2020-06-25
Trappola a Gualtieri dentro l’esecutivo per ridimensionare i suoi superpoteri
La possibilità riservata al ministro di riallocare risorse scuote il governo. Che con una modifica tardiva in Aula lo imbriglia.Con un pizzico di orgoglio possiamo rivendicare che domenica scorsa avevamo colto nel segno: eravamo stati i primi e gli unici a titolare sui «superpoteri» del ministro Roberto Gualtieri.In particolare, nel nostro pezzo avevamo fatto notare un dettaglio sfuggito anche ai commentatori nei giorni successivi: nei precedenti decreti legge Cura Italia e Rilancio era già previsto un articolo che prevedeva la possibilità, da parte del ministro dell'Economia, di «riallocare» eventuali minori spese relative ad alcune misure a vantaggio di maggiori spese relative ad altre misure. Ma ciò avveniva all'interno delle misure dello stesso decreto. Invece la portata potenzialmente deflagrante dell'articolo 4 del decreto legge 52 del 16 giugno consisteva nel poter effettuare questa riallocazione tra i tre diversi decreti (incluso il Liquidità dell'8 aprile) che avevano costituito la risposta del nostro governo alla crisi economica da Covid-19. In definitiva ben 75 miliardi (20+55) di maggior indebitamento netto e ben 180 miliardi (25+155) di saldo netto da finanziare, dispersi su una miriade di voci, diventavano denaro potenzialmente disponibile per il ministro Gualtieri. Secondo quella norma, era sufficiente che il «monitoraggio in tempo reale» sul tiraggio di ciascuna misura evidenziasse una sovrastima delle risorse dedicate per consentire a Gualtieri, con un semplice decreto ministeriale, di spostare tali somme eccedenti su altre voci che, eventualmente, stessero dimostrando un tiraggio superiore alle stime.Tutto questo applicato a cavallo di ben tre decreti legge. Facevamo infine notare due evidenti vulnus: il primo al normale processo democratico di formazione delle leggi, con un atto di legislazione secondaria (come un decreto ministeriale) che andava a modificare gli effetti finanziari un atto di legislazione primaria (un decreto legge); il secondo metteva sotto i riflettori l'accuratezza delle stime relative a ciascuna misura e, in particolare, ci dichiaravamo delusi dal fatto che, dopo ben quasi due mesi di gestazione, un decreto legge dovesse contenere una norma di chiusura di tale portata per consentire di spendere comunque le somme stanziate.Domenica pomeriggio il Mef ha emesso un apposito comunicato per definire come «interpretazioni assolutamente fantasiose e prive di ogni fondamento» quanto esposto su queste colonne il giorno stesso e sul Corriere della Sera il giorno prima. Ma la risposta del Mef, denotando comunque un evidente fastidio per quanto avevamo descritto, costituiva la classica toppa peggiore del buco. Infatti, faceva rilevare la presenza della norma già nei precedenti decreti, facendo però finta di ignorare la differenza, che abbiamo sopra descritto, tra le diverse norme. Descriveva la norma esattamente come l'avevamo interpretata noi, cioè «un meccanismo di vasi comunicanti» tra le diverse misure dei tre decreti. Il Mef sosteneva che tale meccanismo fosse stato «già utilizzato in precedenza», ma così non è. Infatti, alcuni autorevoli costituzionalisti, come il professore di diritto pubblico Francesco Clementi e il deputato pd Stefano Ceccanti hanno nei giorni successivi fatto notare che i precedenti a cui si riferisce il Mef non sono affatto comparabili con la situazione attuale.Il Mef non rispondeva affatto alla nostra domanda su quali fossero i criteri di allocazione «ottimale» che avrebbero dovuto guidare Gualtieri nella riassegnazione delle risorse. In presenza di centinaia di norme che potrebbero presentare tiraggio inferiore o superiore alle stime, come si comporterà il ministro? Scriverà di fatto una nuova legge di bilancio, variando le risorse finanziarie assegnate a centinaia di diverse misure?Proprio i professori Ceccanti e Clementi, intervenuti rispettivamente su Huffingtonpost.it il 23 e sul Sole 24 Ore il 24 giugno, hanno demolito dalle fondamenta la nota del Mef e confermato la correttezza della nostra prima lettura. Ceccanti, che certo non può essere considerato un pericoloso alfiere dell'opposizione politica a questo governo, ha parlato di «problema istituzionale che deve essere riconosciuto in tutta la sua importanza» e di una norma che consente a Gualtieri «ben oltre quanto previsto dalla legge di contabilità». Clementi ha scritto di «delega in bianco, in piena discrezionalità, a disposizione del ministro dell'Economia», di «norma palesemente extra ordinem».Il livello dello scontro stava indubbiamente salendo. E ieri, a definitiva conferma dell'enormità del problema, il tema è giunto in Parlamento. È stato infatti presentato l'unico emendamento (68.137) a firma del governo che, abbastanza clamorosamente, modifica proprio il comma 8 dell'articolo 265 del decreto Rilancio, che avevamo già commentato domenica. Infatti, abroga completamente il dl 52 (che era stato l'iniziale pietra dello scandalo), il cui articolo 4 trasloca nell'articolo 265, comma 8 del Rilancio, con una modifica sostanziale: «Gli schemi dei decreti di cui ai precedenti periodi sono trasmessi alle Camere per l'espressione del parere delle commissioni parlamentari competenti per i profili finanziari, da rendere entro il termine di sette giorni dalla data della trasmissione».Non avremmo potuto immaginare una sconfessione più ampia della prima formulazione del governo. Ora Gualtieri dovrà passare da un controllo parlamentare forte, prima di rendere esecutive le sue proposte di variazioni di bilancio.Se si ritiene necessario tale controllo, allora la nostra interpretazione non era così «fantasiosa e priva di fondamento».
Il primo ministro del Pakistan Shehbaz Sharif e il principe ereditario saudita Mohammed bin Salman (Getty Images)
Riyadh e Islamabad hanno firmato un patto di difesa reciproca, che include anche la deterrenza nucleare pakistana. L’intesa rafforza la cooperazione militare e ridefinisce gli equilibri regionali dopo l’attacco israeliano a Doha.
Emanuele Orsini e Dario Scannapieco