2020-02-08
Toscani svela l’ipocrisia Benetton sul ponte
Dopo il licenziamento, il fotografo torna a sparare: «Sono felice, mi sento liberato, ora non devo più difendere nessuno» Così dimostra quali fossero le indicazioni dell'azienda, che non è mai stata disposta ad assumersi alcuna responsabilità.Si chiama contrappasso. Come si lasciarono travolgere dall'ebbrezza dell'insulto e della spocchia prima, ora vengono travolti da una dantesca bufera infernale. Che, giustamente, non si placa nemmeno dopo il licenziamento di Olivero Toscani. Giovedì Luciano Benetton si è «dissociato nel modo più assoluto» dalle ignobili esternazioni del suo creativo riguardo alla tragedia del Morandi («ma a chi interessa se casca un ponte!») e ha deciso di interromper la collaborazione e allontanarlo dall'azienda. Pensava di chiuderla lì, il patron trevigiano. E invece - potenza del destino - il fotografo mica se n'è rimasto zitto. Doveva commentare, perché è più forte di lui. E ieri, all'AdnKronos, se n'è uscito con alcune affermazioni piuttosto sconcertanti, benché probabilmente veritiere. Prima ha fatto professione di bontà: «Sono corretto, e se c'è qualcosa da dire ne parlerò personalmente con i Benetton», ha detto. Un secondo dopo, si è contraddetto: «Mi sento benissimo, mi sono liberato della responsabilità di Autostrade allontanandomi dai Benetton», ha spiegato. «Io ero lì per fare altre cose e c'era il problema del ponte Morandi… Ora basta, non devo più difendere nessuno, solo me stesso. Sono felice, mi sono liberato».E ancora, parlando di sé in terza persona: «Toscani non ha fatto cadere il ponte di Genova come qualcuno si diverte a ritrarmi sui social. Allora io che dovrei dire? Ho grandi progetti in giro, finalmente mi dedicherò a quello che mi piace veramente. E non a difendere i ponti».Formidabile. Per prima cosa, Toscani è riuscito, di nuovo, a fare la vittima, prendendosela con chi lo attacca sui social network. Anzi, per la precisione, con «chi in queste ore sta sguazzando in questa situazione e si permette di giudicare». Beh, detto da uno che ha passato gli ultimi anni a insultare, dileggiare e accusare mezza Italia, è un tantino ipocrita. Ma, soprattutto, il furbastro ha chiarito quale fosse il suo ruolo presso i Benetton. Ci risultava, infatti, che l'avessero richiamato dopo anni per gestire le campagne pubblicitarie. E invece apprendiamo che il suo scopo era esattamente quello che avevamo immaginato: ripulire l'immagine dell'azienda. Se adesso Toscani si sente libero dall'obbligo di «difendere il ponte», significa che in precedenza quell'obbligo esisteva: gli avevano chiesto di gettare acqua e sabbia sul fuoco della polemica. E lui, in effetti, l'ha fatto a modo suo: «Ma a chi interessa se cade un ponte!». Le parole pronunciate ieri dal fotografo, oltre a confermarne la follia, aprono un capitolo ben più vasto e rilevante della Toscaneide. Il problema, in tutta questa orrenda vicenda, non è il bollito Oliviero: sono i Benetton. La loro presa di distanza dal creativo è piuttosto ipocrita per almeno due motivi. Intanto perché ora fanno gli scandalizzati, ma Toscani se lo sono coccolato e cullato, e non hanno mai fiatato quando accusava gli italiani di destra di essere dei mentecatti o mentre spargeva disprezzo a piene mani su chiunque non gli aggradasse. Fino a che le esternazioni scomposte, arroganti e stupide di Toscani infierivano sui nemici ideologici andavano bene, ora che l'immagine dell'azienda è ulteriormente demolita, invece, i Benetton si affrettano a chiudere i rapporti. Ma l'aspetto più grave della faccenda è un altro. Toscani ha chiesto scusa - a modo suo - mentre i Benetton non si sono mai assunti mezza responsabilità riguardo alla vicenda Morandi. L'unica uscita pubblicata di big Luciano sul tema è stata una letterina inviata a Repubblica qualche mese fa, in cui il patron si presentava come… una vittima. Alla fine della fiera, Toscani è offensivo, ed è fastidioso come un moscone. Però non è lui a possedere una fetta di Autostrade, non è lui ad aver incassato miliardi di soldi degli italiani (anche se ne ha beneficiato eccome). Se il fotografo non avesse dato di matto alla radio, i Benetton del ponte non avrebbero mai più parlato. Erano già passati oltre, erano all'opera per imbiancare la facciata e allo scopo hanno convocato le sardine serve del potere per realizzare un bel servizio posato con sorrisi smaglianti in allegato.Le parole definitive, non per nulla, le ha pronunciate Egle Possetti, presidente del Comitato vittime del ponte Morandi. «Le scuse di Oliviero Toscani? Il problema è che secondo noi, oltre alle scuse nella vita servono dei fatti. Ovviamente le scuse da parte mia sono accettate, ma è chiaro che resta il malessere. Come si dice in questi casi, quanto stendi una persona e pianti un chiodo, poi puoi togliere il chiodo, ma il buco resta». Già: servono i fatti. E quali fatti sono arrivati dai Benetton? Una lettera intrisa di vittimismo e un tentativo grottesco di rifarsi la verginità grazie alle sardine. «Umanamente posso anche comprendere che lui si sia fatto prendere dalla foga», ha detto ancora la Possetti. «Però a un personaggio della caratura di Toscani questi momenti non dovrebbero capitare. Nel senso che poi lui sa benissimo che questa vicenda è legata alla famiglia Benetton per cui lui ha sempre lavorato, ed è chiaro che le persone collegano la sua figura a quella famiglia». E non è liberandosi di Toscani che i Benetton si libereranno dell'incubo Morandi.
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