
La teoria della «reciprocità» permetterà a Roma di guidare i negoziati sull’export.L’interesse prioritario di geopolitica economica dell’Italia è mantenere in crescita il suo modello economico-industriale trainato dall’export, in particolare sul versante extraeuropeo.Servono due strategie moltiplicative nel cambio di mondo in atto. La prima è minimizzare o perfino riuscire a evitare dazi per l’export verso l’America. La seconda è ampliare il raggio di collaborazioni/partenariati bilaterali con nazioni rilevanti sul piano globale. Il governo è certamente su questa linea, che non è facile: l’Italia è il quarto esportatore mondiale ma non ha una scala nazionale di forza equivalente ed è costantemente esposta a pressioni concorrenziali da parte di Francia e Germania via loro condizionamento prevalente via Ue e conseguenti regole. Ma nemmeno impossibile. Inoltre, non riuscirebbe a sostituire il modello trainato dall’export con uno tirato dai consumi interni perché ha una sovracapacità produttiva che richiede lo scarico su mercati esterni, quello europeo importante, ma non sufficiente e, appunto, esposto a concorrenza limitativa. In sintesi, l’Italia è globale e deve diventare più globale per mantenere e aumentare la propria ricchezza nazionale (si legga per dettagli il mio Italia globale, Rubbettino, 2023). Come? Prima strategia moltiplicativa: da un paio di giorni si è aperta una promettente possibilità negoziale con l’America a conduzione Donald Trump. Non minaccia più, a parte nazioni specifiche, dazi distruttivi generalizzati, ma pretende la reciprocità. Cioè, tu mi metti un dazio o una barriera tariffaria diretta o indiretta e simile e io ti rispondo con un’azione simmetrica. Tu mi togli dazi o barriere e io farò lo stesso. Si tratta di un enorme cambiamento. Semplificando, nei primi anni Sessanta dell’altro secolo, l’America, temendo difficoltà per tenere incollati gli alleati, decise una strategia di «commercio internazionale asimmetrico» con loro e assimilabili: potevano esportare quasi di tutto in America, ma questa non pretendeva reciprocità, offrendo loro sia protezionismo (utile per il consenso interno) sia un enorme potenziale di ricchezza via export. Ciò creò un primo mercato semiglobale centrato sulle importazioni americane, che spinse gli alleati a prendere un modello economico trainato dall’export. Quando, dopo la Guerra fredda, emerse un mercato totalmente globale, l’America non volle, e comunque non riuscì, a cambiare questo modello mondiale. E iniziò a deindustrializzarsi e ad avere un deficit commerciale enorme. In realtà, tale deficit era bilanciato finanziariamente dal fatto che gli esportatori trasferivano i dollari nel sistema finanziario statunitense. Ma fu un falso bilanciamento perché tale ricchezza non impediva la deindustrializzazione e l’impoverimento della classe media. Il consenso a Trump deriva da questa situazione: ha promesso di ribilanciare sul piano sostanziale i flussi commerciali. Ma la prima idea di usare troppo i dazi è stata realisticamente valutata dal suo staff troppo pericolosa per l’America. E, per questo, ha cambiato visione: dal commercio asimmetrico a quello simmetrico via reciprocità. Ciò significa che l’Ue dovrà abbandonare le sue tante barriere tariffarie e non, nonché le carbon tax, se vorrà evitare dazi per l’export in America. E, forse, dovrà rivedere l’Iva, che l’America ritiene una barriera.È presto per entrare in dettagli, ma raccomando di cogliere l’opportunità di una semplificazione europea che permetta un flusso più liscio possibile dei flussi euroamericani, cioè di eliminare il protezionismo europeo. Come? Via negoziato, dove si studi la massima apertura combinata con il vincolo di protezione di alcune categorie sociali ma cercando di adattare il secondo alla prima. Roma dovrebbe guidare l’avvio di questo processo anche considerando che la Germania, export dipendente più dell’Italia, è probabile che vi converga anche lei dopo le elezioni politiche. Sul punto mi fermo qui, sollecitando la capacità di capire, in sede Ue, i punti di compromesso.Seconda strategia moltiplicativa: l’Italia deve diventare più globale per aprire spazi crescenti al suo export attraverso accordi bilaterali. Lo sta facendo bene con nazioni africane, arabe e nel Pacifico: deve espandere di più l’azione. Ma per farlo in Africa e nell’Asia centrale ha bisogno di un ombrello di potenza che riduca il problema della piccola scala politica e militare. L’Ue non può darlo, ma l’America sì. Pertanto, pur tentando di mantenere una duplice lealtà con America ed Ue, lo scambio principale è con l’America.Scambio? Washington pretende scambi, da sempre. Così come nell’alleanza centrata sul potere ateniese dal 462 al 404 prima di Cristo, Atene offriva protezione con la sua flotta agli alleati chiedendo in cambio la custodia del loro tesoro o azioni non monetarie equivalenti. Ci sono queste, per Roma, con l’America? Ce ne sono. E ce sono anche altre molto produttive con Giappone, Australia, India, Arabia, Argentina, Brasile e parecchi altri Paesi, con un’attenzione a una relazione più profonda con Israele e con i Balcani occidentali. Ma Francia e Germania lasceranno l’Italia andare a briglia sciolta? Tendenzialmente no, ma nemmeno hanno interesse a comprimere l’Italia scatenandone la reazione sotto ombrello statunitense, anche per questo essenziale.Ma di cosa ha bisogno di più l’Italia per attuare una politica di tale ambizione? Di più ordine ed efficienza interni non tanto, o solo, comprimendo le stupidaggini della minoranza politica, per esempio la suicida proposta di tassa patrimoniale, ma educando il personale della maggioranza a governare con massima precisione, efficienza e coesione. Come un orologio? Di più, come una repubblica marinara preparata a tutti gli oceani e continenti nonché lo spazio sopra di essi. E oltre.
