
Papa Leone ha parlato ai vescovi appena nominati toccando i temi della guerra e degli abusi sessuali: «Più solidarietà tra le nuove generazioni per avere pace e fratellanza. Il clero affronterà i suoi sbagli».«Serve un forte e coraggioso “no” alla guerra e un “sì” alla pace e alla fraternità». È un appello molto chiaro, quello che ieri papa Leone XIV ha scandito nelle prime battute del suo discorso durante l’udienza per il World meeting on human fraternity, organizzato dalla Basilica di San Pietro, dalla fondazione Fratelli tutti, dall’associazione Be Human e dalla fondazione Saint Peter for Humanity. Non senza un «ringraziamento speciale agli illustri Premi Nobel presenti» - tra cui l’irachena Nadia Murad, l’americana Jody Williams, la liberiana Leymah Gbowee, la yemenita Tawakkol Karman, il russo Dimitri Muratov, l’ucraina Oleksandra V’jačeslavivna Matvijčuk, la filippina Maria Ressa e il congolese Denis Mukwege -, il pontefice ha esordito, nel suo intervento, a partire dal racconto biblico.Prevost ha segnalato che nonostante «il primo rapporto fraterno, quella tra Caino e Abele, fu subito drammaticamente conflittuale», comunque «quel primo omicidio non deve indurre a concludere che è sempre andata così». Per quanto antica, per quanto diffusa, la violenza di Caino non si può tollerare come «normale». «Al contrario», ha proseguito il pontefice statunitense - che fin dal suo primo affaccio su piazza San Pietro, dopo l’elezione, ha fatto della pace un richiamo costante -, «la norma risuona nella domanda divina rivolta al colpevole: “Dov’è tuo fratello?” (Gen 4,9). È in questa domanda la nostra vocazione, la regola, il canone della giustizia. Dio non si vendica di Abele con Caino, ma gli pone una domanda che accompagna tutto il cammino della storia».Discostandosi di parecchio da quei venti di guerra che nella politica europea, ormai, vengono guardati non solo senza preoccupazione, ma perfino con un po’ di entusiasmo, papa Leone XVI - che nel suo discorso ha citato un paio di volte il predecessore Francesco - ha poi provato a delineare degli antidoti a quella cultura del conflitto che oggi sembra prevalere. Più precisamente, il Santo Padre ha evidenziato come oggi occorra «individuare percorsi, locali e internazionali, che sviluppino nuove forme di carità sociale, di alleanze tra saperi e di solidarietà tra le generazioni»; tutto ciò senza soluzioni elitarie, per pochi - anche qui è difficile non pensare ad un’Ue che pare allergica alle consultazioni democratiche - bensì con «percorsi popolari, che includano anche i poveri, non come destinatari di aiuto ma come soggetti di discernimento e di parola».Per avviare con successo questi «percorsi», favorendo quella che ha chiamato «una estesa alleanza dell’umano», il papa ha infine chiesto ai presenti all’udienza - nella consapevolezza, anche questa ribadita sin dal suo primo affaccio su San Pietro, che la vera pace è solo quella di Cristo - di rifarsi alle «parole di Gesù nel Vangelo di Giovanni: “Vi do un comandamento nuovo: amatevi gli uni gli altri. Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri”». Questo però non è stato il solo discorso rilevante scandito nelle ultime ore dal pontefice. Infatti già giovedì, parlando ai nuovi vescovi nell’Aula del Sinodo - in un discorso a porte chiuse del quale solo ieri la sala stampa ha diffuso alcuni stralci -, papa Prevost ha formulato, tra gli altri, un significativo richiamo al tema degli abusi. E lo ha fatto sottolineando come le condotte inappropriate da parte del clero non possano essere messe «in un cassetto», meritando al contrario d’esser affrontate, e «con senso di misericordia e vera giustizia, verso le vittime e verso gli accusati». Parole equilibrate, avverse non solo ad ogni ipotesi di insabbiamento, ma anche a tendenze giustizialiste. Giova a questo proposito ricordare come, prima di diventare papa, anche il cardinale americano era stato raggiunto da false accuse - smentite sia giornalisti investigativi occupatisi del caso, sia dalle stesse vittime - di cattiva gestione di casi abusi sessuali.Qualcuno ha accostato le considerazioni di Leone XIV su questo tema al caso che in questi giorni vede nell’occhio del ciclone il vescovo di Bolzano, monsignor Ivo Muser, molto contestato - è stata fatta anche una petizione con oltre 15.000 sottoscrizioni per chiederne le dimissioni - perché aveva nominato (reputandolo innocente) un sacerdote prescritto per violenza sessuale su minore a collaboratore pastorale in Alta Pusteria. Onestamente, appare però un po’ forzato l’accostamento tra questo caso e le parole del pontefice. Che, per il suo ruolo, è in genere portato a riflessioni più generali e che, sempre parlando ai vescovi di nuova nomina, ha anche rivolto loro una richiesta di moderazione e prudenza nell’uso dei social, parlando della necessità di essere prudenti nell’uso dei social network, ambiti nei quali si corre il rischio che chiunque «si senta autorizzato a dire quello che vuole, anche cose false». Ieri Prevost, parlando di immigrazione, ha anche annunciato la sua visita a Lampedusa in un videomessaggio per la presentazione della candidatura del progetto «Gesti dell'accoglienza» alla lista del Patrimonio culturale immateriale dell'Unesco.
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