2024-06-07
«Temevo che saremmo morti tutti». Così Conte era «pronto» al virus
Le confessioni sulla pandemia di Giuseppi, che fa il «negazionista» sulle truffe del 110.Ci son voluti più o meno quattro anni ma, alla fine, la verità - quella che tutti avevano intuito ma che il diretto interessato ancora si ostinava a nascondere - è venuta fuori: l’ex premier tutto d’un pezzo, quello che aveva affrontato a petto in fuori la pandemia durante la sua sciagurata esperienza a Palazzo Chigi, era terrorizzato dal Covid e pensava che l’Italia sarebbe stata decimata tipo peste del 1300.Giuseppe Conte ha ammesso insomma di non essere mai stato pienamente cosciente di quel che gli stava capitando, e che pure ha affrontato col piglio liberticida dei dpcm. Così alla fine ha deciso di fare outing, appena ieri l’altro: «Soprattutto quando vedi che esponenzialmente inizia a crescere il numero dei decessi, cominci a pensare: qui non abbiamo soluzioni, gli esperti non ci dicono nulla, qui rimarremo sopraffatti da questo virus, se continua così moriremo tutti». Eccolo il nostro ex premier: uno che sostiene (oggi) che gli esperti «non ci dicevano nulla» (e il Comitato tecnico-scientifico e le virostar e gli zanzarologi e tutta l’inquietante armata Brancaleone che ci ha inseguito su ogni canale tv e web disponibile con mille e mille teorie e raccomandazioni?); uno che all’epoca temeva di rimetterci le penne. Ma continuiamo ad ascoltare il capo dei grillini che ha deciso di vuotare il sacco a Un Giorno da Pecora, su Rai Radio1, intervistato da Giorgio Lauro e Geppi Cucciari. «All’inizio tornai da Bruxelles e subito andai alla Protezione civile e capii che nessuno aveva le idee chiare, cosa che non cambiò dopo qualche giorno». E successivamente le cose non migliorano. «Non arrivavano informazioni dalla Cina e capii che avremmo affrontato qualcosa di cui neppure gli scienziati avevano contezza». Piccola digressione: non è vero che non arrivavano notizie dalla Cina, tutti i giornali e i telegiornali già da gennaio avevano iniziato a parlare della misteriosa pandemia e dei tentativi del regime rosso di arginarla addirittura chiudendo in casa decine e decine di milioni di cittadini e cingendo le città d’assedio con l’esercito per impedire le fughe. Proseguiamo con Giuseppi: «Questo è avvenuto per settimane non circolavano informazioni, mancava la sequenza del virus, c’era un dibattito tra scienziati anche per le misure sulle distanze da prendere, gli Usa due metri, gli altri un metro e mezzo, era tutto così». E Giuseppe Conte al centro delle discussioni come un pugile suonato. E pensare che, ospite di Lilli Gruber, davanti alle telecamere, ritrovò il piglio del campione (bugiardo) promettendo: «L’Italia in questo momento è il Paese che ha adottato misure cautelative all’avanguardia rispetto agli altri. Sul coronavirus siamo prontissimi». L’ex premier ha poi difeso a Otto e mezzo (La7) il Superbonus: «Abbiamo un presidente del consiglio disinformato. Parla di truffe del Superbonus ma è una misura controllata. I 15 miliardi di truffe sono tra privati, nessun danno per l’erario. Meloni deve studiare». Quindi per Conte una truffa tra privati con soldi pubblici non è un danno per lo Stato. È una bazzecola, direbbe Totò. E poi il Superbonus è costato 129 miliardi: un fallimento su tutti i fronti. Le truffe sono state le ciliegine (avvelenate) sulla torta.