Antonio Scoppetta (Ansa)
- Nell’inchiesta spunta Alberto Marchesi, dal passato turbolento e gran frequentatore di sale da gioco con toghe e carabinieri
- Ora i loro legali meditano di denunciare la Procura per possibile falso ideologico.
Lo speciale contiene due articoli
92 giorni di cella insieme con Cleo Stefanescu, nipote di uno dei personaggi tornati di moda intorno all’omicidio di Garlasco: Flavius Savu, il rumeno che avrebbe ricattato il vicerettore del santuario della Bozzola accusato di molestie.
Marchesi ha vissuto in bilico tra l’abisso e la resurrezione, tra campi agricoli e casinò, dove, tra un processo e l’altro, si recava con magistrati e carabinieri. Sostiene di essere in cura per ludopatia dal 1987, ma resta un gran frequentatore di case da gioco, a partire da quella di Campione d’Italia, dove l’ex procuratore aggiunto di Pavia Mario Venditti è stato presidente fino a settembre.
Dopo i problemi con la droga si è reinventato agricoltore, ha creato un’azienda ed è diventato presidente del Consorzio forestale di Pavia, un mondo su cui vegliano i carabinieri della Forestale, quelli da cui provenivano alcuni dei militari finiti sotto inchiesta per svariati reati, come il maresciallo Antonio Scoppetta (Marchesi lo conosce da almeno vent’anni).
Mucche (iStock)
In Danimarca è obbligatorio per legge un additivo al mangime che riduce la CO2. Allevatori furiosi perché si munge di meno, la qualità cala e i capi stanno morendo.
«L’errore? Il delirio di onnipotenza per avere tutto e subito: lo dico mentre a Belém aprono la Cop30, ma gli effetti sul clima partendo dalle stalle non si bloccano per decreto». Chi parla è il professor Giuseppe Pulina, uno dei massimi scienziati sulle produzioni animali, presidente di Carni sostenibili. Il caso scoppia in Danimarca; gli allevatori sono sul piede di guerra - per dirla con la famosissima lettera di Totò e Peppino - «specie quest’anno che c’è stata la grande moria delle vacche». Come voi ben sapete, hanno aggiunto al loro governo (primo al mondo a inventarsi una tassa sui «peti» di bovini e maiali), che gli impone per legge di alimentare le vacche con un additivo, il Bovaer del colosso chimico svizzero-olandese Dsm-Firmenich (13 miliardi di fatturato 30.000 dipendenti), capace di ridurre le flatulenze animali del 40%.
Matteo Bassetti (Imagoeconomica)
L’infettivologo Matteo Bassetti «premiato» dal governo che lui aveva contestato dopo la cancellazione delle multe ai non vaccinati. Presiederà un gruppo che gestirà i bandi sui finanziamenti alla ricerca, supportando il ministro Anna Maria Bernini. Sarà aperto al confronto?
L’avversione per chi non si vaccinava contro il Covid ha dato i suoi frutti. L’infettivologo Matteo Bassetti è stato nominato presidente del nuovo gruppo di lavoro istituito presso il ministero dell’Università e della Ricerca, con la funzione di offrire un supporto nella «individuazione ed elaborazione di procedure di gestione e valutazione dei bandi pubblici di ricerca competitivi».
Sigfrido Ranucci (Imagoeconomica)
- La trasmissione lancia nuove accuse: «Agostino Ghiglia avvisò Giorgia Meloni della bocciatura del dl Riaperture». Ma l’attuale premier non ebbe alcun vantaggio. Giovanni Donzelli: «Il cronista spiava l’allora leader dell’opposizione?». La replica: «Sms diffusi dal capo dell’autorità».
- Federica Corsini: «Contro di me il programma ha compiuto un atto di violenza che non riconosce. Per difendersi usa la Rai».






