
Continua lo scontro con la maggioranza. Matteo Salvini e Luigi Di Maio: o arrivano idee migliori o si va avanti. Il ministro: «Non servono, sono pericolosi» Claudio Borghi: «Dice così? Non ha capito, glieli spiegheremo e cambierà idea».Se l'efficacia di un'idea si misurasse dalla mole di reazioni che suscita, i minibot rischierebbero di essere la migliore della primavera-estate 2019. È bastata infatti una mozione parlamentare (non esattamente il più vincolante tra gli atti d'Aula), presentata peraltro da Forza Italia e approvata all'unanimità perché i titoli di stato di piccolo taglio finissero al centro di un dibattito internazionale. Ieri il ministro dell'Economia Giovanni Tria, che a Londra ha incontrato una platea di investitori, è tornato a dichiarare la sua contrarietà in merito, usando però espressioni inedite. Il professore ha parlato di uno strumento «pericoloso, illegale e non necessario», prima di spiegare: «Non penso che i minibot saranno introdotti, voglio essere chiaro su questo».Qui si apre un problema politico, testimoniato dalle parole con cui tanto Matteo Salvini quanto Luigi Di Maio (nell'intervista concessa alla Verità) hanno difeso la misura prevista dal contratto di governo. Che accade se una maggioranza, e una ancor più larga compagine parlamentare, chiedono l'adozione di uno strumento specifico e un ministro vi si oppone in maniera diretta ed esplicita? La risposta l'avremo probabilmente da qui alla manovra 2020, nell'ipotesi ovviamente che tanto Tria quanto il parlamento siano tutti al loro posto. Nel frattempo vanno registrati alcuni eventi bizzarri.Il primo è il giudizio dello stesso ministro: l'«illegalità» dei minibot sarebbe tale solo qualora essi avessero corso forzoso (cioè ci fosse l'obbligo di accettarli come mezzo di pagamento), circostanza esclusa dai proponenti. In caso contrario, la sua opinione è ovviamente legittima ma piuttosto discutibile. Anche perché nell'ampio dibattito internazionale non sono fin qui arrivate obiezioni inattaccabili sulla legittimità giuridica dello strumento.La seconda bizzarria è che, per quanto la scelta di Tria a fine maggio 2018 non sia stata lungamente ponderata, il ministro ha spesso dichiarato di aver letto, condiviso e sottoscritto il contratto di governo, che a pagina 21 recita: «Tra le misure concretamente percorribili, spiccano l'istituto della compensazione tra crediti e debiti nei confronti della pubblica amministrazione, da favorire attraverso l'ampliamento delle fattispecie ammesse, e la cartolarizzazione dei crediti fiscali, anche attraverso strumenti quali titoli di stato di piccolo taglio, anche valutando nelle sedi opportune la definizione stessa di debito pubblico».La terza bizzarria riguarda Forza Italia. Ieri Renato Brunetta ha affondato il colpo contro il presidente della Commissione bilancio della Camera, Claudio Borghi, ideatore dei minibot. Quest'ultimo, replicando a Tria durante la trasmissione Un giorno da pecora, ha detto: «Non so perché la pensi così, quando potremo fare una riunione gli spiegheremo. Il ministro dell'Economia deve fare quel che prevede il programma di governo, che lui ha visto e sottoscritto». Se dice che i minibot sono illegali «è perché non li ha ancora capiti. Gli faremo cambiare idea». Secondo l'ex ministro forzista, Borghi ha «offeso i commissari europei e attaccato il bravo ministro Tria, dimenticandosi che il primo a definire illegali i minibot era stato Mario Draghi». In effetti il governatore della Bce aveva detto che, qualora fossero una nuova moneta, i titoli di Stato di piccolo taglio sarebbero stati illegali. Brunetta era tra gli emissari azzurri che hanno limato e poi sottoscritto con Lega, Fdi e centristi il programma del centrodestra per le politiche del 2018. Che alla voce «tasse» recitava: «Pagamento immediato di tutti i debiti della pubblica amministrazione nei confronti di cittadini e imprese anche con lo strumento innovativo dei titoli di Stato di piccolo taglio».Ovviamente il quadro in un anno e rotti è mutato: l'onorevole Brunetta è all'opposizione e l'uscita è tutto sommato comprensibile. Tria però è espresso da una maggioranza i cui due partiti, attraverso i loro leader, hanno espresso indicazioni chiare e - una volta tanto - sovrapponibili: i minibot si faranno, a meno che non arrivino soluzioni alternative che permettano di raggiungere gli stessi risultati. Manca, al momento, la posizione ufficiale di Giuseppe Conte, il quale non ha motivi per venir meno, in questa fase, a un principio di cautela che faciliti la sintesi politica nei tempi opportuni. Non è comunque escluso che della faccenda si parli oggi nel vertice che precederà l'intervento di Conte alla Camera e soprattutto l'invio della lettera di replica alla Commissione. Nel frattempo, la discussione sui minibot ha impegnato i vertici istituzionali e non, toccando - spesso contemporaneamente - due opposti inconciliabili. Per i critici, infatti, sarebbero contemporaneamente carta straccia e in grado di fare esplodere l'euro. È probabilmente che la verità sia piuttosto lontana da questi estremi.
