
In rialzo il titolo dell’azienda, che intanto prosegue con il progetto industriale dell’ad Labriola. Accordo più vicino sulle aree bianche.Piace al mercato la mossa di Tim, che nella riunione del cda di domenica ha dato il via libera a un’interlocuzione formale con il fondo Kkr, decidendo al contempo di procedere con il piano presentato dal nuovo ad Pietro Labriola e sulla strada della possibile integrazione con Open Fiber. Ieri a Piazza Affari il titolo ha chiuso in rialzo del 4,95%, nella prima giornata di contrattazioni dopo la riunione del board. Una seduta caratterizzata da una discussione «accesa» tra i partecipanti, e comunque terminata con un voto all’unanimità, che dà mandato al presidente Salvatore Rossi e all’ad Labriola di avviare con Kkr un’interlocuzione «formale e ulteriore rispetto a quelle già intraprese informalmente nei mesi scorsi dai consulenti». Lo scopo, ha precisato la società in una nota, è quello di ottenere «informazioni per valutare l’attrattività e la concretezza della potenziale offerta da un punto di vista finanziario e industriale» e definire «un periodo e perimetro limitati per lo svolgimento di una due diligence di natura esclusivamente confirmatoria». Quattro mesi fa Kkr si era detta disponibile a presentare un’opa a 0,505 euro per azione su un titolo che all’epoca valeva 0,33 euro, ma aveva chiesto quattro settimane di tempo per una verifica della congruità del prezzo e per sondare il terreno con le istituzioni. Ora il titolo vale poco più di 30 centesimi e non è detto che la discussione riparta dalle stesse basi, dopo la svalutazione e nel contesto di un mercato delle tlc ancora sotto pressione. Parallelamente, il cda ha confermato la volontà di «eseguire» il nuovo piano industriale, approntato dal nuovo ad Labriola e approvato sempre all’unanimità lo scorso 2 marzo: il board, ha spiegato una nota, intende «procedere all’esplorazione e allo sviluppo del progetto in discontinuità, attraverso la riorganizzazione delle attività del gruppo e una possibile integrazione con Open Fiber, coltivando il negoziato con Cassa depositi e prestiti e le necessarie interlocuzioni con le autorità». Grazie al supporto dai pareri degli advisor finanziari, Mediobanca e Vitale, il cda «conferma la convinzione che vi sia in Tim un valore inespresso che deve essere tenuto in debita considerazione nel valutare qualunque opzione alternativa alla realizzazione del piano industriale». Per gli analisti di Bloomberg Intelligence l’avvio di colloqui formali con il fondo Kkr «è positivo per gli azionisti in quanto mantiene la porta aperta per un’acquisizione con una valutazione premium, ma poiché il supporto per il piano industriale della società è forte, le probabilità di un’eventuale approvazione sembrano limitate». Gli advisor hanno valutato Tim 1,3 euro per azione se tutti gli obiettivi del piano stand alone saranno raggiunti, compresa la fusione con Open Fiber, mentre l’offerta del fondo Usa era di 50,5 centesimi per azione. Intanto ieri si è tenuto il cda di Open Fiber, con all’ordine del giorno l’approvazione del bilancio 2021, che si è chiuso con ricavi in crescita del 45% a 380 milioni di euro ed ebitda in aumento del 92% a 152 milioni di euro. Servirà invece ancora tempo perché sul tavolo dei consiglieri della società arrivi l’accordo commerciale con Tim sulle aree bianche, che segna una netta discontinuità nei rapporti tra le due aziende. In base a quanto si è appreso, l’intesa di massima prevederebbe che tutte le infrastrutture di Tim vengano messe a disposizione dell’azienda rivale – controllata al 60% da Cdp e per il restante 40% dal fondo Macquarie - che pagherebbe un canone d’affitto a lungo termine. Obiettivo dell’intesa è di ottimizzare gli investimenti ed evitare le duplicazioni per la posa della fibra. L’ipotesi che Open Fiber possa diventare partner industriale della futura società della rete di Tim – NetCo - sarebbe stata ribadita domenica sera, al termine del cda del gruppo telefonico. Secondo gli analisti di Equita l’accordo tra le due società «rappresenta un’opportunità per OF per accelerare la copertura delle aree bianche e per Tim per rimanere esposta (indirettamente) all’upgrade della rete in queste aree, valorizzando la propria infrastruttura». L’intesa, aggiungono gli esperti di Equita, «segnala soprattutto una relazione meno conflittuale tra le due aziende, che apre quindi a forme di collaborazione fino alla possibile integrazione, il cui ostacolo principale a nostro avviso è ora di natura regolatoria».
