2024-05-09
La Toscana fa da sola su Superbonus e salari
Eugenio Giani (Getty Images)
Mentre Giancarlo Giorgetti annuncia la volontà di rendere obbligatorio il pagamento in 10 anni dei crediti dell’incentivo edilizio, il governatore Eugenio Giani approva una norma che ne facilita l’acquisto da parte degli enti regionali. Intanto Firenze dice sì alla paga minima a 9 euro.«Non sarà una possibilità ma un obbligo» spalmare i crediti del Superbonus in 10 anni, invece che su 4. È questa la misura del governo, annunciata dal ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, a margine dei lavori in Senato sul decreto Superbonus, per contenere gli effetti dei bonus edilizi sui conti pubblici. Giorgetti ha detto che il governo «presenterà il suo emendamento, e se ne assume la responsabilità. Gli emendamenti parlamentari, come avvenuto in passato, di ampliamento delle deroghe non saranno presi in considerazione». Il ministro ha osservato anche che l’opzione indicata da Bankitalia di fermare il Superbonus prima della sua scadenza «sarebbe stata gradita se fosse stata fatta nel 2021, 2022 o 2023, mentre arriva solo nel 2024, quando il governo sta esattamente procedendo a fare questo». Poi il capo del Mef ha citato il Vajont: «Quando siamo intervenuti fortunatamente a porre una diga a questa cosa, la valanga era già partita. Avete presente il Vajont? La valanga era già partita, poi è arrivata giù e ha prodotto disastri», ha dichiarato il ministro. A chi gli chiedeva se l’incremento della spesa non sia imputabile alla sua gestione, Giorgetti ha risposto che, «grazie agli antichi romani che hanno insegnato al mondo il diritto, ci sono i diritti acquisiti, la Costituzione, c'è un principio che uno che ha cominciato il lavoro nel 2021 ha diritto di finirlo nel 2023 e presentare le fatture, cosa abbastanza banale che dovrebbe essere di facile intelligibilità per chiunque». Sin qui le dichiarazioni, veniamo alla tempistica: la presentazione dell’emendamento da parte del governo in commissione Finanze del Senato è attesa per venerdì. Il termine per la presentazione di sub-emendamenti dovrebbe essere fissato per lunedì, mentre oggi la Commissione inizierà il vaglio delle proposte di modifica di origine parlamentare. Confermato l’obiettivo di concludere i lavori in Commissione martedì prossimo per consentire l’approdo in Aula mercoledì. Mentre a Roma si discute di come spalmare gli effetti della «valanga», però, alcune Regioni cominciano a farsi il proprio superbonus. Come la Toscana dove martedì scorso il Consiglio regionale ha approvato (a maggioranza con i voti di Pd, Fdi e M5s, e la non partecipazione al voto della Lega) una normativa per «favorire la circolazione dei crediti fiscali derivanti dai bonus edilizi permettendo agli enti economici regionali e alle società controllate di acquistare crediti fiscali dalle banche da portare in compensazione con i propri debiti fiscali e previdenziali, a condizione di disporre di proprie risorse economiche e finanziarie sufficienti per far fronte sia all'acquisto sia ai possibili rischi derivanti dalle operazioni». L’ambito di applicazione della legge è quello dei crediti che discendono dagli interventi rientranti dal cosiddetto Superbonus, sia sisma bonus che l’ecobonus, ma anche per le opere di ristrutturazione edilizia. Gli enti e le società controllate dalla Regione potranno procedere all’acquisto dei crediti fiscali dalle banche con la garanzia del pro-soluto e a fronte di un accantonamento a un apposito fondo rischi del proprio bilancio di esercizio pari ad almeno il 20% del valore nominale dei crediti acquistati. In pratica una specie di bad bank, una Amco (ovvero una società in cui confluiscono gli asset ad alto rischio di un istituto di credito) della Regione guidata da Eugenio Giani. Una soluzione che ricorda un po’ anche il fondo Atlante, creato nel 2016 da banche e governo per cercare di aiutare il sistema finanziario italiano e ridurre i crediti deteriorati in circolazione. Non solo. A Firenze il sindaco Dario Nardella ha pure introdotto il salario minimo di 9 euro l’ora (accantonato dal governo) e lo schema comincia ad essere replicato anche da altri comuni. «Firenze è la prima città d’Italia a introdurre il principio del salario minimo come criterio obbligatorio per qualunque appalto di opere o servizi. Questo significa che qualunque azienda dovrà applicare il principio del salario minimo di 9 euro all’ora», ha annunciato il sindaco Dario Nardella il 19 marzo. Lo ha seguito a ruota Josi Gerardo Della Ragione, sindaco di Bacoli (Napoli) che ha pubblicato una delibera di contenuto identico. Stessa musica a Pellezzano, un altro piccolo Comune della Campania. E già a dicembre il consiglio comunale di Livorno aveva votato un emendamento che ha introdotto l’adeguamento a una paga base di 9 euro l’ora per tutti i dipendenti del Comune e per coloro che lavoreranno in un appalto comunale. Tutto questo accade mentre è iniziato (ieri) l’esame da parte dell'Aula del Senato del ddl Casellati sul premierato elettivo, così come la scorsa settimana l'Aula della Camera aveva avviato quello dell'Autonomia differenziata. Da un lato si discute, dunque, di come spalmare i crediti del superbonus e dall’altro abbiamo alcune regioni e alcuni comuni che vanno per conto loro rendendo così ancor più complicato calcolare costi e deficit.
