2021-10-25
Un girotondo di sapori
Le torte salate sono regine della tavola in tutto il mondo. I Romani ne erano ghiotti e nel Medio Evo non mancavano mai nei banchetti più importanti. Le ricette sono moltissime, con pasta sfoglia, carne, formaggi, verdure. Oggi rappresentano un piatto veloce e nutriente. Ma bisogna fare attenzione al ripieno perché è facile eccedere con gli ingredienti più calorici: una bella fetta è già un pasto pressoché completo.Sapevate che quando mangiate una torta salata state facendo qualcosa di antico-romano e medioevale? Andiamo per gradi. Chiamiamo torta salata una torta di gusto salato che, esattamente come avviene per quelle dolci, può essere un unico impasto di tutti gli ingredienti insieme oppure può essere strutturata in un guscio di pasta - che copre solo il fondo e i laterali o anche con copertura - che contiene un ripieno: per intenderci, dal ciambellone salato alla torta pasqualina. Direte: ma perché non chiamiamo la torta, che somiglia di più a una crostata, crostata pasqualina? Perché da noi l'espressione crostata salata, più che corretta dal punto di vista descrittivo, non è però penetrata nella consuetudine classificatoria e chiamiamo tutto «torta». In ambito anglosassone, per esempio, si distingue cake, preparazione nella quale tutto è impastato insieme, e pie, un guscio di impasto parziale o completo con ripieno. Il primo è una sorta di pane condito, dolce o salato, l'ultima un pane ripieno in senso molto esteso, che potrebbe ricomprendere, per esempio, anche il nostro calzone. Tornando a noi, le torte salate a forma di crostata o guscio con ripieno differente sono più diffuse di quelle «monoblocco», solitamente il contenitore di impasto è preparato con farina, acqua, olio e burro, a volte uova. Il Medio Evo è anche l'evo del trionfo di pasticci e torte d'ogni tipo, in primis la «torta parmesana», sesta ricetta del Liber de coquina che prevede, sopra una base di «pasta solida» a base di farina strati di pollo, ravioli ripieni, prosciutto, salsicce, budelli, datteri: chi più ne ha, più ne metta. i «pastelli volativi»Un piatto assolutamente emblematico della concezione culinaria medioevale, soprattutto nella versione di Mastro Martino de Rossi, detto da Como, la prima firma importante della cucina italiana, alla quale si deve il Libro de arte coquinaria: in esso spiega che la «carne di urso è bona in pastelli», che il pastello secco è «un pasticcio di carne senza intingolo» e soprattutto inventa il «pastello volativo». Si tratta di una pietanza di alta cucina, che si preparava per banchetti nobili e dava luogo a una presentazione che non ha nulla da invidiare alla spettacolarità culinaria contemporanea. Si prepara un pastello grande, con un buco sul fondo, della dimensione di un pugno, riempito di farina che poi si getterà via dopo la cottura, per inserirci un altro piccolo pastello. Ogni pastello deve essere «pieno di bona roba ben cotto» e nell'intercapedine tra piccolo e grande pastello, poco prima dell'uscita in tavola, si devono posizionare uccellini vivi che voleranno via, come da una gabbia aperta, alzando il pastello grande «per dare festa et solazo a la briata». Il pastello volativo dell'Anonimo toscano è più semplice: svolge sempre la funzione di gabbia, ma è solo uno, con coperchio movibile e finestrelle dalle quali intravedere gli uccellini che poi, scoperchiando, offriranno l'affascinante spettacolo di volare via, ed è attaccato a un alberello fatto anch'esso di pasta, con tanto di frutti, sempre fatti di pasta poi colorata. la regola di apicioLa torta salata detta pasticcio nasce con gli antichi Romani: nel De re coquinaria di Apicio era presente la ricetta del pasticium, tipicamente di carne. Da allora, la parola «pasticcio» indica una torta salata con ripieno per lo più di carne non diciamo in tutto il mondo, ma quasi. Il pasticcio inteso come torta salata composta da un involucro di pasta ripieno di carne e, spesso, varie spezie, e non come casino, garbuglio, grana, guaio eccetera, esiste nella cucina osseta: contiene carne, cipolle, aglio e peperoni e si chiama fydzhin. Le piccole torte ripiene