L’aumento dei tassi reali giapponesi azzoppa il meccanismo del «carry trade», la divisa indiana non è più difesa dalla Banca centrale: ignorare l’effetto oscillazioni significa fare metà analisi del proprio portafoglio.
Il rischio di cambio resta il grande convitato di pietra per chi investe fuori dall’euro, mentre l’attenzione è spesso concentrata solo su azioni e bond. Gli ultimi scossoni su yen giapponese e rupia indiana ricordano che la valuta può amplificare o azzerare i rendimenti di fondi ed Etf in valuta estera, trasformando un portafoglio «conservativo» in qualcosa di molto più volatile di quanto l’investitore percepisca.
Per Ursula von der Leyen è «inaccettabile» che gli europei siano i soli a sborsare per il Paese invaso. Perciò rilancia la confisca degli asset russi. Belgio e Ungheria però si oppongono. Così la Commissione pensa al piano B: l’ennesimo prestito, nonostante lo scandalo mazzette.
Per un attimo, Ursula von der Leyen è sembrata illuminata dal buon senso: «È inaccettabile», ha tuonato ieri, di fronte alla plenaria del Parlamento Ue a Strasburgo, pensare che «i contribuenti europei pagheranno da soli il conto» per il «fabbisogno finanziario dell’Ucraina», nel biennio 2026/2027. Ma è stato solo un attimo, appunto. La presidente della Commissione non aveva in mente i famigerati cessi d’oro dei corrotti ucraini, che si sono pappati gli aiuti occidentali. E nemmeno i funzionari lambiti dallo scandalo mazzette (Andrij Yermak), o addirittura coinvolti nell’inchiesta (Rustem Umerov), ai quali Volodymyr Zelensky ha rinnovato lo stesso la fiducia, tanto da mandarli a negoziare con gli americani a Ginevra. La tedesca non pretende che i nostri beneficati facciano pulizia. Piuttosto, vuole costringere Mosca a sborsare il necessario per Kiev. «Nell’ultimo Consiglio europeo», ha ricordato ai deputati riuniti, «abbiamo presentato un documento di opzioni» per sostenere il Paese sotto attacco. «Questo include un’opzione sui beni russi immobilizzati. Il passo successivo», ha dunque annunciato, sarà «un testo giuridico», che l’esecutivo è pronto a presentare.
Luis de Guindos (Ansa)
Nel «Rapporto stabilità finanziaria» il vice di Christine Lagarde parla di «vulnerabilità» e «bruschi aggiustamenti». Debito in crescita, deficit fuori controllo e spese militari in aumento fanno di Parigi l’anello debole dell’Unione.
A Francoforte hanno imparato l’arte delle allusioni. Parlano di «vulnerabilità» di «bruschi aggiustamenti». Ad ascoltare con attenzione, tra le righe si sente un nome che risuona come un brontolio lontano. Non serve pronunciarlo: basta dire crisi di fiducia, conti pubblici esplosivi, spread che si stiracchia al mattino come un vecchio atleta arrugginito per capire che l’ombra ha sede in Francia. L’elefante nella cristalleria finanziaria europea.
Manfred Weber (Ansa)
Manfred Weber rompe il compromesso con i socialisti e si allea con Ecr e Patrioti. Carlo Fidanza: «Ora lavoreremo sull’automotive».
La baronessa von Truppen continua a strillare «nulla senza l’Ucraina sull’Ucraina, nulla sull’Europa senza l’Europa» per dire a Donald Trump: non provare a fare il furbo con Volodymyr Zelensky perché è cosa nostra. Solo che Ursula von der Leyen come non ha un esercito europeo rischia di trovarsi senza neppure truppe politiche. Al posto della maggioranza Ursula ormai è sorta la «maggioranza Giorgia». Per la terza volta in un paio di settimane al Parlamento europeo è andato in frantumi il compromesso Ppe-Pse che sostiene la Commissione della baronessa per seppellire il Green deal che ha condannato l’industria - si veda l’auto - e l’economia europea alla marginalità economica.