La maxi operazione nella favela di Rio de Janeiro. Nel riquadro, Gaetano Trivelli (Ansa)
Parla Gaetano Trivelli, uno dei leader del team Recap, il gruppo che dà la caccia ai trafficanti che cercano di fuggire dalla legge.
Nicolas Maduro e Hugo Chavez nel 2012. Maduro è stato ministro degli Esteri dal 2006 al 2013 (Ansa)
Su un testo riservato appare il nome del partito creato da Grillo. Dietro a questi finanziamenti una vera internazionale di sinistra.
Un disegno che ricostruisce i 16 mulini in serie del sito industriale di Barbegal, nel Sud della Francia (Getty Images)
Nel 1937 l’archeologo francese Fernand Benoit fece una scoperta clamorosa. Durante gli scavi archeologici nei pressi dell’acquedotto romano di Arles, la sua città, riportò alla luce un sito straordinario. Lungo un crinale ripido e roccioso, scoprì quello che probabilmente è stato il primo impianto industriale della storia, un complesso che anticipò di oltre un millennio la prima rivoluzione industriale, quella della forza idraulica.
L'articolo contiene una gallery fotografica.
Situato a circa 8 km a nord di Arelate (odierna Arles), il sito archeologico di Barbegal ha riportato alla luce una fabbrica per la macinazione del grano che, secondo gli studiosi, era in grado di servire una popolazione di circa 25.000 persone. Ma la vera meraviglia è la tecnica applicata allo stabilimento, dove le macine erano mosse da 16 mulini ad acqua in serie. Il sito di Barbegal, costruito si ritiene attorno al 2° secolo dC, si trova ai piedi di una collina rocciosa piuttosto ripida, con un gradiente del 30% circa. Le grandi ruote erano disposte all’esterno degli edifici di fabbrica centrali, 8 per lato. Erano alimentate da due acquedotti che convergevano in un canale la cui portata era regolata da chiuse che permettevano di controllare il flusso idraulico.
Gli studi sui resti degli edifici, i cui muri perimetrali sono oggi ben visibili, hanno stabilito che l’impianto ha funzionato per almeno un secolo. La datazione è stata resa possibile dall’analisi dei resti delle ruote e dei canali di legno che portavano l’acqua alle pale. Anche questi ultimi erano stati perfettamente studiati, con la possibilità di regolarne l’inclinazione per ottimizzare la forza idraulica sulle ruote. La fabbrica era lunga 61 metri e larga 20, con una scala di passaggio tra un mulino e l’altro che la attraversava nel mezzo. Secondo le ipotesi a cui gli archeologi sono giunti studiando i resti dei mulini, il complesso di Barbegal avrebbe funzionato ciclicamente, con un’interruzione tra la fine dell’estate e l’autunno. Il fatto che questo periodo coincidesse con le partenze delle navi mercantili, ha fatto ritenere possibile che la produzione dei 16 mulini fosse dedicata alle derrate alimentari per i naviganti, che in quel periodo rifornivano le navi con scorte di pane a lunga conservazione per affrontare i lunghi mesi della navigazione commerciale.
Continua a leggereRiduci