di carne della cucina mediorientale si chiamano fata'ir, in Inghilterra c'è la pork pie con ripieno di maiale, in Cornovaglia il cornish pastry e nel resto della Gran Bretagna e in Irlanda c'è la cottage pie, pasticcio di carne rossa di manzo o agnello con purea di patate. Negli Stati Uniti, in Louisiana, si mangia il Natchitoches meat pie, il pasticcio di carne di Natchitoches, ed è anche un piatto nazionale dello Stato; nel Québec c'è la tourtière, in Australia e Nuova Zelanda c'è una variante tipica della meat pie, un piccolo tortino (delle dimensioni di un pasticcino) ripieno di carne; in Crimea c'è il sarburma, pasticcio di carne tipico della cucina tatara o tartara di Crimea, caratterizzato dalla peculiarità di essere arrotolato a chiocciola. Dopo l'epoca antica e le belle evoluzioni e rivisitazioni nel Medio Evo, la nostra torta salata approda alla nostra epoca non più come portata di alto profilo per pranzi eleganti o di festa, ma anche come regina della cucina di tutti i giorni. E ci diventa sempre più man mano che abbiamo a disposizione sempre meno tempo per cucinare. La torta salata, che può accogliere carne, pesce, formaggi, verdura e anche frutta, in particolar modo secca, si emancipa ogni giorno di più dalla concezione di mera svuotafrigo: si vanno a ricercare le ricette della tradizione oppure se ne inventano di nuove, sempre facendo l'occhiolino a quelle che, attraversando i secoli e forse anche alcuni eccessi di questi, ci hanno probabilmente consegnato la concezione perfetta della torta salata. tradizione pasticcieraCome spiega Piergiorgio Giorilli in Le mie torte salate, esse sono ormai diventate parte integrante della tradizione pasticciera: «La pasticceria è una parte dell'arte culinaria dedicata alla preparazione di alimenti dolci e salati quali paste farcite, torte, mignon, pasticcini, biscotti, praline, cioccolatini, pizzette, focacce, focaccine, torte salate, cracker, fagottini e simili». Sempre Giorilli spiega che «i prodotti di pasticceria salata, e in special modo le torte salate, non sono prodotti esclusivamente nei laboratori di settore o nei ristoranti, ma rappresentano un valido asso nella manica anche per gli appassionati di cucina». Conferma poi la liceità della dizione onnicomprensiva torta salata ed esplicita i tipi di pasta: «Di solito vengono chiamate torte salate tutte le preparazioni a base di pasta lievitata sfogliata, pasta frolla, pasta brisée, pasta fillo o con il classico impasto per pane al latte, farcite con ripieni di vario genere. La farcitura può essere ottenuta cuocendo e mescolando alcuni ingredienti tra loro o anche con l'aggiunta dell'appareil che caratterizza la quiche. Nella tradizione italiana la più conosciuta è la torta pasqualina, nelle sue diverse declinazioni». Ci ricorda che si può gustare in ogni occasione, «come piatto unico, come ricco secondo, oppure come antipasto o durante un buffet in compagnia» ed è indicata «per aperitivi e tapas, insieme a focacce e pizze; è anche l'ideale per un sano spuntino». Le torte salate «ottime anche fredde, possono trovare spazio tra le preparazioni culinarie da portare in occasione di una scampagnata», possono essere «preparate in anticipo e poi portate al mare o mangiate durante la pausa pranzo», «possono fare da cena pronta quando si torna a casa dopo una giornata faticosa», sono «perfette anche se si hanno molti ospiti a cena e si ha solo poco tempo per preparare qualcosa di sfizioso». Insomma, la torta salata fa bene innanzitutto alla salute dell'organizzazione dei pasti nel poco tempo che abbiamo oggi. Essa è anche contenitore «stagionale», un guscio che racchiude la verdura che di volta in volta la stagione ci offre e che se è disponibile sempre, come è per la bieta dell'erbazzone (la cui ricetta abbiamo dato nel numero della Verità del 2 novembre 2020) o per la indivia scarola della pizza di scarola campana (della quale abbiamo dato la ricetta sulla Verità del 7 settembre 2020), possiamo apprezzare in ogni stagione. Se invece la verdura in questione ha una sola stagione, pensiamo ai funghi porcini o alla zucca, tipici dell'autunno, allora possiamo