2021-09-02
L’idea del mondo perfetto fa danni. L’unica utopia valida è la tradizione
La tentazione di costruire la città ideale cela una critica alla società di stampo razionalista e scientista. Nella letteratura distopica, invece, tornano assai significativamente riferimenti a miti e simboli ancestrali.Presentiamo qui, per gentile concessione dell'editore, un estratto di Terrae Incognitae. Luoghi che non esistono, di Gianfranco de Turris e Sebastiano Fusco (Bietti), dedicato ai luoghi immaginari della letteratura di ogni tempo. Il volume è acquistabile sul sito della casa editrice o su Amazon.Dell'utopia sono state date molte definizioni, sia dal punto di vista letterario, sia soprattutto da quello delle dottrine politiche (una prova ulteriore, questa, del mutamento di direzione subito dal simbolo della «terra che non esiste»); generalmente, la si indica come un «modello di società» i cui caratteri distintivi vennero per così dire canonizzati nell'opera che diede poi il nome a tutto il genere: il De optimo reipublicae statu deque nova insula Utopia libellus di Tommaso Moro, cancelliere del Regno sotto Enrico VIII (essa apparve nel 1516, anche se assunse il titolo definitivo, che sopra si è riportato, nel 1518). Come si sa, la parola è un neologismo di derivazione greca che vuol dire «non luogo», «nessun posto». [...] Ad ogni modo, era al «modello di società» proposto da Tommaso Moro che bisognava ispirarsi per porre rimedio a quelli che il cancelliere considerava i mali del suo tempo. Di conseguenza, la società dell'isola di Utopia avrà i seguenti caratteri: da un lato uniformità, dirigismo, simmetria, istituzionalismo, autarchia, collettivismo, tendenze missionologiche, razionalità e coerenza; dall'altro, disprezzo dell'onore cavalleresco, delle virtù guerriere, dei valori e interessi tradizionali. Pur se apparsi un secolo dopo, vengono ricordati accanto all'Utopia, come «classici» del genere, La città del sole del domenicano Tommaso Campanella (scritta nel 1602 e pubblicata nel 1623) e la Nuova Atlantide dell'inglese Francesco Bacone (1627). Anch'essi, infatti, benché maturati in ambienti diversi e quindi sviluppati con intenti differenti, rivelano un sottofondo comune, vale a dire il desiderio di presentare un modello ideale di società che possa offrirsi come alternativa a quella del tempo: lavoro al posto dell'ozio, classe di governo basata sul sapere e non sul sangue, razionalità, scienza e ragione al posto di religione, sentimenti e passione. [...] Un altro studioso dell'utopia politica, il professor Rodolfo de Mattei, ha rilevato che «non vi è alcuna costruzione “ideale" della quale non siano riconoscibili i rapporti con l'epoca che li ha prodotti». Ciò è valido non soltanto per gli scritti di cui si è parlato sino ad ora, quanto soprattutto per quelli nati sulla scorta delle nuove teorie socio-economiche scaturite dalla Rivoluzione francese (1789), dal precisarsi del pensiero di Marx (il Manifesto dei comunisti è del 1848, il Capitale del 1867) e di quello scientifico-filosofico di Darwin (The origin of the species è del 1859). La Francia e l'Inghilterra videro di conseguenza il sorgere di tutta una serie di nuove utopie che, in contrasto con la società del tempo, proponevano un «modello» di ispirazione socialista e comunista, in genere collettivista: opere letterarie, costruzioni filosofiche, tentativi reali. [...] Se per l'utopia classica - nelle sue due forme, positiva e negativa - le cose possono apparire abbastanza chiare (anche con l'aiuto offerto dalle parole di Tilgher), nel caso di una forma letteraria che in un modo o nell'altro sia contraria alla precedente la situazione appare un po' confusa, a iniziare dalla stessa denominazione. A questo riguardo, sono state avanzate diverse proposte: «utopia negativa» (Walsh), «utopia in negativo» (Aldani), «contro-utopia» (Adriani), «dystopia» (Pagetti) e, infine, «antiutopia» (Hillegas). Per nostro conto accettiamo quest'ultimo termine, ma con ulteriori specificazioni contenutistiche - le stesse, in fondo, ritenute valide per l'utopia classica. Pone esattamente il problema del perché sia nata l'antiutopia uno studioso romeno stabilitosi in Spagna, George Uscatescu: «Per lo meno, in quanto atteggiamento spirituale, il trionfo della tecnica e del macchinismo, della Scienza in generale, l'esaltazione della volontà di potenza nel campo delle forze sociali, provoca una serie di opere