2024-07-23
Toti presenta ricorso in Cassazione
Giovanni Toti (Getty Images)
Per il legale del governatore c’è stata una visione «squisitamente inquisitoria». L’uomo di Gianluigi Aponte a verbale ammette: «Feci pressioni su Signorini per Spinelli».Un clima da santa inquisizione, con provvedimenti che conterrebbero una visione «squisitamente inquisitoria», una interpretazione dell’atto dell’interrogatorio in chiave «medievale» e che ritengono i contenuti delle intercettazioni come «graniticamente certi». È alla Corte di Cassazione che si rivolge l’avvocato Stefano Savi, difensore del governatore ligure Giovanni Toti, impugnando l’ordinanza con la quale il Riesame in sede di appello ha rigettato la sua ultima richiesta di annullare la custodia cautelare o, almeno, di attenuarla. In 40 pagine l’avvocato presenta ai giudici della Suprema corte tutti i nodi che era convinto di sciogliere davanti al Riesame e che, invece, si sono stretti maggiormente, con delle motivazioni che definisce «irragionevoli e contraddittorie». A partire da quelle che descrive come «pregne, sotto il profilo giuridico, di una malcelata considerazione del diritto processuale penale in termini squisitamente inquisitori». Il passaggio dell’ordinanza del Riesame sotto accusa è questo: «L’impegno (di Toti, ndr) ad astenersi da condotte analoghe (quelle contestate nei capi d’imputazione, ndr) suona come una sterile presa d’atto della fondatezza di accuse che pure non si è voluto ammettere nel corso dell’interrogatorio». Gli inquirenti, insomma, volevano una confessione. «In quest’ottica», spiega Savi, «la funzione dell’interrogatorio delineata dall’ordinanza ricalca quella della confessione giudiziale nel processo canonico penale di epoca medievale. Sul modello della confessione sacramentale, infatti, era richiesto al reo il riconoscimento della colpevolezza e il successivo pentimento che gli avrebbe consentito di emendarsi». Ma nel diritto moderno, afferma Savi, «è principio costantemente ribadito che non si possa ritenere necessaria la confessione intesa come piena ammissione di responsabilità rispetto alla formulazione dell’accusa tanto più se ritenuta necessariamente integrata anche dal riconoscimento della contestazione». E conclude su questo punto sostenendo che «già solo per questa ragione il provvedimento merita l’annullamento». E poi ci sono le valutazioni delle intercettazioni che denoterebbero «l’assenza di una base razionale dell’ordinanza», che «hanno un contenuto interpretabile e non consentono mai di addivenire a un risultato sicuro». Il principio di non colpevolezza, insomma, sarebbe andato a farsi benedire. Savi argomenta ventilando il rischio di cadere «in una visione etica del diritto penale, riflesso di una concezione totalitaria per la quale unico rilievo è rivestito dalla effettiva presa d’atto dell’illiceità del proprio agire (confessione) e dalla conseguente adesione acritica al sistema valoriale e morale (pentimento)». In Procura, intanto, i pm starebbero già valutando se chiedere il giudizio immediato per Toti, per l’imprenditore Aldo Spinelli e per l’ex presidente dell’Autorità portuale Paolo Emilio Signorini. Al centro dell’inchiesta ci sono gli affari nel porto di Genova. Ma anche gli scontri per garantirsi gli spazi. Come quello tra Spinelli e il patron di Msc Gianluigi Aponte. La Verità aveva svelato l’esistenza di dossier, costruiti anche con l’impiego di droni, asseritamente preparati da entrambi i contendenti. Nel suo interrogatorio Alfonso Lavarello, che era intervenuto nella vicenda a sostegno di Aponte, ha spiegato di aver parlato di dossier con Signorini perché avrebbe voluto «mettergli preoccupazioni affinché le trasmettesse a Spinelli». E mentre sui droni sostiene che era «solo una mezza battuta», ha aggiunto che Signorini «ha ribattuto che anche Spinelli aveva un dossier».