2025-07-29
«Temptation island» ci droga di dopamina
Il successo del reality sulle «corna» sta nella molecola legata all’attesa del piacere: ci mostra coppie prigioniere di questa gabbia chimica, in cui almeno una volta siamo incappati tutti. A noi piace vederle schiantarsi. Per esorcizzare il timore di finire come loro.Avvertenza: se credete nell’amore romantico, lo Sturm und Drang dell’idealismo tedesco, non leggete quest’articolo.Domanda: e se la trionfale affermazione di Temptation island - altro che Grande fratello e Isola dei famosi - dipendesse dalla dopamina? La molecola che decide di chi ci innamoriamo e cosa desideriamo, e che apparecchia financo il nostro futuro, come spiegano Daniel Z. Lieberman e Michael E. Long, autori di Dopamina - La chimica dei desideri, DeAgostini editore, arrivato alla quarta ristampa.Tema: l’impatto della dopamina sulla nostra esistenza, quindi sull’inventiva, il progresso e perfino la politica. Titolo originale: «La molecola del di più: come una singola sostanza chimica nel cervello guida l’amore, il sesso e la creatività e determinerà il destino della razza umana».Perché se Ti tocca «il punto debole di tutti noi, l’amore», come ha sostenuto Raffaella Mennoia, curatrice del reality e «una delle artefici dei successi delle trasmissioni di Maria De Filippi» (così il Corriere della Sera il 9 luglio), è perché fa esplodere le contraddizioni delle coppie partecipanti, tra insicurezze, tentazioni, routine, infedeltà. Un viaggio al termine delle «corna», per dirla come al bar, più che nei sentimenti.Ti non è trash, niente crasse volgarità (solo una modica quantità di parolacce), zero performance sessuali, perché non s’intende solleticare il pruriginoso vouyerismo del telespettatore. Si limita a mostrare - con sapiente lavoro di montaggio - come pensano (che in qualche caso è troppo dire...), come si comportano e come si esprimono «fidanzati» e «fidanzate».Si squadernano situazioni-limite, come quella del terrapiattista che bacia una donzella e poi spiega alla compagna che l’ha fatto per capire se provava ancora amore per lei (stava insomma rivendicando la bontà della prova del budino: che, come si sa, risiede nel mangiarlo), per consentire a chi guarda da casa di sentirsi migliore.La realtà vera è che «this is us», questi siamo noi, perché alzi la mano chi almeno una volta nella vita non ha tradito o non è stato tradito (magari «a sua insaputa»).Quindi onore al merito degli autori, per il casting dei candidati e per la selezione musicale, una colonna sonora che spazia da Gigi D’Alessio alla Cavalcata delle Valchirie di Richard Wagner.Dirò di più: il reality si è imposto senza le consuete polemiche social sulla non inclusività del format, che si basa su relazioni eterosessuali e non considera l’universo Lgbtqia+. Per farla breve, e senza metterla già troppo dura, ché di intrattenimento pur sempre si tratta: Ti ci ricorda che si può vivere senza sentimenti, ma non senza emozioni. E qui cadono a fagiolo le 300 pagine di Dopamina. La molecola - composta da carbonio, idrogeno, ossigeno più un solo atomo di azoto - scoperta nel 1957, rintracciata però solo nello 0,00005% delle cellule cerebrali (cioè in una su 2.000.000). Eppure fu chiara, di lì a poco, l’influenza spropositata esercitata sulle nostre condotte. Inizialmente fu identificata come molecola del piacere. Per via degli esperimenti con le sostanze stupefacenti, in cui si verificava che la cocaina creava una forma artificiale di stimolazione dopaminergica, che regalava euforia. La droga (l’eccezione) fu sostituita nei test dal cibo (la regola). E si scoprì che la dopamina non riguarda affatto il piacere, ma la sua attesa. Comprendere la dopamina si rivelò essere la chiave per spiegare e perfino prevedere il comportamento in una vastissima gamma di attività umane: creare arte, letteratura e musica. Ricercare il successo. Scoprire nuovi mondi e nuove leggi della natura. Pensare a Dio. E, appunto, innamorarsi. Furono impiantati elettrodi nel cervello dei macachi, messi di fronte a due scatole con due luci. Quando una delle due si accendeva, significava che la scatola conteneva cibo. Che attivava le cellule dopaminergiche nel loro cervello. Dopo un po’, però, la tempistica di rilascio della dopamina cambiò. La «botta» non arrivava più dalla scoperta dei croccantini bensì dall’illuminazione data dalla lampadina.Una volta capito il meccanismo (luce=cibo), la «sorpresa», cioè la gratificazione, provata dalle scimmie discendeva dall’apparire improvvisa della luce, non del cibo.Ergo: l’attività dopaminergica non è un indicatore del piacere. È una reazione all’inaspettato, alla «possibilità».Ecco perché l’amore dopo un po’ si affievolisce: non c’è più l’entusiasmo procurato dalla novità, che i due autori chiamano «errore di previsione della ricompensa» (perché ciò che accade, l’irruzione dell’imprevisto, è meglio del previsto).I nostri cervelli sono programmati per bramare l’inatteso, cioè per guardare al