2021-09-18
Tra Washington e Riad i rapporti traballano
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Il principe Turki al-Faisal (Getty Images)
Dal ritiro del sistema missilistico alla desecretazione dei documenti sugli attacchi dell'11 settembre: sono significativi i fronti di attrito tra americani e sauditi.Gli Stati Uniti hanno ritirato il loro sistema di difesa missilistico e le batterie di missili Patriot dall'Arabia Saudita: tutto questo, sebbene la monarchia abbia subìto degli attacchi dai ribelli Huthi. Nonostante resti la presenza di migliaia di soldati americani nell'area del Golfo in funzione anti-iraniana, Riad ha espresso preoccupazione per la mossa statunitense. «Penso che dobbiamo essere rassicurati sull'impegno americano», ha detto il principe Turki al-Faisal alla Cnbc. «Per esempio, non dovrebbero essere ritirati i missili Patriot dall'Arabia Saudita in un momento in cui l'Arabia Saudita è vittima di attacchi missilistici e attacchi di droni, non solo dallo Yemen, ma dall'Iran». Washington, dal canto suo, ha cercato di rassicurare Riad. «Il Dipartimento della Difesa continua a mantenere decine di migliaia di forze e una solida posizione di forza in Medio Oriente che rappresentano alcune delle nostre capacità aeree e marittime più avanzate, a sostegno degli interessi nazionali degli Stati Uniti e delle nostre partnership regionali», ha in tal senso affermato il portavoce del Pentagono, John Kirby. I timori comunque restano. Anche perché, questo passo indietro americano avviene in concomitanza di eventi preoccupanti. In primo luogo, come già accennato, Riad ha recentemente reso noto di aver intercettato tre missili e tre droni lanciati dai ribelli Huthi nel vicino Yemen. Tutto questo, mentre – nel 2019 – lo stesso gruppo aveva rivendicato un altro attacco di droni contro alcune strutture della società saudita Aramco. Ricordiamo, a questo proposito, che gli Huthi siano spalleggiati da uno storico nemico di Riad, come l'Iran. Ora, è pur vero che, alcuni mesi fa, i sauditi avessero avviato un timido tentativo di disgelo con Teheran: un effetto, si disse, del cambio della guardia alla Casa Bianca. Ciononostante è probabile che la recente elezione a presidente iraniano del falco, Ebrahim Raisi, possa complicare significativamente questa distensione. Non sarà del resto un caso che, lo scorso 3 settembre, Foreign Policy abbia riportato «i che colloqui iraniani-sauditi […] sono in stallo». In particolare, la rivista ha citato varie cause di questa situazione: dall'incertezza sul destino del nuclear deal al controverso ruolo dei miliziani filo-iraniani nello scacchiere mediorientale. In secondo luogo, l'altro evento concomitante è quello del ritiro statunitense dall'Afghanistan. Un ritiro che, dalle parti di Riad, è stato interpretato come un crescente disinteresse americano nei confronti del Medio Oriente e dell'Asia Centrale. Secondo questa (non certo infondata) visione, Washington, in altre parole, starebbe sempre più concentrando la sua attenzione sull'Indo-Pacifico e, in particolare, sul confronto con la Cina (a partire dallo spinosissimo dossier di Taiwan). Tutto questo preoccupa ovviamente Riad, che si sente più isolata e conseguentemente più vulnerabile rispetto a Teheran. Tra l'altro, non bisogna neppure dimenticare che, con l'arrivo alla Casa Bianca di Joe Biden, i rapporti tra Washington e i sauditi si siano fortemente raffreddati, rispetto alla presidenza di Donald Trump. L'attuale presidente americano fu infatti salutato favorevolmente dalla Fratellanza Musulmana e, lo scorso febbraio, approvò la pubblicazione del rapporto sull'uccisione del giornalista Jamal Khashoggi: un rapporto che mise profondamente in imbarazzo il principe ereditario saudita, Mohammad bin Salman. A questo si aggiunga il recente ordine esecutivo, con cui Biden ha avviato la desecretazione di numerosi documenti dell'Fbi inerenti alle indagini sugli attacchi dell'11 settembre: una desecretazione da tempo invocata dai famigliari delle vittime, che ritengono il governo saudita coinvolto negli attentati di vent'anni fa. In particolare, lo scorso 12 settembre, è stato diffuso il primo documento – con ampie parti comunque oscurate – che «descrive in dettaglio», secondo Cnn, «molteplici connessioni e testimonianze che hanno indotto l'Fbi a sospettare di Omar al-Bayoumi, che presumibilmente era uno studente saudita a Los Angeles, ma che l'FBI sospettava fosse un agente dell'intelligence saudita». «Il documento dell'Fbi lo descrive», prosegue la testata, «come profondamente coinvolto nel fornire "assistenza di viaggio, alloggio e finanziamento" per aiutare i due dirottatori». Per quanto ancora la "pistola fumante" di un coinvolgimento diretto del governo saudita non sia stata rinvenuta, è chiaro che – nonostante la sicurezza ostentata di recente dal ministero degli Esteri saudita – la desecretazione di questi documenti possa aumentare la tensione tra Washington e Riad. Con inevitabili ripercussioni sul piano geopolitico.