2021-03-02
Tre anni a Sarkozy per corruzione. L’amaro destino di chi derise il Cav
Nicolas Sarkozy (Getty Images)
La sentenza incrocia l'Italia su Muamar Gheddafi. La condanna riguarda infatti i finanziamenti che il leader libico avrebbe versato all'ex presidente francese, poi fautore di una guerra cui Silvio Berlusconi tentò di opporsi.Nicolas Sarkozy è stato condannato ieri per corruzione e traffico di influenze, nell'ambito del cosiddetto «caso intercettazioni». Dopo Jacques Chirac nel 2011, è la seconda volta che un ex inquilino dell'Eliseo subisce una condanna. In particolare, all'ex presidente francese sono stati comminati tre anni, di cui due con la condizionale. Secondo Le Monde, ha adesso dieci giorni di tempo per presentare un ricorso. Accorato il commento della consorte, Carla Bruni, che ha dichiarato: «Che accanimento insensato amore mio. La battaglia continua, la verità emergerà». Tutto ha avuto inizio nel 2013, quando i magistrati francesi avviarono un'operazione per intercettare l'ex capo dello Stato nel contesto di un'indagine volta a verificare se - in occasione della campagna presidenziale del 2007 - avesse ricevuto dei finanziamenti dall'allora leader libico, Muammar Gheddafi. Gli inquirenti si sono basati su conversazioni intercettate tra l'ex presidente e il suo avvocato Thierry Herzog su una linea segreta, intestata a «Paul Bismuth». Partendo da qui, l'accusa avrebbe scoperto un «patto di corruzione» nell'ambito del caso Bettencourt: nel dettaglio, Sarkozy e Herzog avrebbero cercato di ottenere informazioni riservate da un componente della Corte di cassazione, Gilbert Azibert, promettendo in cambio a quest'ultimo appoggio per ricevere un incarico di prestigio a Monaco. Anche Herzog e Azibert sono stati, non a caso, condannati. Sono lontani i tempi dell'ottobre 2011, quando - ancora presidente francese - Sarkozy dileggiò, insieme alla cancelliera tedesca Angela Merkel, con una risata Silvio Berlusconi, il cui governo sarebbe di lì a poco caduto in circostanze non esattamente cristalline. Un destino amaro per l'ex inquilino dell'Eliseo che, da astro della galassia gollista, si ritrovò prima sconfitto dal ben poco carismatico Francois Hollande nel 2012 e, successivamente, colpito da svariate grane giudiziarie. Che la carriera politica di Sarkozy fosse ormai compromessa risultò del resto abbastanza chiaro nel novembre 2016, quando - candidatosi alle primarie dei Républicains per tentare la riscossa - si ritrovò inchiodato a un misero terzo posto, dietro Francois Fillon e Alain Juppe: la certificazione definitiva che l'astro si fosse ormai spento. Insomma, Sarkozy non ride più. E non certo da ieri. L'homo novus che voleva rivoluzionare la destra gollista nel nome della «rupture» (pur scopiazzando i manifesti elettorali di Mitterrand), ha finito col contribuire a sconquassarla: c'entra infatti anche la sua controversa eredità politica, se i Républicains non hanno neppure raggiunto il ballottaggio alle presidenziali del 2017.Ma non è tutto. Perché questa condanna incrocia (per quanto indirettamente) Berlusconi e l'Italia su un altro punto: lo spettro di Gheddafi. Come infatti abbiamo visto, la condanna si inserisce in un filone nato dall'inchiesta sui presunti finanziamenti che il leader libico avrebbe versato a Sarkozy. Nel 2014, France 3 diffuse un'intervista del marzo 2011 in cui l'allora rais disse di aver foraggiato la prima campagna presidenziale dello stesso Sarkozy. In quei giorni di «primavera araba», l'Eliseo aveva appena deciso di spalleggiare le forze ribelli e divenne il principale promotore dell'intervento bellico per deporre Gheddafi. Berlusconi tentò in un primo momento di opporsi, per tutelare il trattato di Bengasi del 2008, essendo tra l'altro conscio del fatto che la Libia sarebbe potuta diventare una polveriera. Ma invano. La linea francese riuscì ad imporsi e il rais venne deposto e ucciso. Pochi mesi dopo, tra marzo e aprile del 2012, il sito francese Mediapart pubblicò documenti che suggerivano come Gheddafi, cinque anni prima, potesse aver finanziato Sarkozy con 50 milioni di euro. Ora, non è dato sapere a oggi se quell'ingente finanziamento abbia avuto luogo, con l'ex inquilino dell'Eliseo che ha respinto l'addebito. Certo è che l'iperattivismo francese nell'affaire Gheddafi fu significativo. Nell'agosto 2017, Giorgio Napolitano - che all'epoca dei fatti era al Quirinale - dichiarò a La Repubblica che fu Berlusconi a decidere di portare l'Italia nell'intervento contro il rais, sostenendo tra l'altro una preminenza delle Nazioni Unite in quella crisi. Sarà: ma gli interrogativi sui finanziamenti restano. Tutto questo, mentre - a gennaio 2016 - Le Monde riportò che, «secondo un'email inviata a Hillary Clinton, l'intervento di Nicolas Sarkozy in Libia è stato motivato dalla decisione del dittatore africano di creare una moneta panafricana in competizione con il franco Cfa». Anche in questo caso, si tratta di una questione controversa. Ma che Sarkozy si sia così tanto impegnato contro il rais per esclusiva tutela dei diritti umani, è onestamente un po' difficile da immaginare. Comunque, che alla base di quell'intervento vi fossero beghe personali, interessi francesi o puro umanitarismo, il disastro libico (con i suoi strascichi) è oggi sotto gli occhi di tutti. E quel disastro trova proprio in Sarkozy il principale responsabile. Lui, che rideva di Berlusconi. Lui che si è paragonato a Raskolnikov: il protagonista di Delitto e Castigo che Dostoevskij dipinge come ammiratore di Napoleone. Parallelismi azzardati per un ex presidente francese che puntava ad Austerlitz, ma che ha ormai inesorabilmente raggiunto la sua Sant'Elena.
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)