futuro, dove può avere inizio ogni spiazzante sviluppo.L’eccitazione dopaminergica, cioè il brivido dell’impensabile, non dura per sempre perché alla fine il futuro diventa presente, «l’emozionante mistero dell’ignoto si trasforma nella noiosa familiarità del quotidiano». Le relazioni durature sono dunque impossibili? No, ma solo se saremo in grado di passare dall’eccitazione per qualcosa che attendiamo alla cura necessaria di qualcosa che già abbiamo.L’amore sfuma quando si esaurisce l’ebbrezza della dopamina «che chiamiamo idillio».Una storia d’amore costruita e basata sulla «novità» della dopamina è un elettrizzante giro sulle montagne russe, da cui però prima o poi bisogna scendere.L’amore stabile - il companionate love, la complicità cameratesca - sposta l’accento dall’attesa all’esperienza, dalla fantasia che tutto sia possibile all’impegno-scontro con la realtà e le sue imperfezioni.C’entra sempre la chimica. La dopamina è la molecola dell’innamoramento, del colpo di fulmine. Le sostanze chimiche associate invece ai rapporti di lunga durata sono ossitocina (più attiva nelle donne) e vasopressina (più presente negli uomini). Componenti che inibiscono il rilascio di dopamina. Ecco perché i partner insieme da tanto tempo praticano meno sesso. Perché la passione dopaminergica («all’inizio lo facevamo in continuazione») evolve nel companionate love. Meno emozionante, ma apportatore dell’appagamento della consuetudine.È come con i nostri ritrovi preferiti, concludono Lieberman e Long: un ristorante, una località di vacanza. Apprezziamo ciò che è noto non per quello che potrebbe diventare, ma per ciò che è e ancora ci trasmette.Per questo funziona Temptation island. Perché le sue coppie ignorano che la dopamina (neurotrasmettitore il cui scopo è massimizzare le ricompense future) è un punto di partenza, non di approdo.E a noi diverte vederle andare a sbattere.Per esorcizzare il timore che la prossima volta tocchi a noi.
A condurre, il direttore Maurizio Belpietro e il vicedirettore Giuliano Zulin. In apertura, Belpietro ha ricordato come la guerra in Ucraina e lo stop al gas russo deciso dall’Europa abbiano reso evidenti i costi e le difficoltà per famiglie e imprese. Su queste basi si è sviluppato il confronto con Nicola Cecconato, presidente di Ascopiave, società con 70 anni di storia e oggi attore nazionale nel settore energetico.
Cecconato ha sottolineato la centralità del gas come elemento abilitante della transizione. «In questo periodo storico - ha osservato - il gas resta indispensabile per garantire sicurezza energetica. L’Italia, divenuta hub europeo, ha diversificato gli approvvigionamenti guardando a Libia, Azerbaijan e trasporto via nave». Il presidente ha poi evidenziato come la domanda interna nel 2025 sia attesa in crescita del 5% e come le alternative rinnovabili, pur in espansione, presentino limiti di intermittenza. Le infrastrutture esistenti, ha spiegato, potranno in futuro ospitare idrogeno o altri gas, ma serviranno ingenti investimenti. Sul nucleare ha precisato: «Può assicurare stabilità, ma non è una soluzione immediata perché richiede tempi di programmazione lunghi».
La seconda parte del panel è stata guidata da Giuliano Zulin, che ha aperto il confronto con le testimonianze di Maria Cristina Papetti e Maria Rosaria Guarniere. Papetti ha definito la transizione «un ossimoro» dal punto di vista industriale: da un lato la domanda mondiale di energia è destinata a crescere, dall’altro la comunità internazionale ha fissato obiettivi di decarbonizzazione. «Negli ultimi quindici anni - ha spiegato - c’è stata un’esplosione delle rinnovabili. Enel è stata tra i pionieri e in soli tre anni abbiamo portato la quota di rinnovabili nel nostro energy mix dal 75% all’85%. È tanto, ma non basta».
Collegata da remoto, Guarniere ha descritto l’impegno di Terna per adeguare la rete elettrica italiana. «Il nostro piano di sviluppo - ha detto - prevede oltre 23 miliardi di investimenti in dieci anni per accompagnare la decarbonizzazione. Puntiamo a rafforzare la capacità di scambio con l’estero con un incremento del 40%, così da garantire maggiore sicurezza ed efficienza». Papetti è tornata poi sul tema della stabilità: «Non basta produrre energia verde, serve una distribuzione intelligente. Dobbiamo lavorare su reti smart e predittive, integrate con sistemi di accumulo e strumenti digitali come il digital twin, in grado di monitorare e anticipare l’andamento della rete».
Il panel si è chiuso con un messaggio condiviso: la transizione non può prescindere da un mix equilibrato di gas, rinnovabili e nuove tecnologie, sostenuto da investimenti su reti e infrastrutture. L’Italia ha l’opportunità di diventare un vero hub energetico europeo, a patto di affrontare con decisione le sfide della sicurezza e dell’innovazione.
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Il fiume Nilo Azzurro nei pressi della Grande Diga Etiope della Rinascita (GERD) a Guba, in Etiopia (Getty Images)