che, scritte in realtà d'accordo con la tradizione della letteratura utopistica, sono, per ciò che si riferisce ai loro fini, esaltazione dell'“uomo completo" di Scheler, con le sue virtù ed i suoi peccati, e, quindi, vere e proprie anti-utopie. Nel fondo di quasi tutte le utopie contemporanee esiste questo atteggiamento critico, che si nutre di paradossi. Perché, nel nostro tempo, la vera Utopia sta nella realtà e nel corso degli avvenimenti. L'Utopia si converte, così, in un metodo critico della realtà, che è, essa stessa, una situazione utopistica. Ed i fini dell'utopia finiscono per essere antiutopistici. Tre delle più importanti utopie del nostro tempo, che prenderemo come esempio, sono nella loro finalità antiutopie, giacché offrono una critica ampia degli elementi più utopistici prodotti a ritmo crescente nella nostra epoca della Tecnica e della Scienza». […] Concludendo: se è pur vera la frase di Adriano Tilgher sopra riportata, secondo cui basta rovesciare l'Utopia «per avere il contorno della realtà di cui è la negazione», essa non può certo applicarsi all'operazione effettuata dagli scrittori di antiutopie. Infatti, il loro rovesciamento dell'utopia non riconduce alla «realtà effettuale», ma ha altri scopi. Rovesciandola negativamente essi mettono in evidenza gli errori e le illusioni che sono al fondo di ogni utopia pura: partono dagli identici presupposti per trarne le estreme conseguenze negative. Rovesciandola positivamente non ritornano alla realtà quotidiana, ma costruiscono un «modello di società» che ha basi diverse, ideologie opposte, fini contrari a quelli dell'utopia «classica»: un «modello» visto in un'ottica costruttiva e non distruttiva, allo scopo di esporre le strutture di uno «Stato perfetto» imperniato su presupposti esattamente contrari a quelli dell'utopia per eccellenza. Sotto questo aspetto, si può parlare in parte di un tentativo di ritorno degli antiutopisti ad alcune formulazioni tradizionali, con i cui presupposti essi cercano di costruire delle società più consone all'uomo - anzi, «a misura d'uomo». Il fatto in se stesso è però, contemporaneamente, una dimostrazione che l'odierna situazione di decadenza generale in un certo qual modo obbliga uno scrittore a ricorrere a degli artifizi per descrivere un “modello di società" a carattere tradizionale. Il mondo tradizionale non è più naturale, ma viene proposto come alternativa: il che vuol dire che la realtà è diversa, è antitradizionale, è utopia.
Nel riquadro Roberto Catalucci. Sullo sfondo il Centro Federale Tennis Brallo
Sempre più risparmiatori scelgono i Piani di accumulo del capitale in fondi scambiati in borsa per costruire un capitale con costi chiari e trasparenti. A differenza dei fondi tradizionali, dove le commissioni erodono i rendimenti, gli Etf offrono efficienza e diversificazione nel lungo periodo.
Il risparmio gestito non è più un lusso per pochi, ma una realtà accessibile a un numero crescente di investitori. In Europa si sta assistendo a una vera e propria rivoluzione, con milioni di risparmiatori che scelgono di investire attraverso i Piani di accumulo del capitale (Pac). Questi piani permettono di mettere da parte piccole somme di denaro a intervalli regolari e il Pac si sta affermando come uno strumento essenziale per chiunque voglia crearsi una "pensione di scorta" in modo semplice e trasparente, con costi chiari e sotto controllo.
«Oggi il risparmio gestito è alla portata di tutti, e i numeri lo dimostrano: in Europa, gli investitori privati detengono circa 266 miliardi di euro in etf. E si prevede che entro la fine del 2028 questa cifra supererà i 650 miliardi di euro», spiega Salvatore Gaziano, responsabile delle strategie di investimento di SoldiExpert SCF. Questo dato conferma la fiducia crescente in strumenti come gli etf, che rappresentano l'ossatura perfetta per un PAC che ha visto in questi anni soprattutto dalla Germania il boom di questa formula. Si stima che quasi 11 milioni di piani di risparmio in Etf, con un volume di circa 17,6 miliardi di euro, siano già attivi, e si prevede che entro il 2028 si arriverà a 32 milioni di piani.
Uno degli aspetti più cruciali di un investimento a lungo termine è il costo. Spesso sottovalutato, può erodere gran parte dei rendimenti nel tempo. La scelta tra un fondo con costi elevati e un Etf a costi ridotti può fare la differenza tra il successo e il fallimento del proprio piano di accumulo.
