
Dopo l’uscita del diplomatico di Pechino sugli Stati ex Urss «non sovrani» Josep Borrell annuncia: «Ne discuterà il Consiglio di giugno».«La politica Ue-Cina sarà all’ordine del giorno del Consiglio europeo di giugno. I ministri degli Affari esteri prepareranno questa discussione sotto la guida dell’Alto rappresentante Josep Borrell», ha annunciato ieri in un tweet il presidente del Consiglio Ue, Charles Michel. Lo stesso Borrell ha confermato che il Consiglio di giugno «rivaluterà e ricalibrerà la nostra politica sulla Cina» e che le relazioni con Pechino sono state intanto discusse ieri dai ministri degli Esteri dell’Unione riuniti in Lussemburgo. Mentre più fonti aggiungono che la Cina sarà uno dei più importanti dossier al G7 di Hiroshima in programma dal 19 al 21 maggio. A Bruxelles la tensione è particolarmente elevata dopo le dichiarazioni dell’ambasciatore cinese in Francia, Lu Shaye, che in un’intervista all’emittente televisiva Lci aveva messo in dubbio la sovranità delle ex repubbliche sovietiche, tra cui l’Ucraina ma anche altri Paesi come Estonia, Lettonia e Lituania che oggi fanno parte dell’Unione europea. Per la presidenza del Consiglio Ue, si è trattato di una dichiarazione «inaccettabile» che alimenta i già forti dubbi sul Dragone nel suo ruolo di mediatore di «pace» tra Mosca e Kiev. Le parole del diplomatico cinese hanno soprattutto suscitato la rabbia dei Paesi baltici, che hanno convocato i capi missione cinesi nei tre Paesi per chiarimenti. Il ministro degli Esteri lituano, Gabrielius Landsbergis, ha puntualizzato che «non siamo post-sovietici, siamo mai-sovietici». La Lituania, ha scritto in un tweet, «non ha mai aderito all’Unione sovietica. Mosca ha illegalmente occupato il nostro territorio, e abbiamo resistito fino a quando non abbiamo ripristinato la nostra indipendenza e l’Armata Rossa se ne è tornata a casa». Sulla stessa linea anche i commenti dei suoi omologhi lettone ed estone, che accusano Pechino di commenti «incomprensibili».Pechino ha dovuto correggere il tiro precisando che «la Cina rispetta lo status di Paese sovrano delle Repubbliche sorte dopo la dissoluzione dell’Unione sovietica» e, più in generale, che la Cina «rispetta l’indipendenza sovrana e l’integrità territoriale di tutti i Paesi», come ha scandito la portavoce del ministero degli Esteri, Mao Ning. La stessa delegazione diplomatica cinese in Francia ha, poi, minimizzato le parole dell’ambasciatore. Le osservazioni del diplomatico sulla questione ucraina «non erano una posizione politica, ma un’espressione di opinioni personali durante un dibattito televisivo e non dovrebbero essere sovra-interpretate», si legge in una nota. Alle parole di Lu Shaye si sono però aggiunte le dichiarazioni dell’ambasciatore cinese presso la Ue, Fu Cong, che in un’intervista al quotidiano statale cinese The Paper ha messo sullo stesso piano le relazioni tra Pechino e Mosca e tra Pechino e Bruxelles: «Crediamo che l’amicizia e la cooperazione tra Paesi sia infinita e non dovrebbe essere limitata artificialmente. La cooperazione Cina-Russia è “illimitata” e lo stesso vale per la Cina e l’Europa», ha detto il diplomatico. Al netto di chi rettifica e di chi getta altra benzina, è chiaro che la Cina sarà il convitato di pietra anche nel prossimo giro di nomine al vertice delle istituzioni del Vecchio Continente. E che la posizione su quali relazioni tenere con il Dragone e con gli Stati Uniti animeranno la formazione politica del prossimo governo della Ue nel 2024. L’idea di fondo è che occorra evitare una guerra fredda tra Ovest ed estremo oriente. Ma il nuovo mantra di Bruxelles è il derisking. «Lo status internazionale ed economico della Cina, così come il nostro interesse, rendono per l’Europa la cosa più importante gestire le sue relazioni con la Cina. Abbandonarle non è chiaramente una via sostenibile, desiderabile o praticabile. C’è un chiaro bisogno per l’Europa di lavorare verso l’eliminazione dei rischi. Quindi, derisking, ma non abbandono delle relazioni», aveva sottolineato lo scorso 18 aprile la presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen. Lasciando poi intendere tra le righe che Emmanuel Macron, con le dichiarazioni rilasciate sul volo di ritorno dalla sua trasferta cinese, è caduto nella trappola del divide et impera di Pechino. Ieri, al suo arrivo al summit del Mare del Nord a Ostenda, il presidente francese è stato incalzato sul caso delle dichiarazioni dell’ambasciatore cinese: «Conosciamo la storia e ci atteniamo alle frontiere internazionalmente riconosciute e mi guardo bene, visti i momenti che stiamo vivendo, dall’indebolire questa posizione. Penso che non rientri nel ruolo di un diplomatico usare quel tipo di linguaggio», ha risposto Macron esprimendo «piena solidarietà ai Paesi che sono stati attaccati nella lettura della loro storia e delle loro frontiere. Siamo dalla parte dei nostri amici europei e dei nostri alleati che hanno un passato così doloroso tanto nel ventesimo quanto nel diciannovesimo secolo e che oggi sono Stati sovrani». Tra gli equilibrismi diplomatici della von der Leyen, la linea filoatlantica di Borrell e quella più ambigua dell’«autonomia strategica» invocata da Macron, la neutralità di fronte alla violazione del diritto internazionale non potrà comunque essere un’opzione se la Cina non contribuirà alla ricerca di una soluzione politica della guerra in Ucraina basata sul ritiro delle truppe russe.Dall’Italia è intanto arrivata la voce del ministro degli Esteri, Antonio Tajani: «La Cina è un interlocutore ma deve rispettare la nostra posizione, deve rispettare l’Unione europea e ogni singolo Stato membro».
Oltre al tabacco, la Commissione sta pensando di rincarare le bottiglie su pressione dell’Oms che vorrebbe limitarne i consumi. Per la prima volta si lavora a un’accisa anche sul vino, proprio quando l’export italiano negli Stati Uniti è frenato dalle gabelle.
- Ridotta l’Irpef per i redditi fino a 50.000 euro, sgravi per i rinnovi contrattuali, aumentano bonus mamme e pensioni minime. La Commissione europea sta invece valutando la possibilità di aggiornare le aliquote fiscali sugli alcolici: nel mirino il vino.
- Mattarella: troppi squilibri nelle retribuzioni. Meloni replica: «Con noi salari reali tornati a salire».
Lo speciale contiene due articoli.
Sergio Spadaro e Fabio De Pasquale (Imagoeconomica)
La condanna in Appello per De Pasquale e Spadaro nel caso Eni-Nigeria deve spingere Nordio a rimuoverli. E la loro pretesa di una irresponsabile autonomia delle toghe è un manifesto per la riforma della giustizia.
Il ministro dell'Economia Giancarlo Giorgetti (Imagoeconomica)
Il balzello certo è di 900 milioni. Il resto dipende se gli istituti accederanno all’incentivo.