cogliere l'attimo e gustarcela in una torta dedicata. Ci sono anche le torte che nascono per un motivo stagionale anche se la verdura avrebbe una stagione più lunga, come la turta ad patati, la torta di patate piacentina che nasce per consumare le patate ammaccate durante la raccolta estiva che non si potevano conservare per l'inverno e a settembre venivano bollite, ridotte in purea e inserite nel ripieno della torta salata omonima. gattò e pasqualinaLe torte salate italiane sono davvero tantissime: la torta pasqualina, il gattò napoletano anche detto pizza di patate, il casatiello, la tiella di Gaeta (squisita quella con polpo e olive), sa panada sarda, con il suo bel guscio a cupola («panada» deriva dal latino panem, con riferimento all'avvolgimento del ripieno nella pasta da pane). Da un punto di vista prettamente gustativo, la torta salata, che oggi decliniamo davvero senza limiti di abbinamento, permette di assaggiare tutto in un boccone. In un boccone c'è tutto, primo, secondo, contorno. Sotto l'aspetto pratico, si tratta di un pasto «furbo», come si usa dire oggi, perché in un solo piatto abbiamo tutto e possiamo mangiarlo anche senza posate. Quanto al versante nutrizionale, uno dei problemi delle torte salate più ricche è che si portano dietro alcuni difetti delle torte dolci. Certamente non contengono gli zuccheri semplici di quelle, ma ne contengono gli zuccheri complessi ossia la farina, poi i grassi e, molto spesso, al posto della quota di zucchero si introduce un po' più di farina e poi del formaggio che aiuta a legare, nell'impasto oppure nel ripieno: e il formaggio ha più calorie dello zucchero. Ciò qualifica la torta salata come un pasto di introito calorico medio-alto, ragione per cui se si mangia una fettina sottile lo si può considerare un sostitutivo della verdura e del pane del pasto. Ma qualora se ne mangi una porzione importante, per esempio un quarto di torta, allora va considerata un pasto completo e ci si può affiancare al massimo una porzione di verdura ipocalorica, cruda o lessa, condita con non più di un cucchiaio di olio. esame dietologicoAnche Pellegrino Artusi, nel suo monumentale La scienza in cucina e l'arte di mangiar bene, dà ricette di pasticci di carne. Nell'edizione commentata Artusi 2000 con i consigli del dietologo, l'esame dietologico evidenzia come le paste - sempre un impasto di farina, burro o olio, acqua o latte - forniscano contributi calorici pro capite non eccessivi, circa 210 calorie a persona, con composizione un po' sbilanciata per sovrabbondanza di lipidi a scapito dei protidi, carenza che però viene compensata dal ripieno, che se leggero non aumenta la quota di colesterolo e fibre, che sono scarsi. Aggiungendo verdure aggiungiamo fibre e ciò è positivo, ma con il ripieno si aggiungono anche grassi. Per esempio, della ricetta 372, il pasticcio di lepre in perfetto stile antico-romano, i dietologi Giuseppe Sangiorgi e Annamaria Toti dicono: «Leggermente ipercalorico, di composizione iperlipidica, con tasso di colesterolo superiore al livello di guardia, purine e fibra modeste». Del pasticcio freddo di cacciagione, la ricetta 370: «tentazione cui riesce difficile rinunciare, un po' ipercalorico», però, «se si diminuisce l'entità delle singole porzioni può diventare accessibile a tutti, anche al buongustaio con qualche indice ematico fuori dalla norma». Più o meno l'impatto sulla salute della torta salata è questo; quindi, a meno che non si tratti di torte salate con alta quota di verdure, attenetevi ai consigli di «assunzione» che vi abbiamo dato in precedenza (mezza porzione al posto di una intera). Se invece inventate le vostre torte salate, concepite ripieni più light possibile. E ricordatevi che, come dice la chef ex avvocato Catherine Kluger ideatrice delle tartes Kluger, torte creative con il massimo di ingredienti biologici: «Le torte migliori sono quelle condivise». Sia nel senso di «con gli altri», sia nel senso di... divise in fette più piccole della porzione da mangioni.
La Global Sumud Flotilla. Nel riquadro, la giornalista Francesca Del Vecchio (Ansa)
Vladimir Putin e Donald Trump (Ansa)