Gli abissi del Mar dei Caraibi lo hanno cullato per più di tre secoli, da quell’8 giugno del 1708, quando il galeone spagnolo «San José» sparì tra i flutti in pochi minuti.
Il suo relitto racchiude -secondo la storia e la cronaca- il più prezioso dei tesori in fondo al mare, tanto che negli anni il galeone si è meritato l’appellativo di «Sacro Graal dei relitti». Nel 2015, dopo decenni di ipotesi, leggende e tentativi di localizzazione partiti nel 1981, è stato individuato a circa 16 miglia nautiche (circa 30 km.) dalle coste colombiane di Cartagena ad una profondità di circa 600 metri. Nella sua stiva, oro argento e smeraldi che tre secoli fa il veliero da guerra e da trasporto avrebbe dovuto portare in Patria. Il tesoro, che ha generato una contesa tra Colombia e Spagna, ammonterebbe a svariati miliardi di dollari.
La fine del «San José» si inquadra storicamente durante la guerra di Successione spagnola, che vide fronteggiarsi Francia e Spagna da una parte e Inghilterra, Olanda e Austria dall’altra. Un conflitto per il predominio sul mondo, compreso il Nuovo continente da cui proveniva la ricchezza che aveva fatto della Spagna la più grande delle potenze. Il «San José» faceva parte di quell’Invencible Armada che dominò i mari per secoli, armato con 64 bocche da fuoco per una lunghezza dello scafo di circa 50 metri. Varato nel 1696, nel giugno del 1708 si trovava inquadrato nella «Flotta spagnola del tesoro» a Portobelo, odierna Panama. Dopo il carico di beni preziosi, avrebbe dovuto raggiungere Cuba dove una scorta francese l’attendeva per il viaggio di ritorno in Spagna, passando per Cartagena. Nello stesso periodo la flotta britannica preparò un’incursione nei Caraibi, con 4 navi da guerra al comando dell’ammiraglio Charles Wager. Si appostò alle isole Rosario, un piccolo arcipelago poco distanti dalle coste di Cartagena, coperte dalla penisola di Barù. Gli spagnoli durante le ricognizioni si accorsero della presenza del nemico, tuttavia avevano necessità di salpare dal porto di Cartagena per raggiungere rapidamente L’Avana a causa dell’avvicinarsi della stagione degli uragani. Così il comandante del «San José» José Fernandez de Santillàn decise di levare le ancore la mattina dell’8 giugno. Poco dopo la partenza le navi spagnole furono intercettate dai galeoni della Royal Navy a poca distanza da Barù, dove iniziò l’inseguimento. Il «San José» fu raggiunto dalla «Expedition», la nave ammiraglia dove si trovava il comandante della spedizione Wager. Seguì un cannoneggiamento ravvicinato dove gli inglesi ebbero la meglio sul galeone colmo di merce preziosa. Una cannonata colpì in pieno la santabarbara, la polveriera del galeone spagnolo che si incendiò venendo inghiottito dai flutti in pochi minuti. Solo una dozzina di marinai si salvarono, su un equipaggio di 600 uomini. L’ammiraglio britannico, la cui azione sarà ricordata come l’«Azione di Wager» non fu tuttavia in grado di recuperare il tesoro della nave nemica, che per tre secoli dormirà sul fondo del Mare dei Caraibi .
Continua a leggereRiduci