioni irregolari: danno da 3,8 milioni. Sviluppi nell'inchiesta sul gruppo Gedi, editore di Repubblica.L'assalto alla diligenza Inps da parte delle società editoriali offre un nuovo capitolo e rischia di imbarazzare (nuovamente) il presidente Tito Boeri. L'ultima puntata è assai recente. A luglio l'ispettorato centrale dell'Istituto ha inviato al direttore delle risorse umane Giovanni Di Monde una relazione conclusiva sul danno provocato all'istituto dall'erogazione di assegni pensionistici non dovuti a ex poligrafici e altri lavoratori del settore. Le pensioni sub judice sarebbero state ottenute grazie al riscatto di periodi lavorativi che non avrebbero dovuto essere riconosciuti. Le rate indebitamente distribuite a circa 35 persone ammonterebbero a oltre 3,8 milioni di euro. «Le domande di rendita vitalizia sono state accolte in carenza degli elementi documentali necessari a provare il rapporto e/o durata e continuità dello stesso» si legge nella relazione. Per gli ispettori, dieci dipendenti, «due in qualità di operatore e, i restanti, di responsabili del procedimento e del provvedimento hanno agito in palese violazione delle disposizioni (…) con particolare riguardo a quelle che individuano la documentazione necessaria ai fini del riconoscimento dei periodi oggetto di richiesta di rendita vitalizia». Più di 300.000 euro sarebbero stati erogati a due dipendenti del gruppo Repubblica-L'Espresso (ora Gedi), 290.000 a tre pensionati ex Ansa, 240.000 a un'ex lavoratrice del Corriere dello Sport, 150.000 a un ex dipendente del Messaggero e 112.000 a una del Tempo. Grosse somme sarebbero state incassate anche da ex impiegati della Società tipografico editrice capitolina, della Rotocolor spa e di Seat pagine gialle. Nonostante le segnalazioni, anche alla Corte dei conti, tutte queste pensioni non sarebbero ancora state revocate.Le conclusioni dell'ultima inchiesta interna riportano alla memoria vicende analoghe. L'Inps da tempo sarebbe utilizzato come un bancomat dalle case editrici e in particolare dal gruppo Gedi (quello che edita La Repubblica, L'Espresso, La Stampa e Il Secolo XIX). Nell'aprile 2012 all'Inps arriva la prima denuncia anonima sul presunto comportamento scorretto di alcuni manager dell'istituto, i quali avrebbero inserito contributi fittizi a favore di dipendenti del gruppo debenedettiano per favorirne il prepensionamento. Dopo più solleciti da parte delle direzioni centrali competenti l'allora direttore regionale del Lazio, Gabriella Di Michele, risponde che «il controllo effettuato a livello amministrativo sulle posizioni dei dipendenti del gruppo L'Espresso è risultato regolare e, pertanto, non sembrano esserci elementi tali da suffragare la segnalazione anonima». A maggio 2016 un dipendente del gruppo Espresso, senza rivelare la propria identità, scrive a Boeri una mail, con cui lo mette in guardia: «Poniamo per assurdo che qualche azienda nel paese dei furbi dicesse che ha oggi tre esuberi di personale, però uno dei tre è stato assunto ieri proprio per poter usufruire di vantaggiosissimi ammortizzatori sociali, qualcosa del tipo pensione anticipata o cassa integrazione. Guarda caso questo assunto ieri, arriva (ironia della sorte?) da una azienda perfettamente in utile dello stesso gruppo. Questa potrebbe essere considerata una truffa?».L'indovinello ha l'obiettivo di denunciare un presunto ricorso truffaldino agli ammortizzatori sociali: tra il 2011 e il 2015 sono stati concessi a Gedi e alla Manzoni (la concessionaria di pubblicità del gruppo editoriale) i prepensionamenti di 187 poligrafici e 69 giornalisti, mentre per altri 554 lavoratori sono stati attivati contratti di solidarietà. L'operazione sarebbe stata resa possibile grazie a demansionamenti e trasferimenti mirati. Nel giugno 2016 l'anonimo svela a Boeri che la sua ipotesi è tutt'altro che assurda e che, anzi, riguarda il gruppo Espresso. Boeri, già collaboratore di Repubblica e della fondazione De Benedetti, non segnala subito la cosa al direttore generale Massimo Cioffi, ma passa la pratica a un dirigente di seconda fascia. Il dg viene informato (non da Boeri) solo dopo due mesi e ordina l'apertura di un tavolo tecnico sulla questione. Una bozza di relazione destinata al ministero viene approvata da tutti i dirigenti coinvolti tranne che dalla Di Michele, la stessa del «controllo regolare» del 2012 e successivamente promossa da Boeri nuova dg, la quale condiziona il suo benestare a un allargamento dell'ispezione agli altri gruppi editoriali. Sono partite così le verifiche istruttorie per Sole 24 ore e Rcs. Accertamenti che, soprattutto per il giornale di Confindustria, pare abbiano portato a risultati concreti.L'Ispettorato del lavoro, messo in guardia dall'Inps, ha coinvolto la magistratura e il procuratore aggiunto Paolo Ielo e il sostituto Francesco Dall'Olio hanno aperto un fascicolo per truffa. La Guardia di finanza ha fatto visita agli uffici del gruppo Gedi e sono stati iscritti sul registro degli indagati il vicepresidente Monica Mondardini (la quale è anche uno degli amministratori del gruppo Atlantia, lo stesso che controlla Autostrade per l'Italia), il direttore delle risorse umane Roberto Moro e il capo della divisione Stampa nazionale Corrado Corradi. Sette mesi dopo l'inchiesta è ancora in corso, ma il numero dei manager inquisiti è, a quanto ci risulta, aumentato.
