Il Paese al confine con gli Usa attira capitali grazie a debito moderato e stabilità politica. Dopo la sconfitta di Jair Bolsonaro, invece, il mercato carioca fatica. L’esperto: «Piazza interessante per le basse valutazioni».
Il Paese al confine con gli Usa attira capitali grazie a debito moderato e stabilità politica. Dopo la sconfitta di Jair Bolsonaro, invece, il mercato carioca fatica. L’esperto: «Piazza interessante per le basse valutazioni».Nel 2022 il Brasile è stato fra i migliori (e pochissimi) mercati che hanno brillato con una performance del +19% in euro. Questo valore ha trainato l’indice azionario dei Paesi emergenti dell’America Latina, considerando anche che questa nazione pesa per oltre il 57% dell’intero indice. A seguire ci sono il Messico (31%), poi Cile, Perù e Colombia.In quanto ricco di materie prime, è stato certamente un buon anno per il Paese verdeoro, poiché i prezzi di due delle sue maggiori esportazioni - soia e petrolio - sono aumentati vertiginosamente. Così, nomi come il gigante petrolifero Petrobras e quello delle miniere, Vale, componenti chiave del mercato azionario brasiliano, hanno contribuito in modo importante all’incremento dell’indice principale (Bovespa) e al rafforzamento valutario.A fine ottobre, poi, si sono tenute le elezioni presidenziali in Brasile che hanno visto la rielezione di Luiz Inácio «Lula» da Silva (già presidente del Paese tra il 2003 e il 2018) che si opponeva a Jair Bolsonaro. Il passaggio di consegne non è stato facile e gli indici in Borsa hanno iniziato a flettere anche perché resta l’incertezza su come il nuovo governo si comporterà riguardo l’austerità fiscale.«Da inizio anno il mercato azionario brasiliano è rimasto sostanzialmente al palo», spiega alla Verità Salvatore Gaziano, direttore investimenti di Soldiexpert scf. Certo, «non mancano gli analisti che considerano quest’area molto interessante per le basse valutazioni, il sistema bancario in buona salute e un’inflazione tutto sommato sotto controllo, inferiore addirittura rispetto alla maggior parte dei Paesi del mondo occidentale». Molto bene si è comportato anche il mercato azionario messicano trainato dal «reshoring» e «nearshoring» (rispettivamente il ritorno in patria o in Paesi limitrofi delle società) di molte aziende multinazionali che stanno spostando in questo Paese gli stabilimenti per contenere il costo del lavoro e avvicinare le catene di approvvigionamento al loro Paese d’origine. In particolare, il Messico grazie alla vicinanza geografica con gli Stati Uniti sta beneficiando alla grande di questa situazione. Poche settimane fa Tesla ha annunciato la costruzione di un mega stabilimento nella città di Monterrey, polo industriale nel Nord del Paese. D’altronde, si tratta di quello che, fra i Paesi emergenti dell’America Latina, è considerato fra i migliori per il debito pubblico abbastanza moderato e pochi rischi politici nell’orizzonte immediato.Così, non stupisce che i prodotti finanziari che puntano sul mercato Latam vantino rendimenti elevati negli ultimi anni. È il caso, ad esempio, dell’Xtrackers msci Mexico etf che in 36 mesi è salito del 118%. Lo stesso vale per il Dws invest Latin American equities in crescita del 72% in tre anni. E la lista è lunga con il Sisf Latin America di Shroders che ha guadagnato il 65% dal 2020. Tra i prodotti che investono nei singoli Paesi c’è il Dws invest Brazilian equities, anch’esso in salita del 57,3% negli ultimi tre anni.
Il cpr di Shengjin in Albania (Getty Images)
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L'ad di Eni Claudio Descalzi (Ansa)
L’ad di Eni: «La transizione energetica deve essere complementare e non sostitutiva, l’80% della domanda attuale è coperta da fonti fossili. Trascurati i biocarburanti». Lollobrigida: «Non condividiamo buona parte del bilancio europeo sull’agricoltura».
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