«I nostri studi, e il buon senso, ci dicono che i costi contano. La maggior parte dei fondi comuni, infatti, fallisce nel battere il proprio indice di riferimento proprio a causa dei costi elevati. Siamo di fronte a una realtà dove oltre il 90% dei fondi tradizionali non riesce a superare i propri benchmark nel lungo periodo, a causa delle alte commissioni di gestione, che spesso superano il 2% annuo, oltre a costi di performance, ingresso e uscita», sottolinea Gaziano.
Gli Etf, al contrario, sono noti per la loro trasparenza e i costi di gestione (Ter) che spesso non superano lo 0,3% annuo. Per fare un esempio pratico che dimostra il potere dei costi, ipotizziamo di investire 200 euro al mese per 30 anni, con un rendimento annuo ipotizzato del 7%. Due gli scenari. Il primo (fondo con costi elevati): con un costo di gestione annuo del 2%, il capitale finale si aggirerebbe intorno ai 167.000 euro (al netto dei costi). Il secondo (etf a costi ridotti): Con una spesa dello 0,3%, il capitale finale supererebbe i 231.000 euro (al netto dei costi).
Una differenza di quasi 64.000 euro che dimostra in modo lampante come i costi incidano profondamente sul risultato finale del nostro Pac. «È fondamentale, quando si valuta un investimento, guardare non solo al rendimento potenziale, ma anche e soprattutto ai costi. È la variabile più facile da controllare», afferma Salvatore Gaziano.
Un altro vantaggio degli Etf è la loro naturale diversificazione. Un singolo etf può raggruppare centinaia o migliaia di titoli di diverse aziende, settori e Paesi, garantendo una ripartizione del rischio senza dover acquistare decine di strumenti diversi. Questo evita di concentrare il proprio capitale su settori «di moda» o troppo specifici, che possono essere molto volatili.
Per un Pac, che per sua natura è un investimento a lungo termine, è fondamentale investire in un paniere il più possibile ampio e diversificato, che non risenta dei cicli di mercato di un singolo settore o di un singolo Paese. Gli Etf globali, ad esempio, che replicano indici come l'Msci World, offrono proprio questa caratteristica, riducendo il rischio di entrare sul mercato "al momento sbagliato" e permettendo di beneficiare della crescita economica mondiale.
La crescente domanda di Pac in Etf ha spinto banche e broker a competere offrendo soluzioni sempre più convenienti. Oggi, è possibile costruire un piano di accumulo con commissioni di acquisto molto basse, o addirittura azzerate. Alcuni esempi? Directa: È stata pioniera in Italia offrendo un Pac automatico in Etf con zero costi di esecuzione su una vasta lista di strumenti convenzionati. È una soluzione ideale per chi vuole avere il pieno controllo e agire in autonomia. Fineco: Con il servizio Piano Replay, permette di creare un Pac su Etf con la possibilità di ribilanciamento automatico. L'offerta è particolarmente vantaggiosa per gli under 30, che possono usufruire del servizio gratuitamente. Moneyfarm: Ha recentemente lanciato il suo Pac in Etf automatico, che si aggiunge al servizio di gestione patrimoniale. Con versamenti a partire da 10 euro e commissioni di acquisto azzerate, si posiziona come una valida alternativa per chi cerca semplicità e automazione.
Ma sono sempre più numerose le banche e le piattaforme (Trade Republic, Scalable, Revolut…) che offrono la possibilità di sottoscrivere dei Pac in etf o comunque tutte consentono di negoziare gli etf e naturalmente un aspetto importante prima di sottoscrivere un pac è valutare i costi sia dello strumento sottostante che quelli diretti e indiretti come spese fisse o di negoziazione.
La scelta della piattaforma dipende dalle esigenze di ciascuno, ma il punto fermo rimane l'importanza di investire in strumenti diversificati e con costi contenuti. Per un investimento di lungo periodo, è fondamentale scegliere un paniere che non sia troppo tematico o «alla moda» secondo SoldiExpert SCF ma che rifletta una diversificazione ampia a livello di settori e Paesi. Questo è il miglior antidoto contro la volatilità e le mode del momento.
«Come consulenti finanziari indipendenti ovvero soggetti iscritti all’Albo Ocf (obbligatorio per chi in Italia fornisce consigli di investimento)», spiega Gaziano, «forniamo un’ampia consulenza senza conflitti di interesse (siamo pagati solo a parcella e non riceviamo commissioni sui prodotti o strumenti consigliati) a piccoli e grandi investitore e supportiamo i clienti nella scelta del Pac migliore a partire dalla scelta dell’intermediario e poi degli strumenti migliori o valutiamo se già sono stati attivati dei Pac magari in fondi di investimento se superano la valutazione costi-benefici».
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