Nadia e Aimo Moroni
Prima puntata sulla vita di un gigante della cucina italiana, morto un mese fa a 91 anni. È da mamma Nunzia che apprende l’arte di riconoscere a occhio una gallina di qualità. Poi il lavoro a Milano, all’inizio come ambulante e successivamente come lavapiatti.
È mancato serenamente a 91 anni il mese scorso. Aimo Moroni si era ritirato oramai da un po’ di tempo dalla prima linea dei fornelli del locale da lui fondato nel 1962 con la sua Nadia, ovvero «Il luogo di Aimo e Nadia», ora affidato nelle salde mani della figlia Stefania e dei due bravi eredi Fabio Pisani e Alessandro Negrini, ma l’eredità che ha lasciato e la storia, per certi versi unica, del suo impegno e della passione dedicata a valorizzare la cucina italiana, i suoi prodotti e quel mondo di artigiani che, silenziosi, hanno sempre operato dietro le quinte, merita adeguato onore.
Franz Botrè (nel riquadro) e Francesco Florio
Il direttore di «Arbiter» Franz Botrè: «Il trofeo “Su misura” celebra la maestria artigiana e la bellezza del “fatto bene”. Il tema di quest’anno, Winter elegance, grazie alla partnership di Loro Piana porterà lo stile alle Olimpiadi».
C’è un’Italia che continua a credere nella bellezza del tempo speso bene, nel valore dei gesti sapienti e nella perfezione di un punto cucito a mano. È l’Italia della sartoria, un’eccellenza che Arbiter celebra da sempre come forma d’arte, cultura e stile di vita. In questo spirito nasce il «Su misura - Trofeo Arbiter», il premio ideato da Franz Botrè, direttore della storica rivista, giunto alla quinta edizione, vinta quest’anno da Francesco Florio della Sartoria Florio di Parigi mentre Hanna Bond, dell’atelier Norton & Sons di Londra, si è aggiudicata lo Spillo d’Oro, assegnato dagli studenti del Master in fashion & luxury management dell’università Bocconi. Un appuntamento, quello del trofeo, che riunisce i migliori maestri sarti italiani e internazionali, protagonisti di una competizione che è prima di tutto un omaggio al mestiere, alla passione e alla capacità di trasformare il tessuto in emozione. Il tema scelto per questa edizione, «Winter elegance», richiama l’eleganza invernale e rende tributo ai prossimi Giochi olimpici di Milano-Cortina 2026, unendo sport, stile e territorio in un’unica narrazione di eccellenza. A firmare la partnership, un nome che è sinonimo di qualità assoluta: Loro Piana, simbolo di lusso discreto e artigianalità senza tempo. Con Franz Botrè abbiamo parlato delle origini del premio, del significato profondo della sartoria su misura e di come, in un mondo dominato dalla velocità, l’abito del sarto resti l’emblema di un’eleganza autentica e duratura.
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A rischiare di cadere nella trappola dei «nuovi» vizi anche i bambini di dieci anni.
Dopo quattro anni dalla precedente edizione, che si era tenuta in forma ridotta a causa della pandemia Covid, si è svolta a Roma la VII Conferenza nazionale sulle dipendenze, che ha visto la numerosa partecipazione dei soggetti, pubblici e privati del terzo settore, che operano nel campo non solo delle tossicodipendenze da stupefacenti, ma anche nel campo di quelle che potremmo definire le «nuove dipendenze»: da condotte e comportamenti, legate all’abuso di internet, con giochi online (gaming), gioco d’azzardo patologico (gambling), che richiedono un’attenzione speciale per i comportamenti a rischio dei giovani e giovanissimi (10/13 anni!). In ordine alla tossicodipendenza, il messaggio unanime degli operatori sul campo è stato molto chiaro e forte: non esistono droghe leggere!
Messi in campo dell’esecutivo 165 milioni nella lotta agli stupefacenti. Meloni: «È una sfida prioritaria e un lavoro di squadra». Tra le misure varate, pure la possibilità di destinare l’8 per mille alle attività di prevenzione e recupero dei tossicodipendenti.
Il governo raddoppia sforzi e risorse nella lotta contro le dipendenze. «Dal 2024 al 2025 l’investimento economico è raddoppiato, toccando quota 165 milioni di euro» ha spiegato il premier Giorgia Meloni in occasione dell’apertura dei lavori del VII Conferenza nazionale sulle dipendenze organizzata dal Dipartimento delle politiche contro la droga e le altre dipendenze. Alla presenza del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, a cui Meloni ha rivolto i suoi sentiti ringraziamenti, il premier ha spiegato che quella contro le dipendenze è una sfida che lo Stato italiano considera prioritaria». Lo dimostra il fatto che «in questi tre anni non ci siamo limitati a stanziare più risorse, ci siamo preoccupati di costruire un nuovo metodo di lavoro fondato sul confronto e sulla condivisione delle responsabilità. Lo abbiamo fatto perché siamo consapevoli che il lavoro riesce solo se è di squadra».





